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Giorno: 16 Giugno 2020

NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI

Come tutto in questo 2020, non sarà come sempre, non sarà il solito, famigerato ‘esame di maturità’. Che ufficialmente ha cambiato anche nome ma è lo stesso. Del resto, un esame è sempre un esame, e anche quello di quest’anno – strano fin che vuole –  rimane ‘il primo” esame della vita adulta. Ma appena prima dell’esame, altrettanto fatidica (o chissà: indimenticabile) c’è La notte prima degli esami. La notte della vigilia, quella di Antonello Venditti ( che qui riproponiamo in un recente bellissimo video ambientato a Comacchio e nelle sue Valli), la notte dell’attesa, dei pensieri, dei sogni. Ce la raccontano in prima persona due collaboratrici e amiche di Ferraraitalia: una insegnante in vista del pensionamento e una alleva maturanda. Domani si incomincia; ad entrambe va il nostro In bocca al Lupo!  Per la maturità. E per quello che dopo verrà.
(Effe Emme)
Roberta: 
“Avviso n.123.675: vademecum per lo svolgimento dell’Esame di Stato a.s.2019-2020”.
Leggo  Mi pare la sintesi dell’O.M.10 del 16 maggio 2020 dall’art.16 in poi. Poi ci sono dentro anche le disposizioni sulla igienizzazione delle aule, sulla distanza interpersonale che dovremo tenere e molto altro.
“Notte prima degli esami, notte di polizia”. Direi “giorno di polizia”, per fare il verso ad Antonello Venditti che dal lontano 1984 con questo pezzo canta e turba i diciannovenni prima del loro esame di maturità.
Ho più voglia di emozioni che di ordinanza e di comunicazioni. Di sopra ho barato: l’ultima arrivata non è la numero centoventitremila eccetera, ma è come se lo fosse. Fredda e precisa, con la sua idea di base di un esame di plastica, dove riusciremo anche a guardarci, a percepire la nostra tensione diversa ma uguale. Solo dopo, però: dopo avere disinfettato le mani, esibita la autocertificazione del nostro stato di salute, messo piede nell’aula che ci è stata assegnata e chissà quanti altri gesti programmati sto tralasciando.
Io sarò a non meno di due metri da ognuno di voi. Con la mascherina che la scuola mi avrà fornito si vedranno solo gli occhi. Meno male che le rughe non mi mancano e da loro capirete che vi sto sorridendo per aprire insieme la seconda fase. L’ordinanza prescrive, per la parte di Lingua e Letteratura Italiana, la discussione di un breve testo che vi proporrò io. Potrei canticchiare tra me e me “Claudia non tremare / Non ti posso far male” e intanto condurti a leggere Amai di Umberto Saba. “Se l’amore è amore, se l’amore è amore” ripetuto altre tre volte nella canzone ci porta dritte alle trite parole del poeta. Trite ma oneste. Tu come reagisci da lettrice adulta quale sei diventata a questa poesia?
Alice:
Non so cosa aspettarmi. Da persona ansiosa quale sono sto lasciando che l’esame monopolizzi le mie giornate.
Quanto ho sperato che lo annullassero, e forse lo spero ancora!
“Maturità, ti avessi presa prima”. Il caro vecchio Venditti, che viene sempre scongelato in questo periodo, non sbaglia un colpo, non c’è che dire.
Mi ritrovo inondata da nozioni diverse, ho la mente pervasa da informazioni, programmi, nomi, date. Chi lo sa, magari davanti alla commissione mi siederò e non ricorderò nulla, e allora mi ritroverò ad improvvisare con quello che mi ricordo sperando nella bontà dei professori che mi hanno accompagnata in questi ultimi anni. Non posso fare a meno però, di confidare in Zola, in Verga, o ancora meglio, nel mio vecchio amico Leopardi, nel suo infinito. O forse è meglio A Silvia? Oppure in un Balzac, nel suo Père Goriot che ho adorato. Filosofia mi fa paura, Scienze non ne parliamo.
Ho paura di dire addio a tutto. Ho paura di ricominciare da capo.
Ho voglia di ricominciare da capo.
È un punto cardine della mia vita, la fine e l’inizio.
Forse ho così paura proprio perché la mia vita non sarà più la stessa, perderò tutti i riferimenti che ho sempre avuto. È tempo di diventare adulta per davvero, si apre un nuovo capitolo.
Roberta:
So che cosa provi e cosa provate tutti voi. L’esame è come un muro che avete davanti; vi fa paura perché esiste. Ha la forza della realtà che si porta via tutte le aspettative, i preparativi mentali, gli esercizi propedeutici e le anticipazioni.
Voglio dirvi però che potrebbe andarvi a genio, l’esame. Potrebbe farvi sorprendere di voi stessi, quando vi sentiste discutere con noi docenti di un testo che amate. In giro si trovano pochi interlocutori su Père Goriot, e se riusciste per un po’a non sentirvi interrogati, bensì adulti nella lettura del testo letterario, titolari di una discussione breve ma esperta sul personaggio protagonista?
Che vi piaccia anche l’esame: dentro di me ci spero, quasi quasi ci conto.
Ecco perché le circolari mi sembrano tante, le formalità soffocanti e preferisco sintonizzarmi sulla canzone di Venditti che mi sembra abbia più cose da dire su questo momento della vostra vita.Allora forza, entra e cominciamo. Pensa e pensate insieme a me questo passaggio e dite: “Si accendono le luci qui sul palco…mi viene voglia di cantare. Forse cambiati, certo un po’ diversi. Ma con la voglia ancora di cambiare”. Osate. Esprimetevi. Mettetevi alla prova.
E’ tempo di perdere i riferimenti e di cambiare strada.
Alice:
Alla libertà mancano ormai poche ore. Un colloquio divide il mio passato e il mio futuro; eppure è inutile che io continui a pensarci e a ripensarci: quello che è fatto è fatto.
Nella sfortuna, noi classe del 2020, abbiamo la possibilità di confrontarci nell’ultima prova con persone che conosciamo e che ci conoscono. Il nostro esame è durato cinque anni e la commissione lo sa, almeno spero.
Ne abbiamo passate tante, la tensione non è mai stata così alta. Vorrei dire a chi afferma che quest’anno la maturità sarà più facile che si sbaglia.
Sbagliano perché questo esame non è una semplice prova, ma è una tappa di vita che vede dall’altra parte persone sensibili che durante questo periodo hanno sofferto nei modi più disparati.
Dobbiamo imparare a guardare avanti e ad imparare dal nostro passato, a risollevarci una volta caduti e a lasciarci andare quando tutto sembra troppo pesante.
Siamo più forti di quanto crediamo.
Forse è proprio a questo che penserò stanotte: per aspera ad astra, sempre e comunque.

Coronavirus, l’aggiornamento: 13 nuovi positivi, di cui 9 asintomatici individuati attraverso screening regionali

Da: Regione Emilia Romagna

Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 28.097 casi di positività, 13 in più rispetto a ieri, di cui 9 persone asintomatiche individuate attraverso l’attività di screening regionale.

I tamponi effettuati sono 6.200 che raggiungono così complessivamente quota 417.184, più altri 1.748 test sierologici, fatti sempre da ieri.

