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Giorno: 7 Settembre 2020

Coronavirus, l’aggiornamento: 132 nuovi positivi, di cui 70 asintomatici Nessun decesso

Da: Ufficio Stampa Regione Emilia-Romagna

Coronavirus,  l’aggiornamento: 132 nuovi positivi, di cui 70 asintomatici da screening regionali e attività di contact tracing. 41 i casi di rientro dall’estero, 28 da altre regioni. Prosegue l’attività di controllo e prevenzione: 74 positivi già in isolamento al momento del tampone. Nessun decesso.

Effettuati più di 5.400 tamponi e quasi 2.100 test sierologici. Età media 37 anni. Le persone guarite salgono a 24.803 (+9). 18 i ricoveri in terapia intensiva (+4), quelli negli altri reparti Covid scendono a 119 (-5). I casi attivi sono 3.493 (+123), il 95% con sintomi lievi in isolamento a casa

 Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 32.760 casi di positività132 in più rispetto a ieri, di cui 70 asintomatici individuati nell’ambito delle attività di contact tracing e screening regionali.

Prosegue l’attività di controllo e prevenzione: dei 132 nuovi casi, più della metà (74) erano già in isolamento al momento dell’esecuzione del tampone e 78 sono stati individuati nell’ambito di focolai già noti.

Sono 41 i nuovi contagi collegati a rientri dall’estero, per i quali la Regione ha previsto due tamponi naso-faringei durante l’isolamento fiduciario se in arrivo da Paesi extra Schengen e un tampone se di rientro da Grecia, Spagna, Croazia e Malta. Il numero di casi di rientro da altre regioni è 28.

L’età media dei nuovi positivi di oggi è 37 anni.

Su 70 nuovi asintomatici, 41 sono stati individuati attraverso gli screening, i test introdotti dalla Regione e i test pre-ricovero, 28 grazie all’attività di contact tracing, mentre di 1 è in via di accertamento la modalità di individuazione.

Per quanto riguarda la situazione sul territorio, il maggior numero di casi si registrano nelle province di Reggio Emilia (30)Modena (21), Bologna (20), Ravenna (16) e Parma (10).

In provincia di Reggio Emilia, su 30 nuovi positivi, 9 sono rientri dall’estero (2 dall’Ucraina, 3 dall’Albania, 3 dal Marocco, 1 dalla Tunisia), 8 da altre regioni (2 dalle Marche, 3 dalla Campania, 2 dalla Toscana, 1 dalla Puglia), 9 sono contatti di casi già noti all’interno di focolai familiari, 2 individuati con screening sul posto di lavoro, 2 sono casi classificati come sporadici.

In provincia di Modena, su 21 nuovi positivi, 14 sono di rientro dall’estero (di cui 8 dall’Albania, 2 dall’Ucraina, 2 dalla Turchia, 1 dalla Spagna e 1 dalla Croazia), 3 da altre regioni (di cui 1 dalla Puglia, 1 dalla Sardegna e 1 dalla Sicilia), 3 da tracciamento su casi già noti, 1 classificato come sporadico.

Bologna e provincia, su 20 nuovi positivi, 9 sono di rientro dall’estero (5 dall’Ucraina, 3 dall’Albania e 1 dall’Ungheria), 8 di ritorno da altre regioni (di cui 7 dalla Sardegna e 1 dalla Puglia), 2 sono stati diagnosticati dopo le vacanze in Riviera romagnola, 1 caso classificato come sporadico.

In quella di Ravenna, su 16 nuovi casi, 5 sono stati individuati al rientro dall’estero (2 dall’Ucraina, 1 dalla Croazia, 1 dal Senegal e 1 dalla Francia), 10 emersi in quanto contatti di casi già noti (di cui 6 in ambito familiare), e 1 caso sporadico.

In provincia di Parma, su 10 nuovi positivi, 2 sono di ritorno dalla Sardegna, 4 hanno effettuato il tampone per presenza di sintomi, 1 è stato diagnosticato grazie agli screening pre-ricovero, 2 nell’ambito di attività di contact tracing e 1 grazie agli screening per le categorie più a rischio.

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

tamponi effettuati ieri sono 5.403, per un totale di 968.146. A questi si aggiungono anche 2.093 test sierologici.

casi attivi, cioè il numero di malati effettivi, a oggi sono 3.493 (123 in più di quelli registrati ieri).

Non si registra nessun decesso in tutta l’Emilia-Romagna.

Le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 3.356 (124 in più rispetto a ieri), il 95% dei casi attivi. I pazienti in terapia intensiva sono 18 (4 in più rispetto a ieri), mentre i ricoverati negli altri reparti Covid scendono a 119 (5 in meno rispetto a ieri).

Le persone complessivamente guarite sono 24.803 (+9 rispetto a ieri): 13 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 24.790 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Questi i nuovi casi di positività sul territorio, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 4.862 a Piacenza (+6, di cui 3 sintomatici), 4.031 a Parma (+10, di cui 6 sintomatici), 5.481 a Reggio Emilia (+30, di cui 13 sintomatici), 4.546 a Modena (+21, di cui 12 sintomatici), 5.811 a Bologna (+20, di cui 9 sintomatici), 525 casi a Imola (+4, di cui 1 sintomatico), 1.285 a Ferrara (+8, di cui 2 sintomatici), 1.534 a Ravenna (+16, di cui 8 sintomatici), 1.214 a Forlì (+6, di cui 3 sintomatici), 1.011 a Cesena (+5, di cui 2 sintomatici) e 2.460 a Rimini (+6, di cui 3 sintomatici).

Regione: in prima linea per la crescita del settore spaziale

Da:Ufficio Stampa  Regione Emilia-Romagna

 

 

Aerospace economy. L’Emilia-Romagna in prima linea per la crescita del settore spaziale. L’assessore Colla: “Puntiamo a creare una filiera regionale in sinergia Università, Tecnopoli e i centri di ricerca del territorio”

L’assessore regionale ha incontrato Alessandro Curti, vicepresidente Confindustria Emilia-Romagna ed amministratore delegato del gruppo Curti Industries di Castel Bolognese (Bo). Azienda che va dagli elicotteri Zefhir, gli unici al mondo con paracadute, alle macchine automatiche per contenitori alimentari

 L’Emilia-Romagna punta sull’aerospaziale favorendo la creazione di una filiera regionale in grado di lavorare in stretta sinergia con le Università, i Tecnopoli e i centri di ricerca del territorio. Lo ha assicurato l’assessore regionale allo Sviluppo economico e Lavoro, Vincenzo Colla, a Alessandro Curti, vicepresidente Confindustria Emilia-Romagna e amministratore delegato del Gruppo Curti Industries di Castel Bolognese (Bo), nel corso di una visita agli stabilimenti aziendali.
“La Regione crede fermamente in uno sviluppo economico sostenibile e nell’economia circolare – ha commentato l’assessore Colla – che sarà uno dei pilastri del nuovo Patto per il Lavoro e per il Clima. Produzione e ambiente non possono essere in antitesi e la Curti rappresenta un esempio splendido di come l’attuazione del paradigma del riciclo e riuso possa creare buona occupazione e fatturati importanti. Nelle prossime settimane ci rincontreremo sicuramente anche per approfondire il tema aerospaziale, che considero un altro irrinunciabile motore di sviluppo per la nostra Regione e per il Paese”.

Durante l’incontro sono state evidenziate le persistenti difficoltà nella ricerca di figure professionali adeguate da inserire in organico, anche a fronte di una retribuzione adeguata. Su questo aspetto, l’assessore Colla ha assicurato che: “c’è il massimo impegno della Regione sul piano della formazione, per indirizzare i giovani e prepararli nelle professioni del futuro con adeguate competenze tecniche e digitali”.

Nel corso della visita, l’assessore regionale ha potuto visionare gli elicotteri Zefhir, gli unici al mondo con paracadute testato e di cui è allo studio una versione ibrida. È stato poi accompagnato a vedere le macchine prodotte in co-engineering per contenitori di liquidi alimentari. Infine, ha potuto visionare un innovativo sistema per la formatura di contenitori con una carta estensibile, chiamato Fiber Form, che ha l’obiettivo di ridurre l’uso della plastica e nell’applicazioni low barrier potrà produrre contenitori interamente compostabili e biodegradabili. Questo prodotto è commercializzato da una joint venture che Curti ha in Svezia con la multinazionale BillerudKorsnas.

Il Gruppo Curti Industries
Il Grupp Curti è leader nella progettazione, produzione e commercializzazione di progetti nei settori dell’energia, automotive, packaging e wire processing. Con 8 società, di cui 1 negli Stati Uniti, e oltre 500 dipendenti, nel 2019 ha segnato un aumento di fatturato del 35% rispetto al 2018. “Nei primi sette mesi del 2020 siamo ulteriormente cresciuti – ha dichiarato Curti-. Anche in agosto sono arrivati ordinativi per 5-6 milioni di euro e prevediamo di incrementare ancora il fatturato rispetto al 2019″. L’azienda ha investito molto su prodotti propri, dalle macchine automatiche, all’aerospazio, alla meccatronica. “Ogni prodotto nuovo, nel suo sviluppo, segue sempre due dogmi: la sicurezza, sia per i lavoratori sia per l’utente finale, e l’ambiente. Su questo Curti ha creato una divisione di business dedicata alla circular economy che si occupa ad esempio del recupero di sfalci, dei penumatici ed il riciclo delle fibre di carbonio”, hanno spiegato i vertici dell’azienda. /gia.bos.

