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Mai e poi mai avrei immaginato dei Servitori dello Stato protagonisti di un caso di cronaca di questo livello.
Io ero convinto che fossero tutti come li si vede in tv tipo Nino Frassica o Manuela Arcuri.
Quando mi raccontavano di qualche Servitore dello Stato che infilava coltelli e/o pezzi di fumo in tasca a qualche ragazzino solo per fargli fare un giro in macchina io sono sempre stato scettico e/o convinto di una cosa, proprio come Homer Simpson in quella scena: MELE MARCE.
E se la vita ti ha dato delle mele marce tu prendi allora un bel coltellino e inizi a praticare delle incisioni così da estirpare l’estirpabile e fare una bella marmellatina con quel che rimane.
Magari ci inventi poi una bella barzelletta da aggiungere al nutrito catalogo che da chissà quanti anni ormai fa ridere grandi e piccini qui, in questo bel Paese.
Mettendo però da parte il mio affetto per questi Servitori dello Stato – ci tengo a precisare che è solo per le barzellette – crescendo, ho smesso di chiedermi a cosa serve quella riga rossa che hanno sui pantaloni per passare a chiedermi a cosa possa servire oggidì una forza di polizia già autoinfangatasi – in modo per me indelebile – ai tempi del Golpe Piano Solo.
Sarò io che sono paranoico ma forse, come disse un altro Servitore dello Stato, “tutto ha una fine”, proprio come il compact disc, “la Prova del Cuoco”, la tv col tubo catodico, la carriera sciistica di Tomba la bomba, “Carràmba! Che sorpresa” e chi più ne ha più ne metta.
Non so se questa storia metterà fine a tutti questi anni di carrambate ma forse a questo punto sarebbe il caso di metterci una pezza una volta per tutte.
In fondo ci fanno da anni una testa così con “l’unificazione dei due rami del Parlamento” e forse – chi lo sa – magari – in questo strano 2020 – avrebbe più senso snellire/unificare/tagliare qualcos’altro.
Io sono certamente un povero stronzo (e le mie possono sembrare farneticazioni buone giusto come scusa per mettere di nuovo su gli Impact mentre scrivo queste righe) ma è interessante notare che parole con un tono abbastanza affine al mio vengono anche da persone molto più amiche delle guardie (cit.) di me.
Ma vabbé, buona settimana.

Eroi (Impact, 1984)

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Radio Strike


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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