Le nuove guarigioni sono 106, per un totale di 22.483: l’80% dei contagiati da inizio crisi. Continuano a calare i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi, che a oggi sono 1.405 (-95 rispetto a ieri).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione. Il Report settimanale con approfondimenti e grafici può essere consultato al seguente link: https://bit.ly/30J0IsB

Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 1.214, -85 rispetto a ieri: oltre l’86% di quelle malate. I pazienti in terapia intensiva sono 11 (- 2), quelli ricoverati negli altri reparti Covid sono 180 (-8).

Le persone complessivamente guarite salgono quindi a 22.483 (+106): 345 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 22.138 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Purtroppo, si registrano 2 nuovi decessi: due uomini. Complessivamente, in Emilia-Romagna i decessi sono arrivati a 4.209. Per quanto riguarda la provincia di residenza, 1 decesso si è avuto in quella di Ferrara e 1 in quella di Rimini. Nessun decesso dunque nelle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e da fuori regione.

Questi i nuovi casi di positività sul territorio, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 4.527 a Piacenza (+4), 3.611 a Parma (+2), 4.972 a Reggio Emilia (+ 1), 3.935 a Modena (+2), 4.707 a Bologna (+2); 402 a Imola (nessun nuovo caso); 1.008 a Ferrara (+1). I casi di positività in Romagna sono 4.935 (+1), di cui 1.036 a Ravenna (nessun nuovo caso), 948 a Forlì (nessun nuovo caso), 782 a Cesena (nessun nuovo caso) e 2.169 a Rimini (+1).

Sanità. Coronavirus, arriva anche in Emilia-Romagna l’App Immuni, utile per risalire ai contatti che possono aver esposto le persone al contagio

Da: Regione Emilia Romagna

Dopo la sperimentazione avviata in quattro regioni a inizio giugno, anche in Emilia-Romagna si può scaricare e installare l’App Immuni. Dotarsi dell’applicazione permetterà di risalire ai contatti che possono aver esposto una persona al rischio di contagio, nel rispetto della normativa italiana e di quella europea sulla tutela della privacy. ll tracciamento, infatti, è basato su tecnologia Bluetooth e non utilizza dati di geolocalizzazione di alcun genere, inclusi quelli del Gps. E l’app non raccoglie neppure dati identificativi dell’utente, come nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono o indirizzo email. Chi decide di installarla, viene avvisato con una notifica nel caso sia entrato in contatto con soggetti successivamente risultati positivi al tampone.

Questa applicazione, scelta in Italia quale strumento coadiuvante il contact tracing tradizionale, nasce dalla collaborazione tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministro della Salute, Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, Regioni, Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 e le società pubbliche Sogei e PagoPa. L’adozione di un’applicazione unica nazionale per il tracciamento dei contatti, interoperabile anche a livello europeo, ha come obiettivo quello di individuare in maniera sempre più completa gli individui potenzialmente esposti a SARS-CoV-2 e, attraverso le misure di sorveglianza sanitaria, contribuire a interrompere la catena di trasmissione.

Si baserà sull’installazione volontaria da parte degli utenti e il suo funzionamento potrà cessare non appena sarà terminata la fase di emergenza, con eliminazione di tutti i dati generati.

Funzionamento e obiettivi dell’App

La funzionalità principali dell’App è quella di inviare una notifica alle persone che possono essere state esposte ad un caso Covid-19 (contatti stretti) con le indicazioni su patologia, sintomi e azioni di sanità pubblica previste, e di invitarle a contattare il medico di medicina generale o pediatra di libera scelta spiegando di aver ricevuto una notifica di contatto stretto.

Per farlo, l’app si avvale del tracciamento di prossimità basato su tecnologia Bluetooth Low Energy, senza ricorso alla geolocalizzazione. Quando un utente installa Immuni sul proprio smartphone, l’app inizia a scambiare identificativi anonimi (codici randomici) con altri dispositivi che hanno installato la stessa app. Si tratta di codici anonimi che non permettono di risalire al dispositivo corrispondente, né tanto meno all’identità della persona, nel pieno rispetto delle raccomandazioni emanate dalla Commissione Europea il 16 aprile 2020 in merito alle app per il tracciamento di prossimità.

Cosa succede se un utente risulta positivo

Quando un utente risulta SARS-CoV-2 positivo, l’operatore sanitario che gli ha comunicato l’esito del test diagnostico gli chiede se ha scaricato l’app e lo invita a selezionare sul proprio smartphone l’opzione per il trasferimento delle sue chiavi anonime nel sistema del Ministero della salute. L’app restituisce un codice numerico (OTP) che l’utente comunica all’operatore sanitario. Il codice viene inserito, da parte dell’operatore sanitario, all’interno di un’interfaccia gestionale dedicata, accessibile per il tramite del Sistema Tessera Sanitaria, e il caricamento viene confermato dall’utente.

A questo punto l’applicazione notifica agli utenti con cui il caso è stato a contatto, il rischio a cui sono stati esposti e le indicazioni da seguire, attraverso un messaggio il cui testo è unico su tutto il territorio nazionale. Nel messaggio, l’invito a contattare il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta che faranno una prima valutazione dell’effettiva esposizione al rischio del soggetto e, in caso confermativo segnaleranno l’utente al Dipartimento di Sanità Pubblica di riferimento territoriale.

L’utilizzo dei dati personali

I dati personali saranno utilizzati per le finalità previste dall’articolo 6 del Decreto-Legge 30 aprile 2020, n. 288 al solo scopo di allertare le persone che siano entrate in contatto stretto con persone risultate Covid-19 positive e tutelarne la salute. Le informazioni, in forma aggregata e anonima, attraverso apposita reportistica che il Ministero della salute metterà a disposizione delle Regioni e Province autonome, potranno essere utilizzate per fini di sanità pubblica, profilassi, statistici o di ricerca scientifica.

Tecnologie spaziali a supporto di agricoltura, turismo e attività marittime

Da: Regione Emilia Romagna

Altissima tecnologia utilizzabile in ambiti come l’agricoltura, il settore marittimo e quello turistico.
Sono le opportunità che si aprono per l’Emilia-Romagna con l’adesione della Regione all’associazione Nereus, organizzazione senza fini di lucro con sede a Bruxelles e nella rete europea delle Regioni che utilizzano tecnologie spaziali.

Una scelta che va a rafforzare il ruolo chiave dell’Emilia-Romagna in Europa con i suoi investimenti per la Data Valley regionale, con al centro il Tecnopolo di Bologna, i Big Data e la capacità di supercalcolo al servizio di diversi comparti (dalle imprese alla scuola, dalla mobilità alla riorganizzazione delle città, salute e meteorologia e lotta al cambiamento climatico) e, soprattutto, delle persone, per il miglioramento di ogni aspetto della vita quotidiana.

La decisione di aderire all’associazione Nereus è arrivata nel corso dell’ultima seduta della Giunta regionale su proposta dell’assessore regionale allo Sviluppo economico, Lavoro e Green Economy, Vincenzo Colla. L’atto avvia di fatto il formale iter e le procedure per l’adesione all’associazione, che conta su 26 Regioni partner: Abruzzo, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto in Italia mentre tra quelle di altri Paesi europei figurano l’Assia (Germania) e la Nuova Aquitania (Francia), entrambe con una collaborazione istituzionale di lunga durata con la Regione Emilia-Romagna.