Tramonto DiVino: il 9 settembre a Ferrara la tappa del tour slittata di una settimana

Da: Organizzatori

Ferrara (7 settembre 2020) – Tutto pronto per la nuova data di Tramonto DiVino che, slittata di una settimana a causa del cattivo tempo, mercoledì 9 settembre trasformerà Piazza XXIV Maggio nell’anfiteatro del gusto con una vera e propria cena stellata.

Cambia format e location ma non l’obiettivo di fare cultura del vino e del cibo regionale. A partire dalle ore 20.00 sotto i riflettori ci saranno come sempre i vini e i prodotti Dop e Igp dell’Emilia-Romagna proposti e raccontati in una cena-degustazione seduti a tavola, con posti limitati e prenotazione on line e non più in libero accesso ai banchi, nel rispetto delle regole di distanziamento sociale.

Star della serata sarà lo chef Alessio Malaguti, (1 stella Michelin alla trattoria La Rosa di Sant’Agostino – FE) che cucinerà e dialogherà con  Carla Brigliadori Maestra alla Scuola di cucina di Casa Artusi di Forlimpopoli.

Quattro le portate in programma. Si inizia con assaggi dei prodotti Dop e Igp regionali, si prosegue con Risotto con telline’ (Ricetta n. 72 del manuale Artusiano) con Riso del Delta del Po Igp e Cozza Romagnola al posto delle telline; ‘Sformato di verdure’ con crosta di pane e Prosciutto di Modena Dop in spuma e cialda; Bavarese di Squacquerone di Romagna Dop con salsa al cioccolato e Pere dell’Emilia-Romagna Igp cotte.

Ad  accompagnare i piatti, ci sono i vini abbinati dai sommelier di Ais Emilia e Romagna, proposti in inedite carte vini pensate ad hoc per gruppi di tavoli. In degustazione una quindicina di referenze per ogni carta,  con i vini top premiati nella Guida Ais Emilia Romagna da Bere e da Mangiare che sarà consegnata a ciascun partecipante. In assaggio spumanti metodo classico e charmat, bianchi autoctoni come Albana, Pignoletto e Malvasia, Lambruschi rosè, i piacentini Gutturnio e Ortrugo i vini ferraresi delle sabbie fino ai rossi romagnoli strutturati, Sangiovese in testa. E con il dessert gli immancabili vini dolci, fermi e bollicine offerti da Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna.

Per partecipare alla serata restano ancora pochi posti disponibili, obbligatoria la prenotazione on line al sito www.shop.emiliaromagnavini.it.

Ferrara: nuovi contenitori stradali per la raccolta del vetro e lattine

Da: Ufficio Stampa Hera

Niente più campane del vetro, per i quartieri Barco e Pontelagoscuro.
Hera ha infatti sostituito gli storici contenitori con arredi stradali simili ai cassonetti dedicati alle altre raccolte, con l’obiettivo di rendere la separazione di questo rifiuto sempre più agevole e di migliorare ulteriormente il decoro urbano.

Hanno detto addio a un elemento storico dell’arredo urbano, i quartieri ferraresi di Barco e Pontelagoscuro. Da alcuni giorni, infatti, i più attenti avranno notato l’assenza delle classiche campane verdi dedicate alla raccolta di vetro e lattine, che per anni hanno caratterizzato le strade della città.
Ma bando alla malinconia: nuove attrezzature, più comode e funzionali, hanno già preso il loro posto, e rispetto alle campane offrono diversi vantaggi. In primo luogo, l’oblò per l’inserimento di bottiglie, lattine in alluminio e barattoli in acciaio è posto più in basso, rispetto a prima, e dunque il conferimento risulta più comodo.
Inoltre, questi contenitori sono composti da un’unica vasca, pertanto non c’è il rischio di fuoriuscite, né di liquidi né di frammenti di vetro.
Infine, a riprova della ricerca costante di soluzioni per avere un territorio sempre più ordinato e decoroso, l’estetica dei nuovi contenitori è in linea con quella dei cassonetti dedicati alle altre raccolte e, in occasione delle sostituzioni, tutte le piazzole sono state lavate e sanificate.
È comunque importante sottolineare che il servizio di raccolta e le modalità di conferimento rimangono assolutamente invariati: gli utenti serviti da raccolta domiciliare potranno continuare a usufruire del ritiro a domicilio o, a scelta, optare per i cassonetti. Cassonetti che, ovviamente, rimarranno liberamente accessibili (non v’è dunque la necessità di utilizzare la Carta Smeraldo), così come avviene anche per le altre raccolte differenziate.

Un ‘Repair Cafè’ per una Sinistra Nuova:
Pensieri da lontano dopo il crollo di una ‘Fortezza Rossa’

“Così lontano, così vicino”. Carl Wilhelm Macke, il nostro collaboratore,di Monaco di Baviera ma ferrarese d’elezione, interviene nel dibattito sulla Sinistra a  Ferrara.

Oggi in quasi tutte le grandi città della Germania si trovano i cosiddetti ‘Repair Cafè (Caffè per la riparazione). Posti, spesso un pò fuori dei centri urbani, aperti a tutti i cittadini che hanno problemi tecnici con le macchine elettroniche di base e cercano cose utili a buon mercato per sopravvivere. Li ci sono soprattutto giovani capaci di trovare soluzioni pragmatiche per non buttare via oggetti rotti o comprare subito qualcosa di nuovo che sarebbe altrimenti e quasi sempre molto costoso. Mi pare un bel modello per riflettere sulla città di Ferrara dopo il crollo della ‘Fortezza Rossa’ negli ultimi anni.
Ma devo fare all’inizio una premessa.
Da lontano non è facile intervenire nel dibattito locale in una città che è diventata quasi una seconda patria per me, ma che è ancora troppo complicata per capire tutta la grammatica della lingua e della cultura e per comprendere la ’vita intima’ della politica locale. Detto in lingua calcistica: sto fuori dal campo ma seguo la partita sempre con la passione di un fan con la propria bandiera.  

Ben prima delle elezioni locali, a Ferrara si poteva già sospettare che al terremoto del 2012 sarebbe seguito, prima o poi, un terremoto anche nella politica. La destra, debole da decenni in tutta l’Emilia, ha concentrato, nel periodo immediatamente precedente le elezioni comunali, la sua propaganda su pochi ma scottanti temi di attualità, sia in regione che in città.
Il crollo della Cassa di Risparmio di Ferrara ha colpito molti piccoli risparmiatori e clienti bancari della classe sociale, che un tempo appartenevano alla clientela abituale del PCI e successivamente a quella del PD. E poiché i membri o simpatizzanti del PD sedevano in quasi tutte le sedi bancarie e nei loro consigli di amministrazione, la rabbia del popolino della città si è riversata su di loro.
I rumorosi militanti della Lega, in particolare, sono riusciti a rendere argomento politico il crescente numero di immigrati in città con sempre nuove notizie di cronaca nera, nonostante il numero, statisticamente, non fosse davvero così allarmante.
Il parco intorno ai due grattacieli, veri e propri mostri architettonici nel quartiere della stazione ferroviaria, è stata dichiarato off limits dai ferraresi, da quando hanno cominciato a soggiornarvi giorno e notte molti immigrati, prevalentemente africani;  e nonostante le dichiarazioni moderate provenienti dalla Polizia Locale, la città di Ferrara è stata dipinta dai leghisti come una roccaforte del narcotraffico e della criminalità violenta.
Il PD locale ha resistito a questi scenari di violenza oltremodo esagerati grazie alle statistiche e ai rapporti che descrivevano il successo del governo della città guidato dal sindaco Tagliani, un bravo cattolico di sinistra: devo dire che con lui sindaco mi sono sentito sempre ben protetto a Ferrara.

Ma torniamo all’argomento.
Convinti di aver lavorato bene, si credeva che nessuno avrebbe dovuto temere per la propria sicurezza nella tranquilla e civile Ferrara. Insomma: cittadini, potete dormire bene, è tutto sotto controllo. Così, purtroppo, invece di cercare le ragioni del crescente successo della politica di pancia della destra, i gruppi del Centro Sinistra si sono persi in litigi interni.
Mentre nessuno comprendeva, al di fuori dei confini del partito, le differenze all’interno della sinistra locale, la destra ha saputo destreggiarsi con successo con un programma elettorale che, a parte il rabbioso rifiuto degli immigrati e l’aumento della presenza della polizia, conteneva, in fin dei conti, solo ulteriori dichiarazioni.
Sono sicuro che un’alleanza tra il PD vecchio e stanco e i rappresentanti spesso giovanissimi dell’associazionismo e della società civile locale avrebbe potuto impedire la vittoria della destra politica. Ma, come in Germania è successo al partito SPD, la maggior parte dei funzionari del PD, ciechi alla realtà delle cose e carrieristi, non erano disposti a questo sforzo. Per loro, il risultato elettorale del giugno 2019 è stato di conseguenza un grande shock, un vero e proprio disastro. Ma tutti gli osservatori della politica locale, ad eccezione dei funzionari e dei più leali elettori dei partiti di sinistra, sono rimasti ben poco sorpresi dall’esito delle elezioni comunali.

