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E così si è arrivati alla soglia degli 80. Numero scaramantico che tuttavia nel dormiveglia ci fa intristire se non fosse che la sublime Natalia Aspesi su ‘La Repubblica’ pubblica un commento il cui titolo e contenuto valgono un Perù come diceva la mia nonna millenni fa: “La grande bellezza di noi vecchi” in cui meditando sulle meravigliose possibilità che ci aspettano scrive: “essere vecchi può rendere invisibili. Però basta un bastone e anche il più corrucciato dei taxisti si precipita a fornire un gradino mobile e spingere dentro dal sedere, il corpo in difficoltà” Non occorre che l’amatissima Aspesi racconti della gentilezza dei taxisti avendone noi a Ferrara i migliori in assoluto che ti mettono la spesa dentro l’ascensore, che scambiano con te i progressi e regressi dei nostri pelosi che pur loro stanno raggiungendo età venerabili e che ti prestano libri e dischi e che ti sorridono affettuosamente ai concerti. Ma che ne è dei nostri ragazzi/e a cui per un tempo limitato potevi apparire un maestro? Quei settantenni che ora si vogliono appropriare del potere (?) cacciandoti poco elegantemente dai luoghi e dalle associazioni che avevi contribuito a creare e a difendere? Certo a vedere la nonna ballerina di Sanremo puoi congratularti con l’età che sembra inesistente o puoi piangere d’altra parte  su altri ottantenni che firmano contratti con il popolo ‘itagliano’. Dunque i ragazzi settantenni o nel caso gli infanti tra i sessanta e i sessantacinque hanno un loro popolo che li ammira e li segue fatto di giovani che sembrerebbe affidino a loro il senso del tempo. Così mi consolo pensando che l’età incolmabile tra discente e docente, specie negli studi ‘umanitari’ come suona la scellerata gaffe di Mauro Gola della Confindustria di Cuneo (Chi vuole fare gli studi tecnici. Chi vuole fare gli studi economici. Chi vuole fare gli studi umanitari)  si sta assottigliando a una manciata di tempo. Perciò m’affanno a scrivere festschrift ai miei valorosi discenti di un tempo che a loro volta sono supportati da altri allievi che li imbalsamano in una visione atemporale. Quando con poca eleganza la mia città pensò che era ora che mi ritirassi nel limbo dei senza tempo – un po’ rudemente –  mi aspettavo che quella posizione venisse affidata a bambini/e cinquantenni. Macché! Tutto è tornato in mano ai settantenni che gioiosamente si affidano a questa nuova visione del mondo. Ma, scrive Natalia Aspesi  spargendo balsamo sulla età dei vecchi “Commovente la scoperta di quanto i vecchi, in un tempo in cui si smania per prolungare una sfinita giovinezza, possano essere rasserenanti, fisicamente belli di una loro bellezza data proprio dagli anni; i capelli bianchi (illusione per chi scrive in quanto i capelli li perse già nella prima giovinezza) e la pancetta degli uomini, l’irrinunciabile vanità delle donne ben vestite e ben pettinate, con le loro vite di prima in altri luoghi, con altre persone, con altri dolori e speranze.” Sembrerebbe dunque che i seniori o senatori della vita pubblica fossero i pilastri su cui si fonda la società italiana; poi ci s’accorge che quei seniori o presunti tali  peccano e di brutto. Non vorrei ritornare allo scandalo della grillineria 5 stelle che definitivamente ha insegnato (se il movimento assegnasse un ruolo all’insegnamento) quanto sa di sale salire le scale del potere. Come i conti che non tornano rinfacciati stupidamente da un Pd che dovrebbe a sua volta tacere. Cosi le polemicuzze della campagna elettorale rinfocolano una nostalgia di ottantenni seri che bacchettino gli scapestrati settantenni il cui compito sarebbe quello di farsi ascoltare dai quaranta-cinquantenni. In questo triste tempo, dove le violenze, le stragi, i femminicidi e gli squartamenti occupano sempre più le prime pagine, la nazione più potente del mondo e il suo presidente versano lacrime di coccodrillo non impedendo il mafioso e spaventoso uso disinvolto delle armi che si possono comprare come caramelle. Poi c’è un quarantatreenne Matteo che infuriandosi sempre di più vuol cacciare i migranti per proteggere gli ‘itagliani’ e paragona a bambola gonfiabile la rispettabile Boldrini. La campagna elettorale raggiunge abissi mai visti come la sceneggiata di B. alla scrivania riesumata (come lui) dall’attrezzeria di Vespa. O il salotto della Gruber i cui occhi esprimono la disperazione per non poter contenere le tesi inesorabilmente distorte dei candidati che le sfuggono dalle mani come serpenti. Un caro amico mi consiglia di ritirarmi dal diario in pubblico perché noi, gli ottantenni, non possiamo più commentare nulla. Il nostro sarebbe il tempo del passato che non sa né può costruire il futuro.
Ma ancora non mi rassegno per rispetto a quei ragazzi che forse pensano di non andare a votare in quanto sarebbe inutile.
E in questo caso, pur per nostra responsabilità, sbagliano in quanto votare deve far parte del loro diritto-dovere di vivere in una società.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


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