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Presentato oggi il documentario sulla compagnia dialettale La Straferrara: una straordinaria avventura di 90 anni, memoria storica da salvare. Abbiamo incontrato Stefano Duo, il suo ideatore.

Conferenza stampa 6 aprile 2023, sala dell’Arengo della residenza municipale di Ferrara ( foto Valerio Pazzi)

Una compagnia teatrale dialettale affiatata e unita che ha oltre 90 anni, un successo dopo l’altro per un caso unico in Italia: la stessa famiglia l’ha gestita fin dalla sua creazione.

È la Straferrara. Fondata il 14 agosto 1931 da Ultimo Spadoni, Mario e Piero Bellini, Renato Benini, Leonina Guidi Lazzari, Arnaldo Legnani, Umberto Makain, Norma Masieri, Erge Viadana, lo stesso anno, il 3 settembre debutta al teatro dei Cacciatori di Pontelagoscuro con la commedia Padar, fiol e …Stefanin e la farsa L’unich rimedi, scritte entrambe da Alfredo Pitteri. Da allora, con un esordio da ‘tutto esaurito’ e un incasso di 716 lire, inizia la carriera di questa fantastica avventura: si calcano i palcoscenici del cinema-teatro Diana, dei teatri Nuovo e Verdi di Ferrara fino a quelli del Rasi di Ravenna, del Duse di Bologna e del Regio di Parma.

Durante la Seconda Guerra Mondiale la compagnia continuò la propria attività, pur sotto le incursioni aeree: il 23 aprile del 1945, la Straferrara fu sorpresa dalla prima granata caduta sulla città al teatro Diana dove stava rappresentando A la bersagliera, di Alfredo Pitteri. Portava lo svago agli sfollati in provincia e cercava di mantenere alto il morale di una popolazione stanca e provata. Onore al merito!

Nelle cronache di quel periodo molto citata e apprezzata è ‘Cici’ Rossana Spadoni, figlia del fondatore della compagnia, che a cinque anni era considerata una bambina prodigio, chiamata la Shirley Temple italiana.

‘Cici’ Rossana Spadoni

La Straferrara approdò a Roma nel luglio 1942 per il concorso nazionale delle compagnie minime di prosa svoltosi al Teatro delle Arti dove presentò due opere in lingua: Fuori dal nido, di Eligio Possenti e L’ombra, di Dario Niccodemi. Un buon risultato la fece annoverare tra le compagnie sovvenzionate dallo Stato. In occasione della trasferta la scrittrice Flora Antonioni dedicò a ‘Cici’ Rossana Spadoni una delle sue “lettere romane” che scriveva per Il Resto del Carlino. Una recita, in cui scrive, “fai piangere gli uomini perché sei davvero un’attrice, un’attrice nata che giustamente vuol fare cinema e quando ti troverai a recitare di fronte a un regista, anche il più glaciale del mondo, lui dovrà cercare il fazzoletto per asciugarsi una lacrimuccia e ti prenderà in braccio, commosso, per dire che sei una stella. Un’italianissima stella”.

I successi continuano: il primo premio assoluto al concorso regionale dei complessi dialettali emiliani al teatro comunale Giuseppe Verdi di Busseto (1963), un premio alla rassegna nazionale di Faenza al teatro Masini (1963), fasti rinnovati dalla direzione di Beppe Faggioli, genero di Spadoni (marito di ‘Cici’), che vi subentra nel 1966.

  • Ricordiamo anche il premio Masi-Recchi ricevuto dalla Camera di Commercio locale (1976) e un premio alla carriera attribuito Beppe Faggioli dall’Associazione Stampa di Ferrara (1996). Passando per il 1992 (anno in cui la compagnia porta alla luce, al Teatro Comunale di Ferrara, Madonna Frrara ch’è vvgnù in Villa, un manoscritto di ignoto del XVII secolo che giaceva ignorato nella Biblioteca Estense di Modena dove fu trovato tra carte inedite estensi dal prof. Alfonsi Lazzari) fino ai giorni nostri (l’ultimo spettacolo è Pez da 90, rappresentato al Comunale di Ferrara a novembre 2022).

Oggi, a raccontare questa compagnia dialettale un documentario,90 anni di applausi – La Straferrara”, diretto da Mattia Bricalli e ideato da Stefano Duo, che ha vissuto la compagnia negli ultimi venti anni. Stefano, cantante, chitarrista e attore, vuole soprattutto rendere omaggio a ‘Cici’. È il suo regalo.

Gli abbiamo chiesto come ha iniziato il suo idillio e bel sodalizio con La Straferrara, come è nato il progetto e con quali motivazioni e obiettivi.

“Quando giravano a Ferrara molte produzioni chiamavano la compagnia”, ci dice Stefano Duo, “Nel 2003, mi trovavo sul set di Baciami piccina, di Roberto Cimpanelli, avevo una piccola parte, una figurazione speciale e interagivo con Neri Marcorè. Non pensavo di certo a fare teatro, non ho memoria, ho sempre ritenuto che sia meglio il cinema, si girano piccoli pezzi e poi si montano. ‘Cici’ Spadoni si trovava lì e, vedendomi, ha chiesto di me. Voleva che facessi parte della compagnia. Le ho detto che proprio non me la sentivo, ma mi ha obiettato che avevano il suggeritore e che non mi dovevo preoccupare. Da allora ho iniziato a recitare con la compagnia e dopo un anno avevo all’attivo sei commedie. Mi hanno accolto a braccia parte, oggi vi sono veramente affezionato”, conclude.