Si potrebbe disquisire senza fine sul declino della ‘sinistra storica’ non solo a Ferrara ma, come ha scritto una volte l’anarchico tedesco Gustav Landauer all’inizio del secolo scorso e prima del nazismo: “Non mi interessano i fiumi che sono già sfociati nel mare”.
Dopo il cambio di potere politico a Ferrara, se si decide di visitare questa città, un tempo così orgogliosa della sua grande tradizione rinascimentale e per decenni convintamente antifascista, a prima vista e molto superficialmente, sembra essere cambiato poco o nulla. La presenza della polizia era già visibile negli ultimi anni gestiti dal centro sinistra, perlomeno nelle piazze più grandi.  Il sostegno della città al festival annuale di grande successo promosso dalla rivista di sinistra-liberale “Internazionale” non è diminuito; forse appare un pò ridicola esorprendente la dichiarazione del molto provinciale sindaco Alan Fabbri di essere orgoglioso di “avere il mondo come ospite” per un lungo fine settimana.
E se sono ben informato alcuni esponenti della Lega avrebbero dimostrato il loro sostegno al movimento “Friday for Future” e sarebbero stati anche visti partecipare ai loro eventi.

Queste manifestazioni apparentemente così spontanee del cosmopolitismo liberale della nuova Ferrara contrasta in modo impressionante con un gran numero di azioni politiche e simboliche che sono state avviate: in tutti gli edifici pubblici le croci, in quanto simboli dell’identità cristiana della città, vanno obbligatoriamente attaccate, in modo visibile. Un’azione fortemente criticata dal vescovo Perego come una forma di strumentalizzazione politica troppo trasparente.

Anche Markus Soeder, il Presidente della regione Baviera dove vivo, proprio un giorno dopo la vittoria del suo partito democristiano alle ultime elezioni regionali ha attaccato personalmente le croci nel suo ufficio. Ma sia il Vicesindaco di Ferrara che l’attuale Presidente di Baviera devono sapere che viviamo in una società laica dove la vita pubblica va regolata secondo il Codice Civile e non come vuole un vescovo, un rabino, un Iman o qualsiasi autoproclamato salvatore dell’Occidente.
Come segno della decisa lotta contro il traffico di droga in città, l’amministrazione comunale di destra ha eliminato le panchine in prossimità degli alloggi degli immigrati. La città ha protestato contro queste ridicole misure di sicurezza.

Il Comune, tuttavia, non si lascia dissuadere da questa esorbitante politica simbolica. Mentre il sindaco Alan Fabbri si presenta come un politico vicino al popolo (e amico della buona pasta emiliana) nelle varie feste di strada e di quartiere, il vicesindaco Nicola Lodi assume il ruolo di un Rambo del governo cittadino di destra. Nei media locali, online e offline, sono state presentate notevoli immagini in cui questo bonificatore di destra, forte e muscoloso, che è stato visto alla guida di una ruspa che ha raso al suolo un campo rom alla periferia della città.

Il fatto che il giorno dopo il PD al consiglio comunale abbia presentato una richiesta per sapere se il vicesindaco fosse in possesso della patente di guida per la ruspa ci fa capire come l’opposizione di sinistra sia in difficoltà ad affrontare la nuova politica della maggioranza di destra in città; i politici di Centro Sinistra a Ferrara dall’inizio del governo di Destra non hanno saputo che creare alcuni ‘temporali in un bicchiere d’acqua”. Cosi l’opposizione ‘Non-Leghista,’ per non usare l’adesso molto pallida e porosa etichetta ‘Sinistra’, non ha oggi la minima possibilità di cambiare la direzione del vento politico in città durante gli anni che verranno e fino le prossime elezioni.
Per questo mi pare molto utile e da approfondire l’intervento di Federico Varese dedicato alla situazione attuale della ‘Sinistra ferrarese’. Al centro di un nuovo programma, di una nuova visione politica nell’epoca della globalizzazione, della pandemia Covid-19, del Nuovo Ordine mondiale  e della Re-Nazionalizzazione,  in tutto il mondo e anche a livello locale, deve essere posta la ricerca di nuovi soggetti politici, la scelta di nuovi temi fondamentali per affrontare i gravi problemi ecologici e sociali creati da un capitalismo aggressivo che sta cambiando il mondo come lo Tsunami che anni fa ha colpito le coste dell’Asia.

A tale proposito mi pare che un lato molto debole della Lega sia oggi la mancanza totale di un contatto con il mondo “fuori dalle mura”, dunque fuori da Ferrara e fuori dall’Italia.  Il solo “Festival Internazionale” infatti non basta per aprire la città verso il mondo: secondo me il “Festival” va sicuramente bene e va certo incoraggiato e sostenuto ma, talvolta, si presenta troppo autoreferenziale come “una Messa per i già fedeli”.  
Una sinistra nuova dovrebbe invece essere diversa, dovrebbe creare nuove opportunità, fornire nuovi stimoli; per questo ogni tanto servirebbe anche ascoltare di più qualche discorso di Papa Francesco sul futuro della Chiesa Cattolica alla periferia ed al centro di un mondo sempre più precario. 
Insomma, c’è molto da fare, da pensare, da difendere e da costruire una ‘Nuova Ferrara’ non murata in un bunker senza finestre. Per questo forse il ‘Popolo Non-Leghista’ deve frequentare di più i ‘Repair Cafè nelle periferie della città e meno i Street Bar e i salotti dei Palazzi dentro le mura.

Perché, parlando come tedesco, il mondo reale non si trova nei ‘Night-Clubs’ del centro di Berlino o nei salotti dei ricchi intorno alle fabbriche di Porsche, di BMW e di Mercedes. Se non sbaglio la Sinistra tedesca, la SPD, il partito “Linke” e una buona parte dei Verdi, ha capito la sua responsabilità nei confronti della forte crescità di una Destra che sta raccogliando le proteste in tempo di Covid-19 e di una forte scissione sociale dentro la società tedesca.

Attacchi Lupi, Pelloni (LegaER): “regione risarcisca gli allevatori danneggiati”

Da: Ufficio Stampa LegaER

Bisogna trovare al più presto una soluzione al problema delle predazioni da parte dei lupi”. Lo chiede il consigliere regionale della Lega, Simone Pelloni, cofirmatario dell’interrogazione a prima firma Matteo Montevecchi, che chiede alla Regione di stanziare più risorse per garantire un risarcimento congruo alle aziende agricole e agli allevatori che hanno subito la perdita di ovini e bovini.
“Questo fenomeno è in costante aumento e le risorse messe in campo dalla Regione per la prevenzione non sono tutt’ora sufficienti”, sottolinea l’esponente leghista, che chiede alla Giunta di tenere conto, per quanto riguarda i risarcimenti, anche dei danni diretti (mancato reddito del capo ucciso) e indiretti (aborti, diminuzione produzione latte, spese veterinarie per capi feriti).
“Il ritorno in massa del lupo stravolge le attività delle aziende, costringendole a non lasciare più animali allo stato brado, mantenendo una vigilanza costante su greggi e mandrie per proteggerle. Il lavoro dei pastori e degli allevatori sta diventando sempre più complesso e oneroso. Non è accettabile che gli allevatori e gli agricoltori, esasperati, abbiano come impegno principale quello di doversi difendere dagli animali selvatici” conclude Pelloni.

Sfatiamo il mito:
Il debito pubblico giapponese non è diverso da quello italiano

Ciò che fa la differenza non è tanto la nazionalità del debito (l’essere giapponese piuttosto che l’essere italiano) ma la volontà di gestirlo bene e il mantenimento degli strumenti per farlo.

Ma andiamo per ordine. I dati ci dicono che nel 2019 il debito pubblico giapponese ha superato il 240% e che per l’Italia si prevede il superamento del 166% entro la fine del 2020.

Nonostante una differenza a nostro favore di circa 100 punti percentuali, per il Giappone non sembra essere un problema, la sua credibilità non vede crisi all’orizzonte. L’Italia invece da giornali e tv è data sull’orlo del baratro. A questo punto la domanda è: cosa sfugge ai commentatori ‘seri’?

Chi ha letto l’articolo apparso sul Wall Street Journal il 4 settembre scorso ha già capito che questo articolo seguirà esattamente il filo di quel ragionamento per dimostrare, ovviamente, l’esistenza di un diverso punto di vista. Per dimostrare, sostanzialmente, che nulla, nel mondo dell’economia, è così oggettivo come si vuol far credere. L’economia vive di decisioni politiche come il consenso vive di televisione e di repubblica.it. Il debito pubblico può essere un debito oppure una risorsa, dipende da quali interessi si vogliono difendere.

