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Con ironia e senso dell’umorismo l’autore esprime un disagio nello sfogliare le pagine del giornale e, evitando i necrologi, si consola considerando che, per ora, non lo riguardano. Ma non basta: c’è sempre chi informa, con particolari disturbanti, che amici o conoscenti o vicini sono passati a miglior vita. Ci sono poi gli annunci funebri appena fuori casa. Meglio quindi trovare un luogo tranquillo dove passeggiare in pace…
(Ciarìn)

Al sat chi è mort?

Da la paùra ach gh’ò d’sàntiram mal
an sfój più gnaηch ill pàgin dal giurnàl;
quéla di necrològi, specialmént,
aη la voi védar, mó pròpi par gnént;
e se par caś am scàpa un òć su quéla,
póvr’al mié stómagh, ahi, cóm al bruntèla
int al nutàr la foto d’uη ch’a cgnós.
Am s’alza la presión, a dvént tut rós
s’a véd la fàza d’uη mié vèć amìgh
e par cuηsulazión, alóra, am digh:
“Mo l’éra purasà più vèć ch’né mi”
(aηch s’an è briśa véra, am digh acsì!)
e a guàrd col fià suspéś, quaśi in afàn,
quant jéra (sperànd tanti!) chi sò ann.

Mo aηch se la nutìzia am tiéη lugàda
a gh’è sémpar qualcdùη che iη źir par stràda
l’am férma pr’iηfurmàram cun traspòrt:
Al sat di nostr’amìgh, ajér, chi è mort?”
e vié ch’al m’cónta (e t’an al pó farmàr!)
dla so agunìa i particulàr;
mo mìna al s’férma chi, aηzi al va avanti
int al far l’eléηch (mo mama, quanti!)
ad tuti quéi che int j’ùltim témp j’è andà
(séηza che mi al savés) a fnir là d’là.

E se mi a scaηs st’al tip, stà pur sicùr
che apéna fóra ‘d ca’, tacà sul mur
a tróv al manifèst listà dal lut
dl’avśìη ch’l’è mort stanòt: e tant salùt!
A jò capì: par star un póch iη paś
a dév andàr indóv che tuti i taś,
indóv aη gh’è giurnàj, né tant pasànt:
a jò d’andàr a spas int al Campsànt!


Lo sai chi è morto? (traduzione dell’autore)

Per la paura che ho di sentirmi male / non sfoglio più nemmeno le pagine del giornale; / quella dei necrologi, specialmente / non la voglio vedere, ma proprio per niente; / e se per caso mi sfugge un occhio su quella, / povero il mio stomaco come brontola / nel vedere la fotografia di uno che conosco. / Mi si alza la pressione, divento tutto rosso / se vedo la faccia di un mio vecchio amico / e per consolazione, allora, mi dico: / “Ma era molto più vecchio di me” / (anche se non è vero, mi dico così!) / e guardo col fiato sospeso, quasi in affanno, / quanti erano (sperando tanti!) quei suoi anni. /

Ma anche se la notizia me la tengo nascosta / c’è sempre qualcuno che in giro per strada / mi ferma per informarmi con trasporto: / “Lo sai dei nostri amici, ieri, chi è morto?” / e via che mi racconta (e non lo puoi fermare!) / i particolari della sua agonia; / ma mica si ferma qui, anzi va avanti / nel far l’elenco (ma mamma, quanti!) / di tutti quelli che negli ultimi tempi sono andati / (senza che io lo sapessi) a finire di là. /

E se io scanso questo tizio, sta pur sicuro / che appena fuori di casa, affisso al muro / trovo il manifesto listato a lutto / del vicino che è morto ‘sta notte: e tanti saluti! / Ho capito: per stare un poco in pace / devo andare dove tutti tacciono, / dove non ci sono giornali, né tanti passanti: / devo andare a spasso nel cimitero!

 

 

Tratto da: Antologia del XXIX Premio di poesia dialettale “Poetar Padano”, Carpi, Associazione Culturale Il Portico, 2018.


Bruno Zannoni
(Bagnacavallo 1940)
Nato in Romagna, vive da decenni a Ferrara. Scrive in dialetto romagnolo e ferrarese, con premi e riconoscimenti nei concorsi nazionali. Altre informazioni nel Cantón del 1 maggio 2020 [Qui]

 

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia,
esce ogni 15 giorni al venerdì mattina. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui]

Cover: Mattina al camposanto, foto di M. Chiarini.

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Ciarin


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “giornale” .

Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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