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Il 2014 sembra profilarsi all’orizzonte sulla spinta di due tendenze contrapposte: da una parte le dinamiche del ripiegamento, del rancore, della radicalizzazione, del rifiuto dell’immigrazione; del risentimento; dall’altra quelle del rispetto, della solidarietà comunitaria, del comportamento civile. Lo afferma il recentissimo rapporto Swg-Media Lab “Scenari di un’Italia che cambia”, diffuso in questi giorni.
Il quadro generale resta pessimo: le insufficienze e le anomie in cui versa l’Italia resta soffocante; l’opinione pubblica è schiacciata non solo dalla crisi economica, ma anche dal vuoto di futuro e di società che pervadono la nostra realtà.
Eppure c’è una nuova domanda sociale che, secondo l’indagine della Swg, si manifesta insieme alle disillusioni, compresa quella nelle capacità salvifiche dei tecnici nel governo della cosa pubblica e di tutta la classe dirigente italiana (non solo quella politica). Una domanda fatta non solo di difesa e rinnovamento dello stato sociale, ma anche di rafforzamento dei legami sociali, del prendersi cura delle persone. Una dimensione nella quale non mancano l’apertura alle tecnologie, alle tematiche ambientali ed alla cultura del riciclo.
Rispetto, comportamento civile, onestà fanno parte di una cultura senza la quale non si va da nessuna parte. Di un cambiamento di mentalità che dovrebbe essere patrimonio prima di tutto della classe dirigente in generale e dei politici in primo luogo. I segni dell’insofferenza e del disagio sociali sono molti e inequivocabili – si vedano ad esempio gli assalti alle sedi del Pd a Roma in questi giorni, ma anche le sempre più numerose proteste davanti ai palazzi del potere, dai disoccupati della Sardegna ai malati di Sla – e la gente è stanca di parole alle quali non segue nessun atto concreto di cambiamento. Alla stanchezza può seguire la rivolta in forme e modi imprevedibili e difficilmente controllabili. Chi ha responsabilità deve stare molto attento per evitare tragedie.
Quel che viviamo è un tempo difficile, che ha le sue radici ben prima del ventennio berlusconiano – che ha contribuito non poco ad aggravare la situazione – se è vero che già trent’anni fa il 18° rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese esortava a un cambiamento di mentalità, a cercare una nuova combinazione di valori su cui fondare l’esistenza, a spostare le coscienze. Oggi ce lo sta dicendo – con molta chiarezza – Papa Francesco. Siamo avvertiti.

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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