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Finché morte non vi separi è una bugia. Il minimo sindacale. Un amore come il nostro arriva molto più in là. E il tuo lo sento anche da qui. (Giuseppe Sgarbi, Lei mi parla ancora).

Giuseppe Sgarbi e Susanna Tamaro durante la presentazione dei loro libri alla libreria Ibs+Libraccio
Giuseppe Sgarbi e Susanna Tamaro durante la presentazione dei loro libri alla libreria Ibs+Libraccio

La stanza con il caminetto acceso ora silenzioso, la poltrona tristemente vuota, i cappelletti della Katia. Dai lontani baci improvvisi, agli abbracci che non hanno bisogno di parole, oggi Giuseppe si ritrova solo, in compagnia di quei ricordi che fanno venire voglia solo di cullarsi nel passato per non pensare al presente o a un futuro che non si vuole nemmeno.
Lei non c’è più ma resta, ovunque.
Una lunga dichiarazione d’amore, come quelle di altri tempi, come quelle che non si leggono più e che ti lasciano solo la bellezza di quanto meraviglioso possa essere avere provato un sentimento che tutto guida, che tutto conduce, quella dell’ultimo libro di Giuseppe Sgarbi, Lei mi parla ancora, dedicato alla moglie Caterina, scomparsa recentemente. Sempre da troppo (“e tu, dimmi: perché sei andata via? Così presto, poi. Che fretta c’era?, dimmi….”). La meravigliosa ode alla “Rina spaccatutto”, come la chiamavano da giovane, che cambiava tono di voce quando parlava con la figlia Elisabetta, una dolcezza riservata solo a lei, una voce che diventava quella di un padre con Vittorio e quella di una donna con lui, Giuseppe, che aveva abboccato a un amo, felice di averlo fatto, quello gettato da una donna dalla testa lucida, vivida, fulminante. La luce di una vita che ci insegna presto a non fidarsi di lei.
Conosciutisi giovani (“la mattina che siamo saliti sulla corriera il mondo è cambiato. In meno di venti chilometri è cambiato”…), in bilico fra Ferrara e Stienta, Giuseppe e Rina si erano innamorati come in un romanzo di altri tempi, di quelli che si vorrebbero leggere ogni giorno. Lui sa, e romanticamente scrive, che chiunque si avvicinasse a lei avrebbe subito la sensazione che il mondo fosse piccolo. Che solo le loro braccia unite avrebbero formato il compasso che avrebbe disegnato il loro futuro e che tutto ciò che fosse stato compreso nel perimetro di quel cerchio sarebbe stato solo loro. E che, di cerchio in cerchio, avrebbero conquistato il mondo, per non separarsi più. E così sarebbe stato fino a poco tempo fa, sessantacinque anni dopo. Una vita intera. Un silenzio ora, una ghiaia muta nel cortile, una vite priva di foglie e un amaro odore di carburante. Tutto tace. Ora. Non c’è più tempo per abbracciarsi, per scambiarsi sguardi unicamente amorevoli, per dirsi quello che non ci si era detti. Se solo si avessero ancora le gambe forti e giovani per rincorrere e non lasciare andare…. L’ossigeno da solo non può nulla, serve acqua. E quell’acqua, per Giuseppe, era solo Caterina. Pagine tristi, ma avvolgenti e meravigliose, un mondo che entra in punta di piedi in quella storia d’amore tanto riparata quanto discreta. Dolcissimo immaginarsi che tra normali mura domestiche possa scorrere tanto calore. Quasi fiori tra e da pietre, travertino che fiorisce, con un solo piccolo e leggero tocco. Rina, una donna d’altri tempi, non nel senso normalmente dato a questa espressione, ma donna esploratrice del futuro, non certo una prigioniera del passato. E stare con lei non significava cercare un punto fermo intorno al quale mettere radici. Significava correrle dietro. Con la testa prima di tutto. “Quando ci penso”, continua Giuseppe, “mi viene in mente una cosa, letta chissà dove non si sa più quanti anni fa, che dice che chi si concede il lusso di amare una creatura selvatica finisce col guardare il cielo. Una vera forza della natura, questo si’. Impossibile addomesticarti. … se facevi una cosa era sempre le passione. Una passione come una mareggiata: non guardava in faccia nessuno e non si fermava davanti a niente”. Rina era libera nei pensieri, nelle parole, veloce, bella, brillante, infaticabile, retta, logica, ordinata, amante dei viaggi e della vita. Quasi un affresco. Da un incontro senza baci, dove a parlarsi erano state solo le mani intrecciate e gli occhi negli occhi, Giuseppe e Rina avevano iniziato uno di quei giochi che sarebbe stato per sempre. Fianco a fianco, fino alla fine. Una strada illuminata solo da due sorrisi complici e da un amore immenso che faceva girare la testa e poteva sfidare le stelle. E con esse camminare. Perché le cose accadono perché devono accadere.

img_6136Giuseppe Sgarbi, Lei mi parla ancora, Skira, 2016, 118 p.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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