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Io mi chiamo Albertino Canali, abito in via Santoni Rosa di fronte alla casa dei Del Re.
I Del Re sono molto conosciuti a Pontalba per vari motivi. La signora Anna faceva la maestra e ha avuto a scuola intere generazioni di Pontalbesi che la ricordano con piacere perché era brava e creativa. Inventava per i bambini problemi da risolvere di varia natura e li portava spesso al museo per consultare  documenti e reperti storici. Il professore, suo marito, era un’autorità del paese e le loro tre figlie: Costanza, Rachele e Cecilia sono davvero “in gamba”. E’ l’unica famiglia di Pontalba in cui ci sono tre sorelle  così particolari. Io le conosco da sempre. Rachele se ne è andata da molti anni perché ha trovato lavoro a Torino, ma Costanza e Cecilia vivono ancora nella vecchia casa di via Santoni, dove sono nate, e io le vedo spesso.
Quando erano piccole la loro casa bruciò, i miei genitori che avevano gli estintori perché facevano i trebbiatori, provarono a spegnere l’incendio, ma le fiamme causate dalla nafta in combustione erano così alte che non ci fu nulla da fare. Si dovettero aspettare i pompieri. Le autobotti rosse ci misero molto tempo ad arrivare. Si erano perse tra i campi della pianura Lombarda in una tremenda sera di nebbia. Poi finalmente arrivarono e spensero quel maledetto fuoco.  Fu un grande spavento per tutti coloro che lo videro quella notte e  anche per tutti coloro che sentirono raccontare l’accaduto il giorno dopo. Fa paura ancora adesso, a ripensarci.

Cecilia è la mia sorella Del Re preferita, Costanza è bella e intelligente, ma troppo strana. Ogni tanto tenta di istruirmi e di spiegarmi cose che lei ritiene fondamentali. Il problema è che io non riesco a capire perché lei le ritenga tali. Non avrei mai potuto innamorarmi di lei, nemmeno quando aveva vent’anni e piaceva a tutti. Ad esempio: per quale motivo Costanza dice con molta convinzione che bisogna coltivare i cespugli di ortensie? E’ forse che le ortensie allungano la vita? Producono semi o frutti salutari? Sono commestibili? Sono profumate? Si possono utilizzare per produrre pigmenti, tessuti, legno, materiali decorativi? No, niente di tutto ciò. Costanza dice che bisogna coltivare le ortensie semplicemente perché sono belle. A me però non sembrano belle, mi piacciono molto di più le rose e le margherite.

Una donna testarda la signora Costanza.  Cosa centro io con questa storia delle ortensie? A me non piacciono. Una volta mi sono azzardato a dirglielo e lei mi ha guardato di traverso con gli occhi ridotti a due fessure e ha anche sussurrato qualcosa fra i denti. Secondo me ha detto tra sé e sé “che tristezza” … ma non ne sono sicuro.
A casa mia non ci sono questi fiori, ma nel cortile dei Del Re ce ne sono due grandi cespugli. Uno fa enormi fiori color celeste  e uno li fa rosa. Costanza mi ha detto che le due piante sono distanziate perché altrimenti si ibridano e i colori cambiano.Mi ha anche detto che una delle cose che rovina maggiormente lo scolorimento di una ortensia “macrophilla blu” è il passaggio intermedio al porpora, prima di giungere al lilla/rosa. Secondo lei è una cosa bruttissima e quasi scandalosa.