E’ giustamente vero che il debito pubblico italiano non è sostenibile, o è meno sostenibile di quello giapponese, ma solo alle condizioni attuali. Ed è di queste condizioni che si dovrebbe discutere, di chi e perché le ha create. Se queste siano immutabili oppure frutto di decisioni politiche e, quindi, se queste decisioni abbiano tutelato i cittadini oppure li abbiano esposti a rischi e sacrifici inutili.

Chi scrive ritiene che l’Italia, potendo utilizzare gli stessi strumenti di politica economica e monetaria del Giappone, potrebbe arrivare a gestire anche gli stessi livelli di debito e che già oggi si potrebbe parlare di falso problema semplicemente applicando gli stessi criteri di chiarezza contabile utilizzata per il Giappone.

Con il Wsj siamo comunque d’accordo su un punto: non è solo questione di sovranità monetaria. Si può avere infatti la capacità di stampare la propria moneta ma ci possono essere condizioni internazionali sfavorevoli (si pensi a Weimar), incapacità di gestione della cosa pubblica (si pensi allo Zimbawe) o i due fattori che si manifestano insieme (si pensi all’Argentina oppure al Venezuela). Tolti questi ci sarebbero poi, a volerli vedere, tutti gli esempi in cui comunque la sovranità monetaria funziona e qui andiamo dagli Stati Uniti fino alla Svezia, dalla Corea del Sud, al Giappone, al Canada fino all’Australia e alla Norvegia. Dalla Gran Bretagna fino al Sud Africa ed oltre.

La diversità del debito giapponese sembra risiedere, come fa notare anche Cottarelli, nel fatto che il settore pubblico ne detenga una grande fetta, talmente grande che se la eliminassimo il debito scenderebbe al 153%, meno di quello italiano. Chiarezza contabile dunque. Il debito pubblico giapponese è più al sicuro perché una parte è comprata dallo stesso settore che lo emette, il 37% lo ha acquistato la Boj, poi ci sono i fondi pensione, le pensioni pubbliche e le assicurazioni. Insomma un debito solo formale, una “partita di giro”, un modo per finanziarsi con la propria moneta senza creare problemi. Ovviamente gli interessi che si pagano sul debito detenuto dalla banca centrale ritornano allo Stato generando anche un circolo virtuoso dovuto al signoraggio. Il mondo, e Cottarelli, lo sa e addirittura apprezza.

Se applicassimo lo stesso ragionamento per l’Italia potremmo constatare che attualmente la Banca d’Italia detiene una quota del debito pubblico pari a circa 400 miliardi mentre circa 700 miliardi sono detenuti da istituzioni finanziarie nazionali. Il che ci metterebbe già sullo stesso piano contabile del Giappone, se solo il mondo e Cottarelli se ne accorgessero. Allora la domanda giusta potrebbe essere: “perché non se ne accorgono?”

Poi ci sarebbe la quota detenuta dalla Bce e quindi (cumulativamente), come per il Giappone, ci sono interessi che ritornano allo Stato italiano, il che potrebbe far pensare che questi interessi con i futuri titoli del Recovery Fund andranno persi. Non dico che ciò sia fondamentale, solo che a volte le nostre autorità ci dicono ciò che vogliono dirci omettendo ciò che non vogliono dirci o non vogliono che notiamo, sembra una banale considerazione ma è meglio considerarlo se poi si vuole comprendere davvero le grandi questioni nazionali.

(fonte: statistiche della Banca d’Italia – 15 gennaio 2020)

C’è poi il punto relativo al debito comprato dalle famiglie e quindi del reddito da interesse che rimane all’interno del circuito contrapposto a quello comprato dall’estero, che ovviamente impoverisce finanziariamente il paese che emette il debito (gli interessi vanno all’estero e il capitale è più a rischio perché meno controllabile). Ebbene qui il Giappone fa meglio di noi, infatti solo il 6% del suo debito va all’estero mentre l’1% va alle famiglie, dimostrando quindi di volerlo pienamente gestire sia dal punto di vista di attacchi valutari che inflazionistici. E’ lo Stato, in Giappone, che tiene sotto controllo la politica fiscale e monetaria. Anche qui il mondo osserva e apprezza.

L’Italia ha avuto l’evoluzione come dal grafico seguente, è passata dall’avere un debito estero del 4% nel 1988 al 32% nel 2018 per arrivare a superare i 700 miliardi alle soglie del 2020 (fonte: Statistiche della Banca d’Italia).

Le famiglie passano dal detenere il 57% nel 1988 al 6% del 2018. Quindi sale l’esposizione con l’estero e diminuisce con le famiglie. Una scelta pessima, alimentata dal fatto che in molti casi c’è stata una chiara volontà nello spingere queste ultime all’acquisto di obbligazioni e azioni bancarie allontanandole dai sicuri risparmi assicurati dai Titoli italiani, con le conseguenze che abbiamo visto tutti. Lo Stato, continuamente e secondo gli osservatori nazionali, sull’orlo del baratro ha continuato a tenere fede ai suoi impegni, mentre le banche fallivano lasciando disastri e disperazione. Oggi, costretti a combattere contro il Covid 19, torniamo ai “Bot people” per necessità.

Scelte sbagliate che nell’immaginario comune sono stranamente patrimonio dell’Italia tutta e non solo di quella parte politica che le ha fatte ed imposte, a volte senza neppure passare per il Parlamento. Tanto vero questo che quando, ad esempio, un Draghi qualsiasi fa una considerazione da studente di Liceo viene osannato invece che essere messo di fronte alle sue responsabilità politiche trentennali.

Draghi ‘avverte’ infatti che esiste un debito buono e un debito cattivo. Cioè non vanno bene le mancette ma ci vogliono investimenti, magari in ricerca e infrastrutture, geniale.

Noi però lo sospettavamo e qualcuno addirittura lo sapeva. Si era a conoscenza dell’esistenza di debito buono e debito cattivo, non per particolare bravura ma semplicemente perché bastava ascoltare altri economisti come ad esempio Richard Werner, per rimanere all’oggi, ma potremmo arrivare persino ad aver letto Silvio Gesell per scoprire che i riferimenti alla logica in economia partono da lontano. Ma di più alla portata, in fondo, c’erano anche Keynes e la Costituzione italiana a parlarci della bontà dell’intervento e del controllo statale, in particolare nei momenti di crisi, e degli investimenti e poi del lavoro e della ricerca. La spesa di oggi, diceva Milton Friedman (niente di meno!), farà raccogliere gli interessi alle generazioni future.

Invece la politica italiana ci ha voluto dare altro, l’indipendenza dei mercati, della finanza e delle banche centrali nonché uno stato spettatore più che attore, tranne poi chiamarlo a gran voce quando si è voluto convertire debiti privati in pubblici (per non far fallire banche e istituzioni finanziarie), trasferire gli errori dei singoli alle comunità (per non fargli perdere i bonus milionari) e ridare stabilità al sistema (cioè perché continuasse a trasferire ricchezza dal basso verso l’alto). Il tutto, ovviamente, dando fondo a i nostri risparmi.

La conclusione è che non serve confrontare ciò che non si può confrontare. Il Giappone ha un sistema totalmente diverso dal nostro, ha la possibilità di controllare l’emissione monetaria e la successiva immissione di denaro nel sistema, ha il controllo delle banche commerciali attraverso la sua Banca Centrale che ovviamente è controllata a sua volta dallo Stato, ha la possibilità di decidere autonomamente delle sue politiche economiche. Può quindi riformare ciò che ritiene di dover riformare e indirizzare fondi dove ritiene di doverli indirizzare, può stimolare oppure frenare, può dare soldi alle sue aziende per lo sviluppo e la ricerca, può finanziare le sue università e i suoi ospedali.

Ha, inoltre, dei politici che hanno probabilmente onore, senso dello Stato e del dovere verso i cittadini. Facile governare con tutti questi strumenti a disposizione.

Da questo elenco, cosa ha a disposizione e cosa può fare autonomamente l’Italia? Forse è di questo che si dovrebbe discutere per scoprire che non è semplicemente vero che loro sono bravi solo perché sono giapponesi ma sono bravi perché hanno scelto di essere e rimanere giapponesi pur accettando la complessità del mondo, mentre noi siamo cattivi perché non riusciamo ad essere italiani e inseguiamo il mondo senza capirlo. Nel tempo abbiamo preferito essere un tantino inglesi, francesi, americani e adesso persino tedeschi per avere una direzione. Abbiamo ceduto tutti gli strumenti di natura politica e decisionale per l’incapacità di essere semplicemente noi stessi, convincendoci che la mancanza di capacità dei nostri politici fosse quella di un intero popolo.