“Possiamo così rafforzare l’integrazione delle varie componenti della cosiddetta ‘space economy’ all’interno di altre politiche pubbliche, per rafforzare l’impatto economico sul territorio e sull’economia regionale. Con Nereus– commentano il presidente della Regione, Stefano Bonaccini e l’assessore Colla- si rafforza una partecipazione a una rete europea di Regioni che rappresenta un ulteriore tassello di una più ampia strategia che fa dell’Emilia-Romagna la Data Valley europea. Con la presenza al Tecnopolo del nuovo Data Center del Centro meteo europeo e del supercomputer Leonardo, acquisito attraverso un importante finanziamento di 120 milioni di euro dell’Unione europea, nonché l’opportunità di partecipare a Copernicus, che è uno dei più importanti programmi europei su cambiamenti climatici, qualità dell’aria e gestione intelligente delle città, l’Emilia-Romagna consente all’Italia di contare su un vantaggio competitivo rispetto agli altri Paesi e l’Europa rispetto a player internazionali come Stati Uniti e Cina”.

Nereus
L’associazione Nereus è specializzata nella promozione di politiche, iniziative e servizi relativi alle tecnologie spaziali mettendo a disposizione informazioni delle regioni europee, sviluppando attività specifiche che mirano a identificare casi esemplari di applicazione regionale in diversi ambiti legati alla gestione territoriale, a favorire collaborazioni interregionali per lo scambio di conoscenze e buone pratiche nonché sviluppare azioni di promozione e comunicazione per rafforzare la comprensione dei benefici legati all’utilizzo delle tecnologie spaziali.

L’adesione della Regione, nella qualità di full member, dà diritto ad essere rappresentati nell’assemblea generale dell’Associazione con diritto di voto e consente a un proprio rappresentante di essere nominato nel Consiglio di amministrazione (Management Board), composto da 10 membri di 6 Paesi europei (ogni Stato ha diritto a 3 posti).

Commercio. In Emilia-Romagna posticipato a sabato 1 agosto l’inizio dei saldi estivi

Da: Regione Emilia Romagna

È stata posticipata a sabato 1 agosto la data di inizio dei saldi estivi: anche in Emilia-Romagna slitta di un mese la stagione degli sconti, una decisione nata per andare incontro alle difficoltà che il settore commerciale sta attraversando a causa dell’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus ed alle esigenze manifestate dagli operatori commerciali nella fase di ripartenza al termine della fase di lockdown.

Inoltre, per agevolare la ripartenza dei negozi dell’abbigliamento e delle calzature che sono stati soggetti a chiusura forzata fino al 18 maggio 2020, la Regione Emilia-Romagna ha deciso di sospendere per il 2020 il divieto di effettuare vendite promozionali nei trenta giorni che precedono l’inizio dei saldi estivi per abbigliamento, calzature, biancheria intima, accessori, pelletteria e tessuti per abbigliamento e arredamento.

Confermata invece la durata massima di sessanta giorni per le vendite di fine stagione che partiranno da agosto.

“Posticipare la data di avvio dei saldi estivi, in accordo con quando definito dalla Conferenza delle Regioni è una risposta necessaria alle legittime richieste di associazioni e rappresentanti del settore- spiega l’assessore al Commercio, Andrea Corsini-, una leva in più per cercare di far ripartire l’economia e dare respiro al commercio fortemente penalizzato dal lungo periodo di lockdown. Inoltre, la decisione della Regione di rendere possibili in via eccezionale promozioni e sconti nel periodo che precede i saldi veri e propri- chiude l’assessore- è una occasione in più per i consumatori e per far ripartire le vendite”.

Welfare. Il sostegno della Regione nel post emergenza: 49 milioni di euro per finanziare i servizi sociali del territorio

Da: Regione Emilia Romagna

Per dare risposta ai nuovi bisogni causati dall’emergenza Coronavirus arriva il sostegno della Regione alle famiglie e alle persone in maggiore difficoltà. Sono oltre 49 milioni di euro, 6 milioni in più rispetto allo scorso anno, le risorse stanziateper finanziare nel 2020 il Fondo sociale regionale. Per metà di provenienza statale, sono destinate a Comuni e Unioni dei Comuni per il funzionamento degli interventi e servizi sociali del territorio, in base alle esigenze e priorità definite e programmate tramite i Piani di zona a livello distrettuale.

Il via libera alla proposta di programmazione e ripartizione presentata dalla Giunta è arrivato oggi in Commissione assembleare. Dei 49,3 milioni complessivi, 44,8 saranno impegnati sui servizi, con particolare attenzione ai bisogni di bambini, adolescenti e famiglie, specialmente le più vulnerabili e quelle più colpite dalla crisi economico sociale causata dall’emergenza sanitaria Covid-19. La proposta aveva già ottenuto il parere positivo del Consiglio per le autonomie locali, ed era stata accolta positivamente anche nel confronto con il Terzo Settore e con le Organizzazioni sindacali.

“Gli enti locali segnalano una grandissima difficoltà nel far fronte ad una esplosione di nuovi bisogni e nel fornire risposte sia agli utenti storicamente fragili sia ad una nuova utenza, non conosciuta, che mai prima di questa contingenza aveva avuto necessità di rivolgersi e chiedere supporto al sistema dei servizi- sottolinea la vicepresidente e assessora al Welfare, Elly Schlein-. La scelta che abbiamo compiuto è stata di dedicare un’attenzione particolare all’emergenza sociale causata dal Coronavirus, riorientando una parte della programmazione del Fondo sociale regionale al contrasto delle disuguaglianze. In questo momento era necessario sostenere nell’immediato i nuclei e i singoli in stato di urgente difficoltà, con attenzione particolare alle donne, per prevenire l’aggravamento di situazioni precarie”.

“Abbiamo deciso- aggiunge la vicepresidente- di adattare e innovare i nostri strumenti per rispondere all’emergenza sociale che sta causando il Covid19, prevedendo nuovi tipi di interventi e la possibilità di disporre in modo più flessibile delle risorse orientandole verso i nuovi bisogni. Dobbiamo rispondere tanto alle diseguaglianze che già conoscevamo e che si stanno aggravando, tanto a chi è entrato in difficoltà in questi mesi. Oltre alle risorse per il Fondo sociale- spiega Schlein-, nella programmazione sono previsti anche alcuni Fondi finalizzati a supporto delle comunità per minori che hanno avuto particolari difficoltà durante l’emergenza, ai centri per famiglie che sostengono la neogenitorialità e i nuclei con adolescenti, al Programma Pippi per prevenire l’allontanamento dei minori in contesti familiari difficili, al Programma per chi si trova in carcere, e al supporto alla mobilità delle persone fragili, con un particolare sostegno alle famiglie numerose. Un intervento significativo e articolato- chiude la vicepresidente-, anche per integrare le misure nazionali in modo che nessuno sia lasciato indietro.”

Le difficoltà emergenti

In questa fase di emergenza i cittadini si sono trovati ad affrontare situazioni di fragilità e precarietà impreviste, forme di indebitamento, nuove vulnerabilità, perdita di posti di lavoro che hanno acuito disuguaglianze preesistenti e hanno fatto scivolare verso il basso molte persone e nuclei familiari.

