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Un tempo, a fine/principio d’anno, varie erano le occasioni per offrire doni ai bambini: S. Nicola, Santa Lucia, la vigilia, il primo gennaio. Oggi è Babbo Natale che domina la scena. A capodanno, i nostri vecchi ci tenevano molto: il buon anno veniva porto dai maschi che, in cambio degli auguri, ricevevano omaggi in natura: uova, verdura, frutta.
Dalle nostre parti i regali arrivavano dalla Befana (6 gennaio), e qualcosa pure dal Befanone (17 gennaio), ovvero da la vecia e dal vción.

Un’altra usanza tipica delle campagne nostrane era la Vciada, una recita più o meno improvvisata che si svolgeva nelle prime settimane dell’anno nei cortili, nelle stalle, sotto i portici e, quando era possibile, in salette parrocchiali o teatrini. Lo scopo, oltre a divertire e divertirsi, era di raccogliere qualche salame, vino, formaggi, da consumare poi in allegra compagnia con la gente del posto.

I personaggi, che variavano secondo il numero degli “attori”, erano introdotti dal Presentadór (dit anch al Sfazà). Potevano esserci: Calzulàr, Cuntadìn, Cavadént, Fàvar (fabbro), Magnàn e/o Stagnìn, Mediatór, Moléto (arrotino), Padrón e Padróna, Pret e Ciarghìn, Sant’Antoni (S. Antonio Abate), Saracàr (quel c’al vandéva ill saràch, sarde sotto sale), Sunadór, ecc.
Altre figure rappresentavano ricorrenze del calendario: L’ann već, l’ann nóv, Carnvàl (o Cranvàl), Quarésma, Pasqua, Nadàl…

Gli ultimi spettacoli locali sono stati effettuati dalla compagnia “Esperia” di Portomaggiore e dalla compagnia “Briciole di Teatro di Ferrara” condotta da Luciano Basaglia. Di quest’ultimo gruppo riportiamo la filastrocca che proponeva “S. Antoni dal buśghìn” nel bel mezzo della Vciada, in serate nei Centri Sociali.
Auguri di buon anno.
Ciarìn

Bonànooo!… 

Bonànooo!…
Sgnóra Padróna,
la méta la pitóna!
La la méta béη béη
che st’altr’ann a turnaréη.
A turnaréη coη la cariola
a purtàr via vostra fiòla;
a turnaréη col cariulón
a purtàr via vòstar nunóη!
La guarda int al castìη
che la tróa di luvìη.
La m’iη daga zinquànta
ch’a m’iηpinìs la panza;
la m’iη daga duśént
ch’a vagh via più cuntént!
Bonànooo!!…

Bonànooo!… (trad. dell’autore)
Buon anno!… / Signora padrona, / metta (a covare) la tacchina! / La metta ben bene / che l’anno prossimo torneremo. / Torneremo con la carriola / a portar via vostra figliola; / torneremo col carriolone / a portar via vostro nonno! / Guardi nel cassettino / che troverà dei lupini. / Me ne dia cinquanta / che mi riempio la pancia; / me ne dia duecento / che vado via più contento! / Buon anno!!…

 

 

Tratto da: Vincenzi, A. Ridolfi, F. Guidetti, Vocabolario italiano-ferrarese, in appendice proverbi tipici del dialetto ferrarese per ogni mese dell’anno, Ferrara, Cartografica, 2007.

 

 

 

Sant’Antoni

Mi a sóη Sant’Antoni e i diś ch’a port furtùna,
ma chì par i puvrìt a n’iη va mai bén una,
a són al protetór d’ogni animàl
però am è più simpatich al maiàl.
La mié benedizióη la viéη źó dal ziél
la ciàpa quéi normài e quéi senza zarvèl.
Mi a banadìs tuti, specialment ogni animàl,
padrùη, sumàr, mul e anch al cavàl.
La benedizióη la sarà d’sicùr più bona
se a la fin am darì uη salàm e na pitóna,
se al salàm iηveηz al sarà piculìn
la benedizióη la cuntarà propia puchìη.
J’am mét sui lunàri d’ogni cuśìna
però mi am truvarìa mej la źó in cantina.
A pòrt i sàndal senza calzìt
e a banadìs i sgnùr e anch i puvrìt.
E intant che a digh n’Ave Maria
dem mo da bévar che po’ a m’iη vagh via.
Dèmal bel piη, rós sćèt e bóη
se a vli ch’la dura sta benedizión.
Amen.

Sant’Antonio
Sono Sant’Antonio e dicono che porti fortuna, / ma qui per i poveretti non ne va mai bene una, / sono il protettore d’ogni animale / però mi è più simpatico il maiale. / La mia benedizione vien giù dal cielo / prende quelli normali e quelli senza cervello. / Benedico tutti, specialmente ogni animale, / padroni, somari, muli e anche il cavallo. / La benedizione sarà di sicuro più buona / se alla fine mi darete un salame e una pitona, / se il salame invece sarà piccolino / la benedizione conterà proprio pochino. / Mi mettono sui lunari d’ogni cucina / però mi troverei meglio laggiù in cantina. / Porto i sandali senza calze / e benedico i signori e anche i poveretti. / E intanto che dico un’Ave Maria / datemi da bere che poi me ne vado via. / Datemelo ben pieno, rosso schietto e buono / se volete che duri questa benedizione. / Così sia.

 

 

Tratto da: La Vciada, testo di autore anonimo, a cura di Suleyka Neri e Luciano Basaglia, trascritto in dialetto da Floriana Guidetti, Ferrara, 2007.

 

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia, esce ogni 15 giorni al venerdì mattina. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui] 

Cover: La Vciada a Contrapò nel 1987. Foto Cine Club “Il Girasole” – Voghiera

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Ciarin


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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