Il progetto di raccontare questo percorso così importante per la città nasce non solo dall’affetto e dalla stima per la persona di ‘Cici’ Spadoni ma anche per la volontà di valorizzare l’immenso patrimonio che la signora detiene. “’Cici’ ha tutti i calendari degli spettacoli, i registri scritti a mano, con le parti, gli attori e i loro compensi, dal 1933. C’è la storia, racchiusa in questi documenti”, ci racconta, “tutti i carteggi sono tenuti da lei, si trovano a casa sua. Vanno conosciuti e preservati”.

 

“Alla compagnia, poi non è mai stata data una sede”, ci dice Stefano Duo, “ma è una vera istituzione e meriterebbe un valido riconoscimento, chissà che con il documentario non si apra qualche strada…”. Dietro ci sono quindi anche l’idea e la speranza che l’amministrazione comunale ne voglia fare un piccolo museo. Si tratta di un patrimonio della città. E, non da ultimo, il desiderio che alla compagnia si voglia, finalmente, dare una sede.

“Il sogno sarebbe anche quello di uscire da Ferrara”, continua, “di portare il dialetto ai giovani, e poi questa attività è fatta non solo di tanto palcoscenico ma anche di scuola”. E di scuole che fanno teatro dialettale, a parte la Tréb dal Tridèl, Cenacolo di Cultura dialettale ferrarese fondata, nel 1980, da Roberto Musacchi, non ve ne sono molte.

Prima del Covid, alla Sala Estense, da dicembre a marzo, ogni domenica pomeriggio vi era uno spettacolo della Straferrara. Ricordiamo anche noi i cartelloni colorati. L’epidemia ha fermato e rallentato tutto. Fino a Pez da 90. Oggi la compagnia, che da sempre si autofinanzia con gli spettacoli, è formata da una ventina di persone.

“Il dialetto si sta perdendo”, dice Stefano, “era importante fare un documentario, dove lo spettatore troverà interviste ma nessun audiovisivo dell’epoca, che manca totalmente negli archivi. Siamo partiti solo da copioni e foto. Abbiamo raccontato di ‘Cici’ quando passeggiava sul Listone, siamo entrati nel magazzino dove sono conservati i vestiti di scena, siamo stati ospiti del suo salotto, prendendo un thè in sua compagnia. Al nostro intervistatore, Guido Sproccati, lei si racconta come un fiume in piena, è inarrestabile”.

Il documentario di 50 minuti è nato quindi dagli archivi di questa artista unica e poliedrica, dalla bacheca di riconoscimenti che custodisce gelosamente, dai suoi racconti e dal libro di Maria Cristina Nascosi Sandri, biografa ufficiale della compagnia.

Da sinistra: Stefano Duo, Guido Sproccati, Mattia Bricalli

A Stefano piace ancora ricordare che le commedie della Straferrara sono state scritte anche da matrici diverse, italiane e straniere, poi recitate in dialetto. Sono storie, spaccati di vita dell’epoca, quando si voleva far ridere e sorridere senza cadere nel volgare.

La compagnia ha attraversato il Ventennio fascista, facendo piuttosto varietà, perché l’uso del dialetto era, per usare un eufemismo, osteggiato. Dialetti e lingue minoritarie erano visti come potenziali forze centrifughe e quindi contrastati con misure di unificazione forzata. L’avversione ai dialetti fu dettata dal timore che alimentassero spinte regionalistiche e localistiche. Il divieto di impiego dei dialetti fu rigido nella stampa, nella letteratura e nel teatro, mentre per non perdere il consenso delle masse dialettofone si praticò maggiore tolleranza nel cinema, specie durante la guerra.

Ma la compagnia continuava, con cautela. Recitava sotto i bombardamenti, non si è mai fermata, ci si gettava nei fossi durante la pioggia di granate. Si correva con i costumi.

Tanti gli aneddoti nel documentario: un’attrice non sapeva andare in bicicletta e allora veniva trasportata su un carretto; durante i bombardamenti c’erano buchi per le strade dove ripararsi. Al ronzio dell’aereo da caccia Pippo – o, meglio, degli aerei notturni perché erano numerosi -, i più pericolosi perché arrivavano senza allarme e mitragliavano a caso, tutti giù, nascosti in quei buchi, ma a un certo punto, un comico grida “occupato” … E tanto altro. Non ci si è mai persi d’animo, bisognava lavorare per rallegrare.

A ‘Cici’, quando parla, oggi trema leggermente la voce, in fondo è timida e si emoziona a tanti ricordi. Da perplessa, all’inizio di questa avventura, a felice, quando vede la sua storia sullo schermo. Perché è importante dare emozioni, interpretare. E lei lo ha fatto per tanti ferraresi e non. Per lungo tempo. Buona visione.

‘Cici’ Rossana Spadoni in “Pez da 90”, Teatro Comunale di Ferrara, nov.2022

Il documentario verrà proiettato in prima visione al Cinema Apollo Cinepark, il 12 aprile 2023, alle ore 21, al costo simbolico di 5,00 euro. Al termine della proiezione Rossana Cici Spadoni e gli attori saranno a disposizione del pubblico per domande e curiosità.

90 anni di applausi – La Straferrara, diretto da Mattia Bricalli, ideato da Stefano Duo, con Rossana ‘Cici’ Spadoni, Guido Sproccati, Stefano Duo, Maria Cristina Nascosi Sandri, Italia, 2023, 50 mn.

Cover: Rossana ‘Cici’ Spadoni in scena al Teatro Comunale Abbado di Ferrara nella commedia “Pez da 90”, novembre 2022
Tutte le fotografie sono di Valerio Pazzi

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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