Spesso le difficoltà di questo periodo hanno avuto ripercussioni negative in particolare sui minori, a partire dalla possibilità dei bambini e ragazzi di poter seguire le attività della didattica a distanza, con il rischio di aumentare la dispersione scolastica e la povertà educativa. Gli effetti di questa fase di emergenza sanitaria rischiano, inoltre, di aver un impatto ancor più gravoso sulle donne che, aggravandosi le condizioni occupazionali e le difficoltà nella conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di cura, vedono messi a repentaglio i risultati raggiunti negli anni in termini di emancipazione ed empowerment. A fronte di una situazione di emergenza sociale come quella che si sta delineando, la Regione ha deciso di adattare e innovare gli strumenti a disposizione per la programmazione, integrando il Piano sociale e sanitario prevedendo nuovi tipi di interventi ed inserendo la possibilità di utilizzare in modo flessibile le risorse orientandole verso i nuovi bisogni.

La ripartizione dei fondi, per provincia

A livello territoriale, i 44,8 milioni destinati alla gestione dei servizi sociali e sociosanitari saranno così suddivisi tra le province dell’Emilia-Romagna: Bologna 10,2 milioni di euro; Modena 7,2; Reggio Emilia 5,4; Parma 4,6; Forlì-Cesena 4; Ravenna 3,8; Ferrara 3,4; Rimini 3,3; Piacenza 2,9. Per l’assegnazione delle risorse dovrà essere completato l’iter, con un ulteriore passaggio del testo in Giunta, la prossima settimana.

I VOLTI DI MARMO E LE FACCE DI BRONZO
Vandalismo o legittimo e comprensibile atto di accusa?

Vandalismo o legittimo e comprensibile atto di accusa? Il mare rabbioso della protesta ha innalzato le onde fino a travolgere quelli che sono ed erano i segni di una storia, la nostra. Le statue hanno rappresentato, nel corso dei secoli, la scena in cui l’umanità ha vissuto, ha agito, quasi fossero una popolazione in cammino esse stesse, passo dopo passo a percorrere i tempi. Le abbiamo modellate noi, attraverso i nostri scultori, commissionate e celebrate, collocate con ammirazione, rispetto e venerazione nei parchi, nelle chiese, nelle piazze, nei punti più significativi della nostra civiltà eroica o corrotta, conquistatrice o aguzzina, coraggiosa o vigliaccamente profittatrice. Sono creature nostre che prendono vita nelle nostre fucine, nel nostro immaginario e scatenano un memento del passato che riconosciamo o tendiamo a disconoscere perché ce ne vergogniamo o avvertiamo estraneo ai nostri principi dell’attualità.
Che ci piaccia o no, sono pezzi di marmo o bronzo scalpellati e forgiati per testimoniare una storia di cui andare fieri o rinnegare e ripudiare. Rammentano un passato, una rivoluzione, un credo religioso, una vittoria bellica, una conquista, una scoperta, un merito in campo scientifico, artistico, letterario, culturale in generale. E quando disconosciamo o ripudiamo un segno visibile e potente dell’iconografia perché la storia ce lo impone, si crea inevitabilmente una crepa, un mea culpa in cui tutto viene rimesso in discussione, un indietreggiare per poi riprendere la rincorsa verso nuove idealità, lasciando alle spalle le macerie di capitoli di storia scomodi. Diventa un corto circuito che genera per un attimo oscurità, un blackout della storia che dura da sempre.

Nell’Isola di Pasqua, appartenente al Cile, una serie di statue monolitiche, circa mille moai creati presumibilmente intorno all’anno 1000 d.C., ricavate da un unico blocco di tufo si affacciano sull’Oceano Pacifico, sembrano fissarlo immutabilmente. Alcune reggono strani copricapi che ricordano il cilindro e la loro altezza, da 2,5 metri a 10 metri impressiona davvero, se si pensa che il corpo rimane completamente interrato. Furono scolpite direttamente nelle cave e trasportate inspiegabilmente nella posizione eretta, servendosi di tronchi d’albero che, presumibilmente, lasciarono l’isola completamente disboscata. Celebravano gli antenati defunti o importanti personaggi della comunità o forse erette per testimoniare credenze religiose: il mistero avvolge ancora i moai. Quello che lascia pensare a una guerra civile, uno stravolgimento sociale, una rimozione di questi stupendi simboli, oppure, ipotesi meno accreditata, un terremoto, è l’immagine di teste divelte e statue rimosse vistosamente dalla loro sede.

Passando ccn un balzo epocale alla Rivoluzione Francese, oltre alle teste umane caddero anche numerose teste di bronzo, nel nome della liberté, fraternitè, egalitè. L’ancien regime era morto per sempre attraverso, prima ancora, i suoi simboli.

Il 2001 segna tristemente la fine dei Buddha di Bamiyan, le due stupende statue scolpite da un gruppo buddista nelle pareti di roccia della valle di Bamiyan in Afghanistan, sulla Via della Seta, itinerario mercantile tra Cina, Asia Centrale, Medio Oriente ed Europa, riconosciute Patrimonio Unesco: 400 religiosi afgani, interpretando il pensiero dei talebani musulmani, decretarono l’abbattimento delle prestigiose sculture perché rappresentati di tendenze idolatre e infedeli. Ai lati delle due opere, i monaci vivevano come eremiti in piccole grotte scavate come caverne, addobbate con statue religiose e meravigliosi affreschi variopinti.

E’ IL 2003 quando una statua di Saddam Hussein viene colpita da un uomo con un grosso martello, prima di essere aggredita dalla folla. Immagine che ha fatto il giro del mondo come emblema di condanna e di svolta. Per poi ritrattare: dopo 13 anni, l’uomo ha dichiarato di essersi pentito perché il dopo-Saddam è peggiore del passato.

Nel 2014 tocca alla più grande statua di Lenin, eretta nella piazza principale di Kharkiv in Ucraina: un’altra statua di regime ‘giù per terra’, rimozione eccellente in una lotta non ancora risolta tra filorussi e dissidenza nazionalista. La stessa sorte toccata a Karl Marx nei Paesi dell’ex Unione Sovietica.

E siamo ancora qua, con la nostra voglia di abbattere, demolire, annullare traccia, ridisegnare una storia che ha subito delle svolte, non è andata come volevamo, ci ha deluso, rammaricato, infuriato.
Ora tocca a Cristoforo Colombo, demolito e gettato in un lago a Richmond, Virginia; tocca a Robert Milligan, deprecabile mercante di schiavi insieme a Eduard Colston. Tocca pure a Cecil Rhodes, considerato precursore dell’apartheid in Sudafrica, da cui prenderebbe nome la Rodesia.
Si arriva perfino a Wiston Churchill, la cui statua viene imbrattata, in Gran Bretagna, con l’infame scritta ‘was a racist” – era un razzista.
E poi ancora in Belgio, stigmatizzando ad Anversa il ricordo statuario di Leopoldo II, autore della sanguinosa colonizzazione del Congo nella seconda metà dell’800. Il popolo non dimentica e prima o poi ti chiede il conto. Nella nostra Italia è caduto su Indro Montanelli il peso della Storia, con il movimento ‘I Sentinelli’ che ne chiede la rimozione di ogni traccia del monumento e dell’effigie pubblica dopo che ne sono state rispolverate storia e dichiarazioni sulla campagna di Abissinia del 1935 a cui partecipò, che comprende la narrazione della 12enne acquisita come sposa etiope in un contesto di guerra.