Saletti : “nuove telecamere e sistemi di sicurezza”

Da: Ufficio Stampa Comune di Bondeno

Abbiamo installato già 60 telecamere di sicurezza tra Bondeno e frazioni. Tra pochi giorni saranno 72. E stiamo sperimentando un sistema che collega anche la videosorveglianza privata ai circuiti delle forze dell’ordine, per garantire e potenziare i presidi. La Bondeno che vogliamo è sicura e la gente deve poter stare tranquilla nelle proprie case e per le strade”. Lo ha annunciato il sindaco facente funzione Simone Saletti, candidato alle prossime comunale nel corso dell’aperitivo elettorale di questa sera. Saletti ha illustrato alcuni punti del programma, partendo da giovani e famiglie: “Abbiamo creato Spazio 29. Nato come luogo di aggregazione è diventato un centro di riferimento per le famiglie”. 
“Ed ora abbiamo in cantiere nuovi e analoghi investimenti anche per chi è ‘diversamente giovane’: istituiremo in particolare servizi navetta per il trasporto in centro”. Tema lavoro: “Le aziende sono felici di investire perché – come ci dicono gli stessi imprenditori – hanno trovato un’Amministrazione attenta e che ascolta. Dall’area ex Eridania al noceto primo in Italia a Santa Bianca, sono in tanti a scegliere il nostro territorio, a beneficio di indotto e occupazione”.
Il primo cittadino, e candidato, ha assicurato: “Non sarò un uomo solo al comando ma mi affiderò a una squadra di gente capace e stimata” e ha poi voluto rimarcare: “Leggo altri programmi, mi sembrano libri dei sogni creati a uso di un like o di un titolo. Noi invece vogliamo promettere solo ciò che sappiamo di poter realizzare. E ciò che abbiamo realizzato, dai ponti alle infrastrutture, dalla sicurezza alle politiche per giovani e famiglie, è sotto gli occhi di tutti. Con questa serietà e con i piedi saldamente a terra vogliamo continuare lungo una strada fatta di concretezza, ascolto, disponibilità e fatti”.

Fondi regionali per le polizie locali: Bondeno tra i beneficiari

Da: Ufficio Stampa Comune di Bondeno

Bondeno sarà tra i beneficiari dei finanziamenti regionali per i Corpi e servizi di Polizia locale. Nei giorni scorsi si è avuta la conferma della valutazione positiva dei progetti che sono stati presentati anche dal ferrarese: oltre a Bondeno, tra gli enti premiati c’è l’Unione Terre e Fiumi. «E’ stata premiata la progettualità – dice il consigliere regionale della Lega, Fabio Bergamini – tesa al potenziamento di dotazioni e strumenti innovativi degli agenti. Nelle scorse settimane – continua – avevo presentato un question-time in Regione, per chiedere a che punto fossero le procedure di valutazione dei progetti, in quanto le sperimentazioni in campo avevano bisogno urgentemente delle risorse stanziate». Per la precisione, c’erano due diversi filoni di finanziamento previsti dal bando che era stato pubblicato in aprile: uno per la qualificazione dei Corpi e servizi di Polizia locale riservato a comuni, province e unioni dei comuni. Nel secondo caso, i finanziamenti serviranno per finanziare, invece, progetti di carattere sperimentale. «Nel caso di Bondeno – dicono Bergamini e Saletti – stiamo perseguendo l’implementazione di servizi anche tecnologici che vanno a dotare gli agenti degli strumenti necessari al contrasto del degrado urbano e di contenimento della velocità dei veicoli. Entro breve avremo in servizio i nuovi agenti usciti dalle procedure concorsuali che si sono appena concluse. Stiamo, inoltre, sviluppando ulteriormente una delle reti di videosorveglianza tra le più estese del territorio, gestita dal Corpo unico a livello di Alto Ferrarese. Recentemente, del resto, abbiamo chiuso nuovi “varchi” di accesso al territorio, attraverso il Targa System, per esempio nella zona artigianale di Borgo Scala, con l’installazione di nuovi portali e telecamere. Una misura che era stata richiesta ed era attesa dagli imprenditori locali e che persegue il nostro obiettivo dell’implementazione della sicurezza urbana», assicurano Bergamini e Saletti. I circa 500mila euro stanziati complessivamente dal bando, per i corpi di Polizia regionali, premiano anche la progettualità dell’Unione Terre e Fiumi. «Abbiamo cercato di capire i tempi di valutazione delle domande – ricorda Bergamini – perché da questo finanziamento del progetto dipendeva l’efficacia del contrasto all’abbandono dei rifiuti, con l’acquisto di “fototrappole” e potenziamento del servizio, che sta interessando la Polizia locale, l’Unione Terre e Fiumi, e Clara Spa». Servizio di telecamere contro gli abbandoni che a Bondeno è già attivo, secondo una convenzione con Polizia locale dell’Alto Ferrarese e Clara Spa. Giovedì sera, in consiglio comunale, si discuterà invece delle risorse derivanti dal bando regionale e che hanno premiato ancora una volta Bondeno.

Senza anima viva

Racconto di Maurizio Olivari

Per decidere se acquistare , un libro leggo le prime frasi e cerco di capire come l’autore si propone. Prolisso? Frasi brevi? Scrive in prima o in terza persona?
Poi passo alla presentazione in seconda di copertina e se mi suscita interesse compro. Quindi cosa penserà quando si accorgerà che questo racconto, è ambientato in un cimitero? Non è un giallo né una commovente storia strappalacrime; un critico scriverebbe “ cronaca di un giorno ricorrente”
Vado la domenica mattina, ogni quindici giorni, a fare visita ai miei cari nella Certosa della mia città, che è conosciuta come “le quattro trombe” , perché l’ingresso è caratterizzato da un piccolo fabbricato con sul tetto ai quattro angoli, degli angeli nell’atto di suonare le chiarine rivolte al cielo. Da questo punto si dipana un lungo claustro curvilineo, che abbraccia l’area fino a congiungersi alla grande chiesa di San Cristoforo, per poi proseguire dall’altro lato fino ad abbracciare una intera area verde.
Ecco perché fra gli anziani della città dire “tizio è andato alle quattro trombe” significa è deceduto.
Io vado la domenica alle quattro trombe, per ora da vivo.

Per molte persone il rito del cimitero evoca ricordi struggenti e vivono la visita ai cari, come un momento triste. Per me no. Non certo momento allegro ma con una delicata serenità. Il ricongiungermi con chi ho amato, parlare loro raccontando fatti accaduti, renderli partecipi di emozioni vissute, mi lascia una serenità interiore che è certamente difficile da comprendere.
Per arrivare alla prima tappa del giro domenicale devo percorrere la parte antica del complesso, ove si trovano tombe monumentali, anche di noti personaggi, inserite in maestosi archi comprendenti statue di ispirazione Cristiana, come Angeli, Madonne, Croci.e figure femminili in mesta preghiera.
La mia curiosità si spinge a leggere gli “epitaffi” a dedica del defunto, che nella foto appare come uomo o donna dell’Ottocento, forse ritratti in uno studio fotografico dell’epoca. Al contrario delle attuali tombe, la maggior parte costituite da una lapide con foto , nome, data di nascita e morte del defunto, quelle dell’Ottocento riservate ad una minima parte del popolo, certamente benestante, oltre al nome e cognome, evidenziano per i posteri, tratti della personalità, del carattere, della vita della persona defunta.

Mentre cammino, guardo e leggo incuriosito, di come doveva essere fisicamente la persona, del mondo che viveva e dallo scritto penso anche che all’epoca ci fosse un servizio “poetico” al quale rivolgersi per onorare la cara persona, con parole di circostanza:

“Lilia, esile fiore gentile, si ripiegò sullo stelo a ventinove anni e nel silenzio della notte, d’improvviso, sola, quietamente si estinse – Agosto 1923”

Capite quanto amore in quelle parole. E ancora:

“Antonio, tipo antico d’alto sentire, rigido di modi, benefico di cuore, padre e cittadino esemplare dalla Patria onorato di cariche, le sostenne degnamente in tempi grevi – Ottobre 1859”

Ecco quindi un personaggio pubblico degnamente onorato. Qualche tomba avanti:

“Elisa, angelo di bontà e di candore, ebbe un unico desiderio quaggiù. AMANTE RENDERSI AMATA. Appagata, si disse felice. Appena ventiquattrenne, da lento morbo consumata, serenamente spirava – Gennaio 1912”

Leggendo, pensiamo ad una bella fanciulla serena e felice fra le braccia del sua amato.
Questi scritti sono tanti piccoli racconti di vita, con per ognuno un piccolo cameo:

“Caro agli amici, benefico ai miseri, devoto alla Patria, fiero morbo, dopo lunghe indicibili sofferenze, lo spense”

Vivo quindi il luogo, solitamente senza molti visitatori, di fatto senza anima viva, con sereno sentimento, quello che provo di fronte alla tomba, fra quelle che ospitano i miei famigliari, che più mi coinvolge. Si trova all’interno di un piccolo claustro quadrato, molto raccolto, separato dai grandi spazi del cimitero.Vi è sepolta mia sorella, nata nel 1930 deceduta nel 1943.
Non l’ho conosciuta, sono nato un anno dopo la sua morte, perché cercato e voluto dai miei genitori, forse per colmare quel terribile vuoto lasciato dalla sua repentina scomparsa, resa ancora più tragica da quanto accaduto.
I racconti fatti dai miei parenti ( mia madre e mio padre non sono mai entrati nei particolari dell’accaduto) portano al 1943, in pieno periodo della seconda guerra mondiale. Negli appartamenti di un grande fabbricato, abitavano le famiglie di tre sorelle: mia madre e le due zie, con i rispettivi mariti e figli.
Mia sorella e i cugini coetanei, erano fra loro molto legati, trascorrevano insieme parte delle giornate, con letture, giochi e passeggiate in centro città.
Il tragico giorno, uno dei ragazzini rimasto a casa dalla scuola, trovò nel comodino della camera da letto del padre, una rivoltella. Il padre, maresciallo dell’aeronautica, era tornato da poco tempo dalle Colonie italiane in Africa ed era in licenza, in attesa di nuova destinazione.
Mia sorella rientrava dalla scuola e cantando, saliva le scale di casa, quando all’improvviso il cugino le va incontro gridando “chi va là, alt o sparo!”
Lei, forse anche rispondendo a tono, proseguì la salita. “Ho detto alt!” Poi due colpi diretti al corpo, spegnevano il sorriso di quella splendida ragazza.