A me non importa nulla del colore delle ortensie, ma non glielo posso dire.
Una mattina mi ha interrogato: “ Ma perché i petali di un ortensia cambiano colore?”
“E io che ne so” le ho risposto.
“Beh intanto non sono petali! Sono sepali, questi cambiando colore sostituiscono la funzione dei petali!”
“E allora?” dico io “che differenza fa?”
“Spesso le piante che non riescono a produrre petali li sostituiscono con sepali o foglie colorate (bratee), ma il processo di colorazione di queste parti è diverso da quello necessario per i petali, ed ogni specie ne ha sviluppato uno suo.”
“Davvero interessante” dico. Ma in realtà quasi mi vien da piangere. Adesso ci mancavano solo i sepali.
Poi prosegue: “Una delle cause più frequenti di alterazione del ph avviene durante l’irrigazione”.
“Come no” dico (“signore liberami da questa Del Re”, penso)
“Per esempio:  nel nostro cortile se irrighiamo con l’acqua presa dal pozzo, le piante stanno benissimo, se irrighiamo con l’acqua potabile il ph si alza e tende a diventare più neutro. Capito?”
“Che informazione utile”
E lei imperterrita: “Le ortensie piccole, in vasi con poca terra, sentono prima il cambiamento ed ecco che i coloro cambiano.”
“Wow!” dico (“Siamo arrivati alla fine della storia” penso).
Tiro un sospiro di sollievo ma sto attento a non farmi scorgere perché gli occhi di Costanza sono come periscopi che individuano i microbi sui fondali marini. Trova e vede tutto.
Questa storia delle ortensie è un esempio della stranezza di Costanza. Considera importanti cose inutili, che non interessano a nessuno, che non sa nessuno.

In questo nostro modo di discorrere c’è sicuramente qualche problema. E’ come se fossimo in due mondi paralleli. Io sto davanti a lei, seduto sul muretto di casa mia perché mi piace quel posto e l’aria fresca della mattina. Lei sta sulla porta di casa sua e lascia il cancello semiaperto in modo che io veda tutta la bellezza dei suoi cespugli. Non si è mai  rassegnata al fatto che io non colga la poesia delle ortensie.
Regna l’incomunicabilità. Io le voglio bene comunque e penso valga anche viceversa. Ma noi non ci diciamo quasi nulla pur parlando. Parliamo perché siamo vicini di casa. Se mai mi troverò una fidanzata devo stare molto attento a che non assomigli a Costanza Del Re. Sarebbe la mia fine. O meglio, fisicamente può andare, non è affatto brutta, ma non può andare quel che dice. Come potrei mai stare con una donna che parla della bellezza delle ortensie come se fosse un argomento di vitale importanza? Io non trovo nulla di essenziale nel colore dei fiori di ortensia.

E’ forse che le ortensie fanno qualche sport? Si interessano di politica? Sanno quanti soldi ha speso il parroco per restaurare le campane? Ma nemmeno per sogno.  Le ortensie sono ortensie e se vuoi parlare di loro devi parlare delle sfumature di colore, della luce, dell’aria, del vento, dell’ acqua e di questo ph che io non so esattamente cosa sia. Non mi fido a chiederglielo perché lei potrebbe inorridire e decidere seduta stante che mi deve spiegare tutta la storia di questo ph.  Così, oltre alle ortensie,  mi imbatto in un altro argomento di cui non mi interessa nulla. Io una moglie come Costanza non la vorrei.  Non si sa cosa desideri, come veda la vita, cosa pensi della malattia  e della morte, nemmeno esattamente cosa pensi di Dora,  la nostra vicina che è morta di Covid-19 quest’inverno. Dice solo che bisogna portare dei fiori sulla sua tomba. E’ andata al cimitero con sua nipote Rebecca, le ho viste uscire insieme. Non mi sono azzardato a chiedere che fiori bisognerebbe portare sulla tomba di Dora, tanto lo so che mi avrebbe risposto di portare le ortensie (forse blu o forse rosa oppure anche quelle bianche).
E pensare che Costanza scrive, balla, fa pilates, guida come un pilota di Formula Uno. Ma lei non vuole parlare di quello che fa … lei vuole spiegarmi tutto di ‘ste maledette ortensie.
Povero me. Alla fine mi viene sempre da pensare la stessa cosa. Che la signora Anna doveva chiamare Costanza Ortensia. Un nome, una storia, una vita, un destino. Io non so nulla di ortensie, ma ho una certezza: era meglio che Costanza si chiamasse Ortensia.

Io mi chiamo Albertino Canali sono il vicino di casa Di Costanza-Ortensia, le voglio bene ma non la potrei mai sposare e comunque lei non vorrebbe sposare me perché non si può stare insieme senza poter parlare di cose che piacciono a entrambi. E lei vuole parlare di ortensie.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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