Siamo un’umanità che ha bisogno di rivedere epocalmente la propria storia, ammettere errori, a volte mostruosità, per sopravvivere a fatti ed eventi talmente abnormi da non consentire l’assoluzione, la dignità. Sarà sufficiente l’abbattimento delle statue, segno di passaggio storico, ad alleggerirci le coscienze?

L’APPELLO DEI MEDICI

Di Francesca Cigala Fulgosi e Giancarlo Rasconi

Come medici condividiamo pienamente l’appello lanciato lo scorso maggio dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, la massima organizzazione nazionale dei medici, e dall’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente: “Covid-19: le lezioni da imparare e gli sbagli da non fare”(https://www.isde.it/wp-content/uploads/2020/05/documento-covid-isde.pdf ).

L’appello elenca sinteticamente gli obiettivi da perseguire e gli errori da non fare per contrastare le prossime pandemie, che ormai tutta la comunità scientifica ritiene inevitabili se non si prenderanno adeguati provvedimenti:
_“Rispettare gli habitat naturali e l’ecosistema è fondamentale per ridurre il rischio di pandemie. La prevenzione primaria è l’arma più potente per evitare danni sanitari e sociali di ampia portata.”
_“Il depotenziamento dell’assistenza sanitaria, l’introduzione di logiche privatistiche e prestazioni a pagamento hanno amplificato i danni, mettendo a nudo le carenze di un sistema sanitario inadeguato a soddisfare i reali bisogni di salute della popolazione”.
_“Il perseguimento della salute è prioritario rispetto agli interessi economici, sia che si tratti di patologie infettive che di malattie cronico-degenerative, entrambe espressione di un alterato rapporto con l’ambiente”.
Il documento analizza poi cosa si dovrebbe fare per ripartire dopo la crisi, e parte dall’osservazione che salute ed economia non devono più essere contrapposte.

Invita a ripensare il sistema sanitario orientandosi a un modello di assistenza “basato sui servizi territoriali incentrati sulle persone, sulla prevenzione e sui problemi prioritari di salute e non sul risparmio, sul profitto e su esigenze private che portano a privilegiare prestazioni altamente specialistiche e super remunerate”.

Invita a ripensare il sistema economico e produttivo, “ riducendo l’aggressione all’ambiente e riequilibrando l’utilizzo delle risorse”, partendo dalla constatazione che l’inquinamento ambientale ha già causato eventi estremi drammatici e rilevanti effetti negativi sulla salute, tra cui il riemergere di vecchie malattie infettive e la diffusione di nuovi ceppi virali.

Dà poi concrete indicazioni: “Per la ripresa economica e sociale occorre un grande piano di sviluppo sostenibile basato sulle energie realmente rinnovabili, su un’agricoltura improntata ai principi dell’agroecologia, sul recupero della biodiversità e non su grandi opere impattanti su ambiente e salute. Occorre un piano pluriennale per la messa in sicurezza del suolo e delle infrastrutture esistenti (strade, ponti ..), la bonifica delle aree inquinate, la rigenerazione urbana, l’adeguamento sismico degli edifici e la messa in sicurezza della rete acquedottistica, il potenziamento della rete ospedaliera pubblica”.

Segnala come azioni da mettere in campo subito: l’approvazione della legge sull’agricoltura biologica e della legge sul blocco totale di consumo di nuovo suolo, ferme da anni in senato, l’adozione di misure per un’adeguata tutela del patrimonio forestale e boschivo (“il polmone verde” del paese) e la moratoria sull’implementazione di tecnologie digitali “ non ancora adeguatamente testate”.

L’appello termina con un’ importante affermazione: “Non si può pensare di uscire dalla crisi sanitaria, economica e sociale indotta dalla pandemia rimanendo ancorati o addirittura prigionieri dello stesso modello di sviluppo e di consumo che ha contribuito a crearla”.

Questo è il forte messaggio lanciato dalla classe medica italiana e che non può essere ignorato: dovrà orientare le azioni della politica e i comportamenti dei cittadini.

UN PIANO(FORTE) PER LE BIBLIOTECHE FERRARESI
Invece il povero utente è costretto a uno slalom orario

Di Andrea Poli

A volte vorrei essere un giornalista di Report per quella loro capacità di “scovare” carte, cartelle e quant’altro, sia nella Rete che nei documenti svolazzanti. Purtroppo, accontentandomi, digito soltanto su Google questa parola chiave: “piano di riapertura delle biblioteche di Ferrara”. Dopo circa un mese ritrovo ancora le classiche otto ore disinfestanti per la restituzione e il prestito.
Chissà perché mi immaginavo che si fosse pensato e scritto sul web un piano(forte) programmatico che comprendesse varie fasi: la prima di otto ore, poi l’apertura delle altre strutture, poi man mano l’allargamento degli altri servizi bibliotecari.
Ero proprio stupidamente convinto che ci fossero date e punti fermi, ma la prima info sul web riguarda la Biblioteca Ariostea, poi seguono tutte le altre con informazioni poco limpide, ‘senza pietà’ per l’utente che desidera sapere gli orari o se il pianoforte ha ricominciato a suonare.
Se si avevano problemi prima nel districarsi tra le varie aperture giornaliere e settimanali, ora essere i funamboli del tempo diventa una necessità. Entrando nella Home Page del Servizio inizia la Jumanji degli orari. Se vuoi andare all’Ariostea ti vesti da sabato italiano, ma attenzione perché in un’altra Biblioteca va bene anche il mercoledì del lavoratore pendolare. Se hai fretta, il martedì è aperto lo Spid (che si scrive Speed) o se ti piace la movida del giovedì puoi scegliere tra varie strutture.
Digitando la stessa ricerca a Bologna il risultato cambia completamente: Le biblioteche sono aperte negli stessi orari pre-zombie, ma ovviamente con le stesse modalità pandemiche: prenotazione, prestiti, rientri. Non è che Bologna è meglio di Ferrara, ma è mai possibile che il karma degli orari delle biblioteche ferraresi, sia una prerogativa anche durante il mondo a rovescio? Ma l’uniformità o la semplificazione è così difficile? Faccio un appello all’Assessore alla Cultura, non dico per fare la rivoluzione, ma per allinearsi con gli standard generali del momento, quindi aprire come prima (se più di prima, ti amerò) conservando d’accordo maschere, gel e dopobarba, nonché la distanza di due metri (usando il Bluetooth che li misura come gli pare), ma almeno evitare lo slalom orario.
E poi parliamoci chiaro: le discoteche sì e le biblioteche no? Le biblioteche non possono aprire all’utenza e le discoteche si possono mascherare da veicoli di cultura? Ma quando mai! Se il problema sono gli spazi aperti, mi risulta che l’Ariostea, la Bassani, la Luppi di Porotto abbiano punti verdi anche importanti. Questa può essere un’opportunità che riguarda non solo i pianoforti bibliotecari, ma in generale tutte le strutture e i fermenti culturali della città, che possono essere “ripristinati” e alimentati nuovamente, creando anche una sorta di “avanguardia” o punto di riferimento nazionale, sul come e sul perché puntare tutto, né sul nero, né sul rosso, ma sulla formazione intellettuale come modo sempre antico, ma sempre attuale, per cambiare l’etica del mondo.