Chi mi raccontava l’episodio, giunto a quel punto, si interrompeva sopraffatto dall’emozione, rimarcandomi solo il grande dolore che dovettero sopportare i miei genitori, con la perdita della loro unica amata figlia tredicenne.

Davanti alla lapide, con la fotografia di una giovane sorridente, nella quale trovo anche una certa somiglianza con il mio viso, mi torna vivo il ricordo di quando accompagnavo sulla tomba mia madre che naturalmente, lasciava ogni volta le sue lacrime, che le mie parole di bambino, non riuscivano a darle consolazione. Oggi che i miei genitori si sono congiunti con lei in cielo, metto un fiore, accendo un lumino e parlo dolcemente a quella sorella, come l’avessi sempre conosciuta e le raccomando di tenersi accanto i nostri genitori che l’hanno tanto amata e le esprimo il mio rammarico di non essere forse, riuscito a colmare il grande dolore per la sua perdita.

Devo completare il mio quindicinale giro nella monumentale Certosa, andando a “far visita” ai restanti parenti e mentre lascio il claustro, ripenso alle parole scritte sulla piccola lapide di mia sorella:

“Nel fiore degli anni, quando la vita ti sorrideva, da fatale incidente, veniva tragicamente recisa”

Cospirazione

 

In Italia ci sono stati i cospiratori dello Stato contro il comunismo e ci sono i fanatici della cospirazione pluto giudaico massonica che inventa la pandemia, le camere a gas, le malattie e la Terra sferica. L’unica cospirazione che non avverrà mai è quella per abbattere un tiranno.

“La paranoia della cospirazione universale non finirà mai e non puoi stanarla perché non sai mai cosa c’è dietro. È una tentazione psicologica della nostra specie.”

Umberto Eco

lavoro: Coldiretti: a scuola di fattorie didattiche

Da: Ufficio Stampa Coldiretti

“I corsi di formazione post Covid sono un’occasione imperdibile per aggiornare gli operatori delle fattorie didattiche e prepararli a far fronte alle nuove esigenze”.
Ha commentato così Andrea Degli Esposti, vicepresidente di Coldiretti Bologna e numero uno di Coldidattica (l’associazione di fattorie didattiche voluta da Coldiretti Emilia Romagna) il seminario web organizzato dall’associazione, in collaborazione con Dinamica e FEM (Future Education Modena, centro internazionale per l’innovazione in campo educativo) che ha come scopo la formazione e la riflessione su temi metodologici, che vedono l’impresa agricola multifunzionale coinvolta in attività educative, anche utilizzando strumenti di didattica digitale, online e spendibili anche nella didattica a distanza.
Il corso si svolgerà fra il 31 agosto e il 15 settembre e prevede cinque sessioni.
“Questo webinar” ha continuato Degli Esposti “è stato completamente finanziato dal PSR e permetterà agli operatori del settore di prepararsi ad accogliere nuove sfide, come quella della didattica a distanza, divenuta di grande attualità dopo l’emergenza sanitaria che ha colpito  tutto il mondo nel 2020”.
Fra i temi trattati elementi di base di metodologie educative, educazione alimentare e scienze dell’alimentazione, ruolo dell’agricoltura per l’ambiente e strumenti digitali online utilizzabili per la didattica.

UniFe: ritrovato il canino di uno degli ultimi bambini neanderthaliani del Nord Italia

Da: Ufficio Stampa UniFe

Appartiene a un bambino di Neanderthal di circa 11-12 anni vissuto presso il Riparo del Broion, sui Colli Berici (Longare, Vicenza) circa 48.000 anni fa, il dente da latte, per la precisione un canino, che è stato ritrovato grazie a una campagna di scavi condotta nel 2018 dall’Università di Ferrara e dall’Università di Bologna.
Il dentino, che appartiene forse all’ultimo bambino neanderthaliano del Nord Italia, è stato materialmente rinvenuto da Davide Del Piano, Assegnista di ricerca del Dipartimento di Studi Umanistici di Unife e, in tempi rapidi, è stato oggetto di uno studio realizzato da ricercatrici e ricercatori del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara.
I risultati pubblicati sul Journal of Human Evolution, in un articolo firmato a primo nome da Matteo Romandini, precedentemente Assegnista di ricerca di Unife e attualmente in forza a Unibo, sono emersi dalle analisi effettuate anche grazie  alla collaborazione con i Dipartimenti di Evoluzione Umana e di Genetica del Max Planck Institute in Germania, con l’Oxford Radiocarbon Accelerator Unit dell’Università britannica, con il DANTE Laboratory dell’Università la Sapienza e il Bioarchaeology Service del Museo delle Civiltà di Roma. 
Lo studio nasce all’interno del progetto europeo ERC-SUCCESS focalizzato sull’arrivo di noi Homo sapiens in Italia e sul nostro primo incontro con i Neanderthal nella Penisola, guidato da Stefano Benazzi dell’Università di Bologna, progetto a cui collabora dal 2017 anche il Dipartimento di Studi Umanistici di Unife.
“Il lavoro è frutto della sinergia di diverse discipline e specializzazioni – afferma Matteo Romandini, primo autore dell’articolo – quali l’archeologia preistorica di campo ad alta definizione tecnologica, che ha permesso il ritrovamento del dente, e gli approcci virtuali all’analisi morfologica, la genetica, la tafonomia e le analisi radiometriche, grazie alle quali è stato possibile attribuire questo resto a un Neanderthal così recente”. 
Lo studio dei reperti recuperati nel contesto del dentino è attualmente in corso, ma i dati mostrano già un uso continuativo del sito e segni di caccia e macellazione di grandi prede.  
“La produzione di strumenti, soprattutto in selce – prosegue Marco Peresani dell’Università di Ferrara – mostra una grande capacità di adattamento e lo sfruttamento sistematico e specializzato di tutte le materie prime disponibili”.
L’analisi del dente è stata condotta con metodi virtuali e altamente innovativi, che “ci hanno consentito di scoprire che si tratta di un canino superiore destro da latte di un bambino neanderthaliano di circa 11–12 anni, che ha vissuto e frequentato il Riparo tra 48000 e 45000 anni fa, rendendolo il resto di Neanderthal tra i più recenti di tutta la Penisola – confermano Gregorio Oxilia ed Eugenio Bertolini dell’Università di Bologna, tra i primi autori del lavoro.  
I risultati delle analisi genetiche evidenziano che, da parte di madre, questo bambino era strettamente imparentato con altri Neanderthal vissuti in Belgio alcuni millenni dopo, rendendo Riparo del Broion uno dei siti chiave per comprendere la progressiva scomparsa della specie a livello europeo, tema che infiamma ancora oggi il dibattito scientifico internazionale.
“Questo dentino è fondamentale – conclude Stefano Benazzi – in quanto è stato perso in vita da un bimbo neanderthaliano in Veneto, mentre nello stesso momento, a mille chilometri di distanza in Bulgaria (Bacho Kiro) era già presente Homo sapiens come dimostrato da alcuni recenti articoli di coautori di questo lavoro”. 
Le ricerche a Riparo del Broion – avviate nel 1998 dal Prof. Alberto Broglio di Unife e tutt’ora in corso – sono condotte sotto la direzione scientifica di Matteo Romandini e Marco Peresani, grazie alla concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e al supporto di Regione Veneto, Comune di Longare (VI), Fondazione Leakey, Fondazione CariVerona, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, e del già citato progetto europeo ERC-SUCCESS.

