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Non è proprio un venerdì 17 questo in cui dallo studio, circondato dai miei bambini-libri, amaramente devo constatare che il popolo italiota ne sta combinando più che Carlo in Francia, secondo il giudizio inappellabile di nonna Cisa.
Ma con ordine.
Finalmente arriva il parrucchiere di giardini, il grande Walter, che deve dare una sistemata all’arruffato e brontolante pezzo di verde. Il giardino mi rimprovera già da giorni che i vasi di limoni ancora sostino nel grande atrio, esalando profumi inebrianti che s’infilano nell’ascensore, fino a raggiungere il sottotetto dove vengono ricevuti dai libri in una gara scomposta a chi è più amato dal loro umano criceto. I grandi fiori arancioni delle clivie sotto la finestra sussurrano a bassa voce la loro indignazione nell’essere così trascurati. Ma alla fine, eccolo il Walter, che immediatamente s’impadronisce della situazione. Trepidante osservo il prato di margherite, che prepotentemente invadono i vialetti e, con lo sconforto del cuore, accetto la sentenza sempre dolorosa: “tagliare”. Sghignazzano le camelie rosse, appoggiandosi mollemente all’ortensia, a cui va tolto il fiore vecchio e hoplà!, con gesti da mago, Walter rimette a posto tutto e allora l’eleganza del giardino, come quella di una dame royale, s’impone, pretendendo amore, rispetto, gioia. Una lacrimetta invisibile mi cola all’interno e mi rimanda alla mia condizione di ‘VECCHIO’.

Prima
Dopo

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma cos’è questa storia, che dai sessanta in su te ne devi stare rinchiuso in casa? Immediatamente scatta la volgarissima frase, che era rituale al tempo dell’adolescenza, per esprimere il dissenso più assoluto: “ Fat dar….” . Poi ricordando cosa abbiamo offerto alla generazione dei nostri figli e nipoti, cosa abbiamo lavorato per offrir loro quel mondo spesso irreale di comodità, agiatezza, sollievo, ecco che stiamo precipitando nella più sozza condizione di ‘UNTORI’.
Che una donnina dal sorriso peggiore di quello di Crudelia Demon l’avesse ipotizzato in Europa, passi. Ma che anche gli stessi italiani, mammoni fin che si vuole, ma apparentemente legati ai loro ‘vecchi’, approvassero questa ingiustizia, questo è lo scandalo, questo è lo sconcio!

Certo qualcuno velenosamente, ma giustamente potrebbe obbiettare: che ti lamenti a fare? Hai una casa dove puoi esercitare il walk about in piena libertà, il giardino, i libri, una buona pensione. Cosa vuoi di più? Esercitare il mio diritto di scelta. Questo voglio. Che veda giorno dopo giorno trasportare cadaveri, ceneri e altro in uscita dalle case dell’(eterno) riposo, non mi convince della necessità di stare in case dove i meno fortunati di noi, che vivono in molti in pochi metri quadrati, possono infettare qualcuno dei loro cari senza avere diritto di scelta.

E allora TUTTI se lo si ritiene  necessario stiano a casa dopo i 60 anni: medici, politici, amministratori, scienziati. E vediamo come va a finire. Così già arrabbiandomi dentro se non mi permetteranno di andare in vacanza nell’amatissima Vipiteno e starmene confinato al ‘Laido estense’, ben che vada, mi domando che differenza fa, se rispetto tutte le regole di distanziamento, che passi i miei giorni qui o là? Vergogna!

Concludo con lo scandalo più clamoroso: il cambio di direzione dei giornali voluta da coloro che un tempo e da sempre hanno governato l’economia italiana. Dovrò rinunciare a leggere La Repubblica, La stampa e soprattutto il Corriere, come protesta all’indegna risoluzione fatta senza rispetto di nessuno, soprattutto di Verdelli e della povera Annunziata, la cui malattia viene sbattuta così, per giustificarne le ragioni. E’ un vero schifo! Così il criceto torna nel giardino e attende, attende
Cosa?

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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