Cultura e innovazione. La Regione sostiene la ripartenza delle industrie culturali e creative dell’Emilia-Romagna

Da: Regione Emilia Romagna

Sostenere concretamente la ripartenza e il rilancio, valorizzando appieno le potenzialità di innovazione del comparto artistico, culturale e creativo dell’Emilia-Romagna in difficoltà dopo il lockdown. Ma anche realizzare un efficace programma per la promozione imprenditoriale delle industrie culturali e creative.

Sono i principali obiettivi per cui la Regione, contribuendo allo sviluppo del progetto per l’edizione speciale del 2020, sostiene e partecipa a IncrediBOL! (INnovazione CREativa DI BOLogna), iniziativa del Comune di Bologna in collaborazione con numerosi partner pubblici e privati nata nel 2010 per sostenere la crescita del settore culturale e creativo, e che dal 2013 si svolge in coordinamento con le attività di viale Aldo Moro, coinvolgendo così l’intero territorio regionale, sulla base di un accordo triennale per lo sviluppo delle Industrie culturali e creative in Emilia-Romagna.

Le risorse previste dal progetto, pari a 600 mila euro, di cui 400 mila euro in contributi messi a disposizione dagli Assessorati alla Cultura e allo Sviluppo economico della Regione Emilia-Romagna, vanno a sostegno di uno degli ambiti di potenziale maggiore crescita in futuro anche in termini di ampie opportunità occupazionali, professionali e imprenditoriali.

Per l’attuazione di IncrediBOL! 2020 è prevista una convenzione tra la Regione e il Comune di Bologna, l’uscita del bando è prevista per il mese di luglio e sosterrà attività di innovazione di prodotto o di processo per far fronte all’emergenza Covid.

“Se dovessi identificare una caratteristica del genus degli emiliani e dei romagnoli- commenta l’assessore regionale a Cultura e Paesaggio, Mauro Felicori- forse sceglierei la vocazione all’indipendenza, al lavoro autonomo, all’impresa, come si diceva un tempo ‘non voglio lavorare sotto padrone’; ma non per un banale desiderio di guadagno, quanto per la voglia di esprimere compiutamente talento, competenza, ambizione. Questa aspirazione portò decine di operai provetti a generare le multinazionali tascabili della meccanica e della elettromeccanica che da qualche decennio trainano la nostra regione ai primo posti in Europa per Pil e occupazione, anche grazie alla esperienza originale dei distretti, il modo con cui si poteva stare nei grandi mercati con l’integrazione di aziende piccole e medie”. “Oggi i nostri giovani- continua Felicori-, sempre più preparati, hanno davanti la stessa sfida, ma su un terreno in parte diverso, quello del digitale, della creatività, della produzione artistica. Una sfida resa più difficile dalle accelerazioni imposte dall’epidemia. Con Incredibol! le istituzioni cercano di creare un ambiente favorevole alle nuove imprese dei giovani industriosi. Buon lavoro!”.

“Vogliamo essere a fianco del settore culturale e creativo del territorio emiliano-romagnolo, oggi in grande difficoltà poiché duramente colpito e fermato più a lungo di altri settori dall’emergenza sanitaria– ha affermato l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla-. Vogliamo premiare le migliori iniziative artistiche e culturali sostenendo al contempo l’occupazione del settore, che impiega in gran parte giovani. La ripresa dopo il lockdown non può prescindere dalla ripartenza delle imprese creative, che rappresentano un tratto distintivo nell’economia dei nostri territori cui continuiamo a guardare con attenzione come importante filiera di sviluppo per creare buona occupazione”

“In questi anni il bando IncrediBOL! è stato un punto di riferimento per il sistema della cultura e della creatività. Con questa nuova edizione vogliamo stimolare la resilienza e la capacità di innovazione di tante realtà che in questi mesi hanno lavorato con grande energia per reinventarsi: l’edizione speciale 2020 di IncrediBOL!, incentrata sull’innovazione legata all’emergenza Covid, è tutta dedicata a loro”, dichiara l’assessore alla Cultura del Comune di Bologna, Matteo Lepore.

Il progetto IncrediBOL!
Coordinato dal Comune di Bologna, e sostenuto dalla Regione in partenariato con soggetti pubblici e privati, IncrediBOL! supporta lo sviluppo del settore culturale e creativo, sostiene l’internazionalizzazione delle imprese creative regionali, realizza attività di orientamento, assegna spazi e immobili di proprietà del Comune di Bologna in comodato gratuito a realtà culturali e professionisti della creatività.
Inoltre, mette in rete informazioni e opportunità attraverso il sito ufficiale www.incredibol.net, organizza eventi (workshop gratuiti, incontri aperti al pubblico, incontri di networking e b2b) e partecipa a progetti speciali, pilota ed europei (reti e attività nazionali e internazionali sul tema delle industrie culturali creative).
Il progetto, inoltre, si avvale di un network di partner pubblici e privati attivi su tutto il territorio regionale che offrono orientamento, formazione, consulenze su misura a seconda delle esigenze.

Ferrara: i lavoratori dell’azienda trasporti SST in sciopero

Da: USB Lavoro Privato – Ferrara

I lavoratori dell’azienda trasporti di Ferrara SST (Società Servizi Trasporti) aderiranno allo sciopero nazionale del settore indetto per giovedì 18 giugno. Lo sciopero per il personale viaggiante si svolgerà dalle ore 11.00 alle ore 15.00.

Uno sciopero indetto su ragioni che accomunano tutti i dipendenti del settore: dalla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e dell’utenza, alla mancanza di misure di sostegno al reddito per i lavoratori nel settore messi in cassa integrazione, all’assenza di una vera politica pubblica nella gestione dei servizi, che rende ingestibile e frammentata la rete del trasporto pubblico.

I lavoratori della SST, Società controllata di TPER, arrivano a questa data dopo mesi di gravi disagi: carenza dei dispositivi di protezione covid, insufficiente sanificazione dei taxibus, copertura della cassa integrazione non garantita per i lavoratori, prospettiva di totale assenza di stipendio per i prossimi mesi estivi soprattutto per il personale del servizio scuolabus. Una situazione intollerabile e inaccettabile per una società che dovrebbe gestire un servizio pubblico con maggiore responsabilità e rispetto per lavoratori e utenti.

La dirigenza della SST, a cominciare dal Direttore Melchiorri Gabriele, agisce con l’unica logica del contenimento dei costi a scapito dell’importanza e del valore pubblico del servizio e dei diritti dei lavoratori: solo così si spiega l’accanimento nel non rispettare gli accordi sindacali, la pessima gestione dei rapporti di lavoro, la scorretta imposizione dell’utilizzo delle ferie, le irregolarità di trattamenti retributivi, il diffuso utilizzo di contratti precari “a chiamata” che scarica il suo peso sul lavoratore, in balia del ricatto della disoccupazione.

La USB, insieme ai lavoratori dell’azienda, con questo sciopero aprono una nuova stagione di rivendicazioni e iniziative per riportare diritti e dignità per tutti e per rendere le condizioni di lavoro e di servizio degne di un paese civile.

COOP SOCIALE IL GERMOGLIO
pubblicato il Bilancio di Sostenibilità

Da: Ufficio Comunicazione Coop Sociale Il Germoglio

La Cooperativa Sociale Il Germoglio pubblica online sul sito http://impattosociale.ilgermoglio.fe.it il Bilancio di Sostenibilità 2019, lo strumento scelto per la rendicontazione del proprio impatto sociale, ora disponibile alla comunità ferrarese per la consultazione e per l’invio di richieste e approfondimenti.