Il re nudo, una fiaba moderna

I vestiti nuovi dell’imperatore  è una fiaba danese scritta da Hans Christian Andersen e pubblicata per la prima volta nel 1837. La trama della fiaba è nota e parla di un imperatore vanitoso, completamente dedito alla cura del suo aspetto esteriore, e in particolare del suo abbigliamento. Un giorno due imbroglioni giunti in città spargono la voce di essere tessitori e di avere a disposizione un nuovo e formidabile tessuto, ma invisibile agli stolti e agli indegni. I cortigiani inviati dal re non riescono a vederlo; ma per non essere giudicati male, riferiscono all’imperatore lodando la magnificenza del tessuto. L’imperatore, convinto, si fa preparare dagli imbroglioni un abito. Quando questo gli viene consegnato, però, l’imperatore si rende conto di non essere neppure lui in grado di vedere alcunché. Attribuendo la non visione del tessuto alla sua indegnità, anch’egli decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori.
Col nuovo vestito sfila per le vie della città di fronte a una folla di cittadini i quali applaudono e lodano a gran voce l’eleganza del sovrano, pur non vedendo alcunché nemmeno essi e sentendosi essi segretamente colpevoli di inconfessate indegnità.
L’incantesimo è spezzato da un bimbo che grida con innocenza “Ma il re è nudo!”.
Ciononostante, il sovrano continua a sfilare come se nulla fosse successo.

Desidero proporre ora una riflessione che proprio partendo dal messaggio contenuto in questa fiaba possa sostenere il pensiero critico a non rimanere impantanato nei vari ismi che possiamo vedere agitare sempre di più la nostra società nelle forme del negazionismo, populismo, relativismo, dogmatismo, fascismo
Il re è nudo! si grida a gran voce nella fiaba. Questo fatto è talmente evidente da suscitare una reazione paradossale nei presenti: la sua ovvietà viene gridata a gran voce da un bambino, ma allo stesso tempo negata da chi questa evidenza vuole coprire, poiché spinto da interessi di altra natura.

Come si arriva al negazionismo

Siamo tutti uguali. E’ un dato talmente scontato in una società che si definisce democratica, che il rischio è proprio quello di dimenticarselo. Possiamo osservare i nostri figli giocare con gli altri bimbi allo stesso modo negli anni della scuola dell’infanzia, senza nessuna preclusione rispetto al colore della pelle, provenienza geografica o culturale, disabilità. Poi crescendo cosa succede?
Per giustificare certi orrori
, che con una parola chiamiamo razzismo, ecco che diventa necessario mettere tra parentesi il nostro essere uomini, la nostra comune natura, etichettare e ridurre l’altro ad artificiose e reificate identità: quella dell’ebreo, del nero, del migrante dell’omosessuale…

Solo così, da veri anestesisti dell’anima riusciremo passo dopo passo ad arrivare all’insensibilità emozionale, necessaria per giustificare anche linguisticamente la trasformazione della solidarietà in buonismo, per chattare contenuti grondanti di odio, per redigere atti legislativi dove le persone sono ridotte a pacchi postali da collocare in modo burocratico.
Per arrivare a questo risultato è necessario tenere accesa la televisione durante i pasti per vedere, mentre si consuma il pranzo, immagini di esseri umani morire di fame.
E’ necessario smettere di studiare, dimenticare la nostra storia, le nostre radici e appiattire tutto sul presente, non fare memoria di nulla, perché solo così tutto si può negare…anche che il re è nudo!

I problemi legati all’immigrazione ci sono e sono enormi. Devono essere gestiti con responsabilità e competenza. Non affrontarli in nome di una accettazione generalizzata sprovvista di una politica di integrazione è doppiamente colpevole. Altra cosa però è utilizzare queste emergenze solleticando e sfruttando la stanchezza della gente per fini di potere! Non bisogna mai dimenticare che stiamo parlando di esseri umani!
Metaforicamente il bambino della fiaba di Andersen lo assimilerei alla nostra Carta costituzionale, voce che è necessario ascoltare in tutti quei casi in cui vogliamo essere rassicurati sulla congruità delle nostre scelte.
Per esempio sulle democraticità delle scelte politiche.

Quando si perde la memoria 

Eccidio di Sant’Anna di Stazzema 12 agosto 1944,560 morti;
Eccidio delle Fosse Ardeatine, 24 marzo 1944, 335 morti;
Eccidio di Lippa di Elsane30 aprile 1944,269 morti,
Eccidio del Padule di Fucecchio 23 agosto 1944, 174 morti…questo elenco purtroppo è molto lungo e visto che a scuola questi avvenimenti non si studiano quasi più, chi vuole può, consultando L’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia 43-45 (,ed.Il Mulino,2016), ritrovare  tutte le stragi di quel periodo con i 5.607 episodi di violenza, per un numero complessivo di 23.669 persone uccise.

Questo fu il fascismo. Ed è per questo che la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.

Desidero proprio rivolgere queste note col cuore in mano a chi è insofferente ed infastidito dalla cosiddetta retorica della Resistenza.
Non lasciamoci tentare dall’opporre, quasi in modo ragionieristico, alle stragi sopra richiamate i morti causati dalla reazione partigiana, nasconderemo solamente che il re è nudo! Dovremmo invece tutti vigilare affinché non siano ostentate, in modo particolare oggi sui social, dai nostalgici del ventennio, simboli, motti, effigi che in un qualche modo possano essere ricollegati a quegli orrori.
Dovremmo tutti ritenere che queste dimostrazioni pubbliche di un richiamo ai caratteri del fascismo storico non siano da archiviare come manifestazioni folcloristiche di un numero limitato di soggetti, ma pericolose deviazioni rispetto a ciò che dovremmo condividere come cittadini per il mantenimento di una società democratica.

L’esempio della Polonia

Guardiamo a ciò che sta succedendo nella Polonia di oggi, il paese che ha conosciuto Chelmo, Belzec, Sobibor, Treblinka, Auschwitz-Birkenau e Maidanek dove oramai da un po’ di anni sta crescendo sempre più un clima antisemita che rischia di rovinare l’Europa intera.
Abbiamo ancora negli occhi l’immagine del 17 febbraio del 2018 quando il primo ministro polacco Morawiecki depose un mazzo di fiori in un cimitero tedesco sulle tombe dei polacchi che durante la seconda guerra mondiale collaborarono con i nazisti, considerando i sovietici e i comunisti un nemico peggiore.
Commenta W, Goldkorn dalle colonne de l’Espresso: “Morawiecki è un signore cinquantenne, colto e istruito. Ha studiato economia in Europa e negli Stati Uniti, è diventato un importante banchiere. Insomma, è un uomo che conosce il mondo. Eppure, quel mazzo di fiori in onore di gente che nell’inverno del 1945 lasciò il territorio polacco assieme ai reparti nazisti – e che tradì la Polonia – veniva deposto proprio nei giorni in cui lo stesso premier spiegava che c’erano ebrei tra i perpetratori della Shoah; e a poche settimane dall’inizio delle commemorazioni del cinquantesimo anniversario dell’espulsione, nel 1968, degli ultimi ebrei rimasti in Polonia: traditi quindi dalla Polonia.”.

Un limite da non oltrepassare

Non c’è il tempo qui per analizzare compiutamente come sarebbe necessario tutti i richiami storici sopra riportati e il rischio è quello di esporsi a immediate contro argomentazioni che però a mio avviso non dovrebbero offuscare il messaggio che faticosamente tento di proporre. Qui non è il problema di dare il torto agli uni e la ragione agli altri, o di imporre sulle una propria verità.
Discutiamo, confrontiamoci, studiamo il più possibile senza trincerarci dietro a barriere ideologiche o pregiudizi di sorta; la cosa importante è porre il limite oltre cui nessuno può andare, oltre cui la facoltà critica diventa negazione dell’altro.
E questo rischio si corre ad ogni livello. E’ in fin dei conti un discorso di assunzione di responsabilità verso le giovani generazioni.

Quando si ha a che fare con l’interesse pubblico il dovere principale è quello di esplicitare quali siano gli interessi in gioco.
Il governo ha obbiettivi di un certo tipo, l’opposizione  un altro, i cittadini spesso  un altro  ancora; la democrazia riguarda l’equilibrata conciliazione di tutti questi diversi interessi attraverso l’arma bianca del compromesso.
E tutto ciò sia che riguardi i problemi di politica internazionale che quelli interni come, solo per fare un esempio, le misure anti covid da prendere per il rientro a scuola (davvero si ritengono provvedimenti adeguati il distanziamento di un metro in classi di 25 studenti, e autobus carichi completamente in tragitti fino a quindici minuti?).

Solo questo modo di agire, disinteressato, pubblico, critico come insegna l’intero percorso conoscitivo di J.Habernas, potrà consentire di formare una coscienza civica sensibile alla ricerca del bene comune, che non giochi a nascondino con la realtà mistificandone i fatti e dove anche in questo caso  possa essere sempre possibile che si levi alta una voce a richiamare tutti che  il re è nudo!

