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Molti i poeti che hanno cantato nel nostro vernacolo il grande fiume:  Vito Cavallini, Giacomo Cenacchi, Silvano Ferrari, Gianni Forlani, Gianni Goberti, Nadio Maietti, Gian Paolo Masieri, Antonio Mezzogori, Augusto Muratori, Francesco Pantaleoni, Bruno Pasini, Marisa Pitteri, Nino Tagliani, Gigi Vincenzi, Bruno Zannoni e altri ancora.
Liana Medici Pagnanelli omaggia “al mié Po”, quando era limpido e scorreva fra una “gran scaviàra” di vegetazione. Incantata dalla forza dell’acqua e dal ritorno della quiete dopo una piena, l’autrice sogna “d’èsar ‘na góza ‘d cl’aqua” e farsi cullare andando verso il mare…
(Ciarìn)

Liana Medici Pagnanelli, Il Sasso, collezione privata

Al Po

Echl’ al mié Po, uη nàstar d’aqua ciàra
ch’al s’intréza e ‘l cór fra ‘na graη scaviàra
ad siév, ad piòp, ad salaś e rubìη
chi ‘gh crés e i s’agh multìplica d’avśìη.
Mo cum ch’l’è bèl, lì, chìét int al sò lèt,
(quand ch’an agh prila ‘d fàras uη qualch dzpèt)
che sól alóra a par ch’al dvénta brut,
sćiumànd al ruź e a par ch’al spaca tut.
Pasà la ràbia, la pina e l’aluvión,
eco ch’al torna a scórar quiét e boη
purtànd in mar con l’aqua i sò segrèt
ch’l’ha sunà su par strada in tant dialèt.
Mì, che dal Po a són iηnamurà
e in pèt a lu’ am sént cumè iηcantà,
am piaśrév tant, ‘na volta, par pruàr,
d’èsar ‘na góza ‘d cl’aqua
e… andàr… andàr… andàr…

Il Po
Eccolo il mio Po, un nastro d’acqua chiara / che si intreccia e corre fra una miriade / di siepi, pioppi, salici e robinie / che crescono e si moltiplicano vicino. / Ma come è bello, lì, quieto nel suo letto, / (quando non gli gira di farci qualche dispetto) / che solo allora pare diventare brutto, / schiumando ringhia e pare spacchi tutto. / Passata la rabbia, la piena e l’alluvione, / ecco che torna a scorrere quieto e buono / portando in mare con l’acqua i suoi segreti / che ha radunato per strada in tanti dialetti. / Io, che del Po sono innamorata / e di fronte a lui mi sento come incantata, / mi piacerebbe tanto, una volta, per provare, / essere una goccia di quell’acqua / e… andare… andare… andare…

Tratto da: Liana Medici Pagnanelli, Alfio Finetti, Do sfurca ‘d nus! : poesie, ballate, canzoni, racconti, Ferrara, Casa Editrice Alba, 1982. Con audiocassetta.

Liana Medici Pagnanelli (Copparo 1930 – 1992)
Inizia la sua attività artistica nei primi anni ‘70, come pittrice. Viene premiata in vari concorsi a Roma, Napoli, Milano, Bologna e Ferrara. Sono del 1973-74 le prime composizioni poetiche in italiano. Successivamente si rivolge al dialetto per meglio esprimere la propria sensibilità. Numerosi I riconoscimenti in campo nazionale. Altre pubblicazioni: Atmosfera padana (199?), Cupar: i so’ paes e la so’ zent (1984). Varie le filastrocche e le poesie in lingua, pubblicate da giornali, riviste, associazioni culturali.

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia, esce regolarmente ogni venerdì.
Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui]

Cover: Liana Medici Pagnanelli, Il Sasso, collezione privata

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Ciarin


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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