Per Il Germoglio redigere per la terza volta il Bilancio di Sostenibilità è una scelta consapevole convinta. Sottolineiamo in questo modo la nostra partecipazione attiva a quell’impegno globale rappresentato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, cui tutti sono chiamati a contribuire per un futuro sostenibile sul piano economico, ambientale e sociale. Questa vision si è rafforzata al nostro interno in seguito all’emergenza COVID19 e accresce il nostro impegno verso l’analisi dei bisogni e il sostegno alle fragilità, da sempre i pilastri del nostro lavoro.(Sabrina Scida, Presidente Il Germoglio)

L’iter che ha portato alla pubblicazione del documento è stato una sfida gestita internamente per la prima volta da un gruppo di lavoro interno della Cooperativa, composto da 8 persone coordinate dal direttore Biagio Missanelli. L’internalizzazione della elaborazione del Bilancio di Sostenibilità, dal 2016 supportata dalla società Punto 3, è stata una scelta strategica, ma in un certo senso inscritta nel DNA della Cooperativa: quella di ampliare il numero di persone coinvolte nella gestione di informazioni e dati rilevanti per il Germoglio.

Il risultato raggiunto ci riempie di soddisfazione: prima di tutto perché siamo riusciti a presentare il Bilancio di Sostenibilità – che rendiconta gli aspetti non finanziari – insieme al Bilancio economico, risultato che raramente anche imprese molto strutturate riescono a raggiungere. In secondo luogo perché siamo stati proattivi rispetto al DM 4 luglio 2019, che, superando la normativa regionale, dal 2021 rende obbligatoria per tutte le Cooperative Sociali a livello nazionale la pubblicazione del Bilancio Sociale. Il Bilancio di Sostenibilità è una specie di Bilancio Sociale ma molto più grande, che guarda a tutte e tre le dimensioni della Sostenibilità: economica, sociale e ambientale.(Biagio Missanelli, Direttore Il Germoglio)

Grazie a questo innovativo processo interno, Il Germoglio potrà così realizzare il Bilancio di Sostenibilità su base annuale, come appunto reso necessario dalla obbligatorietà della normativa; ma la Cooperativa lavora su un set di indicatori molto più ampio e sta rafforzando il dialogo e il coinvolgimento dei propri stakeholder (clienti, fornitori, istituzioni, ecc.) per sviluppare e rendere sempre più ampie le ricadute sul territorio dal punto di vista della sostenibilità economica, sociale e ambientale.

È proprio sulla sostenibilità che si concentrano, ai tempi del Coronavirus e del distanziamento sociale, le nostre riflessioni. Sostenibilità intesa come capacità di essere presenti, qui ed ora, quanto mai attivi e responsabilmente vicini alle necessità pressanti del territorio, delle famiglie, sia di quelle che vivono i nostri servizi educativi, le nostre diverse attività, sia di quelle di ognuno di noi, soci e lavoratori del Germoglio. Questa attività e questa responsabilità sono state, del resto, il motore che ha permesso di portare a termine il Bilancio di Sostenibilità che vi invito a consultare online. (Carla Berti, Vice Presidente Cooperativa Il Germoglio)

Sospensione temporanea della circolazione stradale

Da: Comune di Bondeno

Via Dazio chiuderà per lavori urgenti programmati dal Consorzio di Bonifica di Burana, comportando una serie di misure di variazioni alla circolazione stradale. Il comando della Polizia Municipale dell’Alto Ferrarese ha predisposto infatti un’apposita Ordinanza per la chiusura di Via Dazio, nel tratto compreso tra la frazione di Santa Bianca e l’intersezione che la via di comunicazione forma con l’ingresso al Polo Sanitario del Borselli. Una chiusura che scatterà da lunedì 22 giugno, con l’avvio del cantiere del Consorzio di Bonifica che sarà necessario per il rifacimento della facciata della chiavica idraulica situata a ridosso del corso del fiume Panaro (si veda Planimetria allegata). Contestualmente, il Consorzio ha predisposto la posa in opera di alcuni pali di fondazione, che serviranno per il rinforzo arginale in corrispondenza del ponticello che si trova nel complesso idraulico. Un intervento piuttosto delicato, insomma, affidato dal Consorzio di Bonifica alla ditta CAM Perforazioni Srl di Pesaro, e che ha comportato la decisione dell’interdizione al traffico di Via Dazio per tutta la durata del cantiere, che dovrebbe arrivare a conclusione il 31 luglio 2020. La chiusura della via prevede alcune deroghe parziali per i residenti, i mezzi diretti ai fondi agricoli della zona. Per i quali, inevitabilmente, il percorso cambierà: i residenti potranno farlo, ma a condizione di percorrere la Sp 9 per Casumaro fino all’abitato di Santa Bianca, dove dovranno poi percorrere l’argine del Panaro in direzione Bondeno. Per tutti gli altri cittadini che utilizzano abitualmente Via Dazio come via alternativa per raggiungere Casumaro o Cento, la strada sarà invece interdetta fino a lavori ultimati. Saranno ammessi al transito i veicoli funzionali al cantiere, ed i mezzi di soccorso e polizia. L’apposita Ordinanza predisposta dagli uffici della Polizia Municipale prevede che le variazioni intervenute nella circolazione stradale siano adeguatamente segnalate, così come la presenza del cantiere e di eventuali ingombri presenti sulla carreggiata, e questo per tutta la durata delle operazioni. I lavori, come per il restauro della Botte Napoleonica avvenuto circa un anno fa, si rendono necessari per implementare la sicurezza idraulica di un territorio da sempre caratterizzato dalla presenza di numerosi corsi d’acqua.

ABBATTERE STATUE E’ COME BRUCIARE I LIBRI
La memoria di un popolo non si può cancellare

Erano i primi mesi del 2015 quando l’Isis dichiarò guerra al patrimonio archeologico mondiale distruggendo le opere esposte nel museo di Mosul.
Tutto l’anno durò il massacro perpetrato dallo jihadista Stato Islamico: la distruzione delle antiche mura della città di Ninive, delle statue leonine alle porte di Raqqa in Siria, della Porta di Dio a Mosul, fino alla distruzione delle colonne a Palmira, e la lista potrebbe continuare.
La furia iconoclasta porta sempre al medioevo della mente e della cultura, al fanatismo delle fedi, alle anguste visioni del mondo, all’oscurantismo dell’ignoranza.

Ora le manifestazioni di piazza abbattono le statue, come se strappando le pagine di storia se ne potesse cambiare la narrazione. È ciò che abbiamo visto accadere al tramonto di regimi dittatoriali ad opera delle forze vittoriose, come segno di un potere decapitato.
Nessuna manifestazione è più benedetta di quelle contro il razzismo e per i diritti dell’uomo. Ma se l’indignazione e la protesta giungono fino al punto di scaricare la propria rabbia fino ad abbattere le statue, che a giudizio di alcuni costituirebbero la celebrazione di ciò contro cui si sta protestando, allora di fronte alla foga irruenta dei manifestanti è necessario che tutti ci fermiamo a riflettere. Perché abbattere monumenti non è molto distante da bruciare libri in piazza.