USL:Screening diagnosi precoce tumori della mammella anche la domenica a Cento e Ferrara

Da: Ufficio Stampa USLFerrara

L’Azienda USL ha deciso di aprire anche la domenica i due centri senologici di Ferrara e Cento per recuperare tutti gli esami del programma di Screening sospesi per più di due mesi in tutte le sedi causa l’emergenza Coronavirus. Domenica 6 Settembre inizia il programma straordinario col quale sarà possibile effettuare la mammografia anche di domenica per tutte le donne di Ferrara e di Cento che ricevono l’invito ad aderire al programma di Screening per la diagnosi precoce dei tumori della mammella.
I Centri di Senologia avevano già raddoppiato, a partire da Giugno, il numero degli esami mammografici erogati, obiettivo prioritario della Regione Emilia-Romagna, e per garantire a tutte le signore la possibilità di effettuare la mammografia di controllo nei tempi previsti, ora, per fare ancora di più e tutelare la salute delle donne del nostro territorio, le aperture di Ferrara e Cento anche di Domenica.
Il Centro Screening Oncologici invita, con lettera personale, tutte le signore dai 45 ai 74 anni ad eseguire una mammografia nei reparti di Radiologia più vicini alla propria residenza e l’appuntamento, ora, può essere programmato anche di domenica, mentre il risultato dell’esame è inviato a casa con lettera.
Se fossero necessari degli approfondimenti le pazienti saranno contattate telefonicamente per organizzare in successione gli eventuali appuntamenti.
Chiarimenti e informazioni sono possibili telefonando allo 0532235520 il Lunedì, Mercoledì e Venerdì dalle 9 alle 13, oppure, inviando una mail a screening@ausl.fe.it recapiti del Centro Screening Oncologici dell’Azienda USL con sede presso la Casa della Salute Cittadella San Rocco di Ferrara.

Riparte l’industria turistica dopo il lockdown: a luglio in Riviera confermato l’80% degli arrivi sul 2019, anno record

Da: Ufficio Stampa Regione Emilia-Romagna
L’assessore: “E ora contiamo anche sui grandi appuntamenti sportivi dell’autunno”. I dati dell’Osservatorio turistico regionale elaborati da Trademark Italia

Segnali di ripresa per il turismo dell’Emilia-Romagna che, a luglio e ancora più ad agosto, guadagna un’importante fetta di mercato dopo il crollo registrato durante i mesi di lockdown e a giugno quando ancora l’emergenza coronavirus rendeva cauti gli spostamenti dei viaggiatori.

I dati turistici elaborati dall’Osservatorio turistico regionale di Unioncamere registrano infatti, in modo chiaro, una buona ripartenza per la macchina del turismo della nostra regione che si è rimessa in moto e sta producendo numeri significativi.

Se prendiamo infatti a riferimento i dati del 2019, anno di un vero e proprio boom con quasi 60 milioni di presenze turistiche contate da Piacenza a Rimini, per quanto riguarda la Riviera la riduzione si è attestata a luglio al -21,4% per gli arrivi e -37% per le presenze.

Numeri che, in base ai dati provvisori, migliorano decisamente ad agosto con un -6,6% di arrivi e -6,4% di presenze e gli italiani che addirittura crescono rispettivamente sul 2019 dello 0,9% e del 2,8%.

In termini percentuali quindi quasi l’80% delle persone che nel luglio 2019 hanno scelto la riviera dell’Emilia-Romagna per le vacanze, sono tornati anche quest’anno e in agosto hanno in pratica riconfermato il dato straordinario raggiunto lo scorso anno.

Un andamento ancor più positivo se si considera che in Riviera ancora a giugno il calo era del 65,2% per gli arrivi e del 73,3% delle presenze.

“Un risultato molto importante e assolutamente non scontato, sul quale in aprile o maggio nessuno avrebbe scommesso- afferma l’assessore regionale al Turismo, Andrea Corsini-. Invece, anche grazie alle campagne promozionali realizzate in particolare nel mese di giugno, già in luglio abbiamo assistito a un rilancio di tutto il comparto, con una risposta davvero incoraggiante da parte dei turisti, soprattutto italiani – come era ampiamente prevedibile – ma anche stranieri, che non hanno voluto rinunciare a una vacanza nella nostra riviera e nelle altre destinazioni regionali”.

Sono quindi tanti i turisti che anche in questo inedito 2020 hanno scelto le località della costa, magari riducendo i pernottamenti come riflesso a un’emergenza sanitaria non ancora conclusa e a una conseguente precarietà nella programmazione di una vacanza dai tempi più lunghi. Un dato che va messo in relazione anche a quello dei singoli comuni che riflettono la maggiore o minore percentuale di strutture che hanno deciso di non riaprire.

“Quello che si può dire- prosegue Corsini- è che il cambiamento delle abitudini indotto dalla situazione del tutto particolare ha ovviamente pesato, ma ha comunque consentito alla nostra economia turistica di ripartire. L’auspicio, è che i dati definitivi di agosto potranno non solo confermare questa tendenza, ma produrre risultati ancora più importanti. E anche i grandi appuntamenti sportivi dell’autunno, con la Moto GP, la Formula1, il Giro d’Italia e il Mondiale di Ciclismo, fanno ben sperare”.

Il movimento turistico nelle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere dell’Emilia-Romagna viene rilevato dall’Osservatorio turistico regionale ed elaborato da Trademark Italia. La metodologia prevede la rivalutazione periodica delle statistiche ufficiali oltre che stime e proiezioni attraverso le indicazioni fornite da un panel di oltre 1.300 operatori di tutti i comparti dell’offerta turistica regionale e da riscontri indiretti, come le uscite ai caselli autostradali, gli arrivi aeroportuali, i movimenti ferroviari, le vendite di prodotti alimentari e bevande per l’industria dell’ospitalità, i consumi di energia elettrica ed acqua, la raccolta di rifiuti solidi urbani.

post covid, LegaER: “export, Regione istituisca desk per consentire viaggi di lavoro in sicurezza”

Da: Ufficio Stampa LegaER

La Regione Emilia-Romagna istituisca un desk che eroghi un servizio di assistenza e consulenza per facilitare le aziende impegnate a predisporre viaggi per motivi lavorativi, onde evitare che i loro dipendenti e collaboratori rimangano bloccati in altre Nazioni”. 

E’ quanto chiedono, con una interrogazione presentata alla Giunta regionale a prima firma del capogruppo Matteo Rancan, i consiglieri regionali della Lega ER.

Gli esponenti del Carroccio, nello specifico, si appellano al presidente della Regione, Stefano Bonaccini affinché attivi un “servizio di assistenza comune, chiaro ed univoco che favorisca la ripresa delle attività economiche di export delle aziende emiliano romagnole”. I consiglieri regionali della Lega ricordano “l’importante ruolo che l’export ricopre all’interno della nostra regione”, tant’è che “risulta discutibile la mancanza di un servizio di assistenza e consulenza che permetta alle aziende che operano con l’estero, talvolta in modo esclusivo, di poter predisporre viaggi per motivi di lavoro.

La spiccata vocazione all’export del nostro sistema economico-industriale è infatti confermata dal dato sul valore dei beni esportati fuori dal Paese, che negli ultimi 10 anni hanno rappresentato un valore che oscilla tra il 24,9 e il 31,7% del Pil.

Nell’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del virus Covid – 19, non si sono regolamentate le misure che consentano alle nostre realtà imprenditoriali, appunto eccellenze dell’export, di operare. Mancano – ricordano gli esponenti del Carroccio in consiglio regionale – misure certe che consentano di lavorare in sicurezza e, quindi, di dare un futuro alle imprese, cuore pulsante dell’economia nazionale. Tant’è che alcune società, si sono adoperate autonomamente redigendo un protocollo per le trasferte, condiviso con dipendenti e clienti, acquisiti e potenziali, che soffrono delle stesse difficoltà. I lavoratori di queste aziende si sono dotati di “Kit Covid”, di un invito di lavoro sottoscritto dalle due parti e di un protocollo di comportamento per la trasferta, che prevede anche il monitoraggio costante della temperatura. “Tuttavia – denunciano i leghisti – manca un vero desk di assistenza regionale, che vada a implementare con ulteriori servizi di supporto il sito web già predisposto dal ministero”.

 

Biasanott

racconto di Stefania Bergamini

Sergio è un biasanott. E mio amico. Entra elegante come un principe, lo trovi sempre al suo tavolo, quello sotto la tenda verde, vicino all’uscita. Sta lì con aria trasognata e un bicchiere di vino rosso. Quando ho un po’ di pausa mi siedo vicino a lui, non parliamo tanto, mi chiede del lavoro, se sono contenta, dei miei desideri, mi racconta un po’ di suoi amori e di fallimenti. Ha una stanchezza Sergio e una eleganza che nemmeno Horowitz. Vestito di bianco pure le scarpe e la sciarpa e i capelli. Un fazzoletto in tasca sempre profumato, mi dice senti questo è un profumo francese, me lo ha regalato Tina e chissà chi era Tina.
Lui la casa ce l’ha da qualche parte (con dentro forse la perdita di un figlio o figlia, qui la raccontano così). Non è un barbone, è un biasanott, tradotto dal dialetto bolognese masticanotte, cioè, lui la vive la notte, la assorbe, la cammina, la mastica, appunto. Ogni tanto viene qui e sta a quel tavolo, guarda la gente che entra e esce, si muove lentamente misurando i gesti come se tenesse in mano una bolla di sapone e mette a posto, quando mi parla, i miei nervi e il collettino della mia camicia.

The Last Good Day Of The Year (Cousteau, 1999)