Eravamo abituati a manifestazioni che degeneravano nella rottura delle vetrine e in altri atti vandalici, ma l’abbattimento delle statue ci pone di fronte a un fenomeno nuovo, non certo per la storia, ma per il nostro tempo. Subito viene alla mente una considerazione, perché non si è fatto prima? Quelle statue hanno sfidato i secoli. Non si è fatto prima solo perché le coscienze dormivano? È un modo strano di guardare alla storia. Assolvere la propria coscienza, illudendosi che le responsabilità siano anzitutto individuali anziché collettive. Pensare che furono responsabili del colonialismo solo negrieri e mercanti di schiavi è una grande fandonia, perché secoli di civiltà e di ricchezze hanno le loro mani sporche di sangue, e di quei secoli noi siamo i discendenti.

Non serve abbattere le statue, se siamo noi a non cambiare. Il razzismo di oggi è anche responsabilità nostra, e per rendercene conto è sufficiente dare una scorsa al secolo passato e a quello presente. Allora viene da pensare che questa indignazione distruttiva non sia altro che figlia del nostro tempo, una modalità diversa di dar sfogo al populismo e all’ignoranza. Perché dietro a quegli atti violenti contro il patrimonio culturale di un luogo, di una nazione o addirittura mondiale, non si accompagna nessuna riflessione culturale, nessuna considerazione della storia, della narrazione che ha portato alla sua realizzazione, nessuna biografia dell’autore, nessuna considerazione del fatto che monumenti ed altri artefatti fanno degli spazi delle nostre città dei luoghi, anziché dei non luoghi. Molte piazze perderebbero il loro nome, la toponomastica sarebbe un racconto vuoto, senza fatti, avvenimenti, biografie, un luogo vuoto della storia.

Ogni città ha le sue pagine di storia, ogni via, ogni piazza è la convocazione del passato, come il metrò parigino di Marc Augé. L’abbattimento di una statua non è un atto di giustizia, una esecuzione della storia, ma uno sfregio ai luoghi che abitiamo, alla narrazione che altri prima di noi hanno scritto. È un atto da tribunale dell’Inquisizione, è una condanna al rogo, è una condotta tribale, è un imbarbarimento della civiltà e della cultura. È una violenza alla città e alla sua urbanistica, a come siamo e come eravamo. L’abbattimento di una statua non cancella la memoria di un uomo, ma di un’epoca e di un popolo. Se dovessimo fare pulizia delle nostre memorie, temo che ci resterebbe ben poco.

Dobbiamo impedire all’oblio di cancellare ciò che siamo stati, perché la storia dell’uomo non può essere come gli angoli della nostra mente, che contengono ricordi e pensieri che vorremmo dimenticare. La pars destruens ha il suo contraltare nella memoria, che è la pars costruens della storia, l’antidoto culturale contro i nostri errori. L’abbattimento delle statue, come degli idoli dagli altari, i sacrilegi civili, i sacrilegi contro la storia, non saranno mai la catarsi, tanto meno nei confronti del razzismo e delle morti violente, bensì un’altra catastrofe, la soluzione luttuosa di un dramma.

FOGLI ERRANTI
La zucchina

Questa mattina il sole ha fatto spazio tra le nuvole. È un sole bagnato, che si scrolla dopo un’intera notte di pioggia, lampi e tuoni.
Sulla ghiaia, pozze qua e là. La terra è impregnata, l’aria sfumata di fresco.
Nei capienti, larghi vasi, risaltano i fiori enormi e gialli delle zucchine.
Già… Non ho interrato piante ornamentali nei vasi, ma pomodori, cetrioli, zucchine.
Mio marito ha compiuto un ottimo lavoro mescolando nei contenitori terriccio morbido con stallatico e terra già sfruttata. Ha pure intrecciato le canne, tutori per i futuri ortaggi, usando grazia e maestria. Si vede che è un geometra.
L’afa sembra premere e annichilire le pubescenti foglie dei pomodori, quelle palmate e seghettate dei cetrioli, quelle larghe e urticanti delle zucchine, afflosciandole.
La prima cosa che imparai quando ebbi l’idea di impiantare un orto in pieno campo — tanti anni fa, esperienza conclusa — fu che “la terra è bassa”, come recita un proverbio. Ti costringe cioè a piegarti, di gambe e di schiena, e te le spezza. Perché devi rialzarti e riaccucciarti, continuamente.
E mentre sei lì, a pochi centimetri dalle zolle, ti vengono in mente tutti i pensieri del mondo. E mentre t’insudici i guanti e senti le vertebre schioccare e i tendini friggere, non pensi poi più a nulla. Se non alla fatica di vivere.
E non è raro accorgerti di scricchiolare tra i denti un granello di terriccio, finito in bocca chissà come.
Allora un po’ ti chiedi di chi era, quella consistenza. Se fu sempre polvere di rocce sfarinate o polvere di altri esseri, vegetali o animali, vertebrati o invertebrati, esseri terrestri, acquatici o volanti, morti qui o qui trasportati dalle forze della natura. Scorie accumulate a strati, nel corso degli anni, dei secoli, magari ritornate in superficie con lenti sommovimenti d’impasto. Polvere di pelle, pelo, penne, squame, di carne, di ossa, polvere di escrementi decomposti. Polvere anche delle nostre cellule, dei nostri umori e odori, sparse nel camminare come petali di rose durante una processione.
E capisci allora di toccare la tua origine e la tua fine, di sgranocchiarla proprio, di cibartene. Ti senti un tutt’uno con la mota. Pensi ad una ruota: vita per la vita…
Ho così coltivato pomodori, peperoni, insalate, finocchi, radicchi, zucchine, zucche, meloni, cocomeri, melanzane, fragole e patate. Con dovizia, con amore. Quei frutti di terra che poi in bocca hanno un “sapore” — non so se mi spiego — insieme a quello della ricompensa.
E ho imparato ad accudire le piante — io, un tempo cittadina, con non più di tre gerani in vaso sul balcone, sempre asfittici.
E mi è piaciuto — coltivare — nonostante la fatica. Nonostante le piante crescessero diversamente, a fronte di un impegno uguale e costante verso tutte. Un po’ come per le persone.
E s’impara che non puoi cambiare l’anima di un vegetale né di un essere umano. Se è zucchina, non diventerà mai pomodoro. Puoi solo aiutare, affinché abbia il meglio dalla vita e dia il meglio alla vita, nell’involucro che gli è stato dato, sostenendolo con una cura perseverante, e scuotendo la testa se, dopo tanti sforzi, ripiega le foglie, s’accartoccia, si svilisce, stenta, muore.
La dedizione, il supporto, l’amore.
Per una zucchina come per una persona.
Sarebbe tutto molto semplice, vista così. Come l’aforisma ascoltato oggi per radio: se c’è una soluzione, perché preoccuparsi; se non c’è una soluzione, perché preoccuparsi.
Il problema è convincere qualcuno che, solo per un caso o ad opera di un essere superiore — ma non farebbe differenza — il flusso di vita che doveva sbocciare fu convogliato in lui facendolo nascere essere umano, invece di zucchina.
Che ne tragga le debite conclusioni.

(Carla Sautto Malfatto – tutti i diritti riservati)

In copertina: elaborazione grafica di Carlo Tassi