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CON LA STATALE 16 LUNGO LA STATALE 16. Cercando Paesaggi partigiani e resistenti

Una band a me molto cara, formata da amici con le mie stesse passioni culturali e musicali, si chiama come quella che mi piace definire “la mia strada”: STATALE 16, lunga quasi quanto la penisola, visto che va dal Veneto alla Puglia e ritorno, ovviamente). E vi risparmio le notazioni autobiografiche, abbastanza intuibili…

È un nome che porta con sé un desiderio, da tempo coltivato tra i componenti del gruppo: provare a organizzare e realizzare una tournée “lungo la Statale 16”, appunto. Impegni di lavoro e altri impedimenti hanno fatto sì che questo rimanesse un desiderio irrealizzato per diversi anni.

Ma, quasi inaspettatamente, ad aprile del 2023, seppure in forma minima (pochi giorni a disposizione, quindi due soli appuntamenti), il desiderio si fa realtà e lo si fa coincidere con la scelta di portare in giro un programma particolare sperimentato lo scorso anno, il 25 aprile, che si intitola Paesaggi partigiani, modificato, per scelta degli organizzatori locali, in Paesaggi resistenti nella prima delle due tappe.

Grande attesa, impegnative sedute di prove e studio, preparativi non semplici, perché non siamo né tour operator né organizzatori di tournée artistiche, ma un tassello alla volta il puzzle si completa e definisce: ci sono le due date e le due location dei concerti, le prenotazioni alberghiere, le auto necessarie per gli spostamenti; si prenota un pulmino per la batteria e gli altri strumenti e si concordano le partenze, con anche due mogli e due amiche al seguito, disposte a fare da ‘clac’!

I componenti della band sono: Claudia Belardi, voce; Antonio Catozzi, tastiera e chitarra; Marco De Giorgio, basso; Fabiano Minni, percussioni e voce; Alberto Poggi, chitarra e voce; Rocco Sorrentino, batteria; Paolo Trabucco, chitarra e narrazione.

Prima tappa: Fano, dove un incontro casuale dell’anno precedente tra Paolo, in vacanza d’aprile con la sua compagna, e Lia, vulcanica attivista di movimenti e associazioni, ha portato ad individuare la possibilità di una esibizione nel centro culturale denominato Officina Amaranta.

Il gruppetto degli “esploratori”, giunto in loco il giorno prima della esibizione, decide di cercare il luogo, un po’ per curiosità, un po’ per un eccesso di premura, che si rivelerà azzeccatissimo. Abbiamo l’indirizzo, siamo dei buoni cercatori e uno di noi attaccatissimo al navigatore satellitare, ma ci perdiamo in giri e giri che ci conducono sempre nello stesso punto.

Sappiamo che c’è, deve esserci, anche il satellite sa che c’è, questa Officina, ma ce la colloca praticamente sui binari (in questo punto impossibili da attraversare) che dividono la SS 16 (qui col nome di Viale Piceno) dal mare.

Dobbiamo assolutamente trovarla e decidiamo di provarci a piedi: parcheggiamo in uno spiazzo tra ex fabbriche e officine e carrozzerie in corrispondenza dell’ipotetico numero civico in nostro possesso, ci sguinzagliamo nelle diverse direzioni possibili e finalmente scopriamo che l’Officina Amaranta si trova sul retro di un vecchio capannone che dà sulla strada e ha i binari di fronte.

La mattina dopo ci concediamo una passeggiata sulla spiaggia (esattamente quella che nei miei spostamenti in treno lungo la linea adriatica per tornare, ahimè sempre più sporadicamente, in Puglia mi tiene attaccata al finestrino) fino alla foce del fiume Metauro e poi un giro in centro, che ci colpisce per l’eleganza e raffinatezza dei palazzi.

L’evento, spiegherà Lia l’indomani sera, introducendo il concerto, si colloca all’interno dell’iniziativa dell’ANPI “Una mattina mi son svegliato” e si svolge in questo “non luogo, in una zona industriale, spazio importante per generazioni di Fanesi nato con lo scopo di fare musica e altro all’insegna della libertà.”

Le parole chiave che Lia sottolinea nella sua presentazione sono ‘Anarchia, Resistenza, Libertà, Rete, Connessioni’, termini e concetti che l’hanno guidata nella non facile operazione di mettere insieme realtà differenti, ma tutte collegate negli intenti e negli obiettivi; annuncia poi che la serata comprenderà anche un momento di ‘apericena’ di finanziamento a favore della Mezzaluna Rossa Curda.

Ospite locale, prima del concerto della Statale 16, si esibisce Fabrizio, che compone e canta in inglese con il nome d’arte The Pilgrim e, accompagnandosi con la chitarra, esegue canzoni tratte dai suoi primi album Pocket songs voll. 1 e 2.

A conclusione della serata, mi faccio raccontare da Alessandro, il ‘padrone di casa’, la storia di Officina Amaranta: un progetto utopico collocato in questo capannone industriale con l’intento di raccogliere diverse realtà di creativi, a partire da un laboratorio artigianale dedito alla lavorazione degli scarti e ora centro culturale che fa ‘concerti a porte aperte‘ e numerose altre attività.

Seconda tappa: Bitonto, dove Antonio e sua moglie Anna hanno preso contatto col circolo ARCI Resilienza. Anche questo centro, mi raccontano gli operatori, si pone come obiettivo prioritario quello di attingere alle risorse del territorio e promuoverle, attraverso laboratori, corsi e collaborazioni significative, come quella con la Libreria del Teatro nella organizzazione e promozione di concerti, mostre, cinema.

La cittadina (detta così confidenzialmente, ma abitata da ben 60.000 persone) pugliese ci accoglie con il biancore della bella cattedrale e con i sapori e profumi dell’ottimo pane, dei taralli e dei dolcetti di pasta di mandorle; con la pittoresca processione di San Francesco da Paola e i festeggiamenti per la vittoria in campionato della squadra di calcio femminile a 5.

E veniamo al punto: i Paesaggi Partigiani e Resistenti che gli amici della Statale 16 ci hanno fatto esplorare. Il ricco programma presentato nelle due serate è costituito da diciassette brani musicali con relative introduzioni, a formare una sorta di recital musicato con un filo conduttore ben connotato, ispirato e dedicato al 25 aprile.

Vorrei ovviamente evitare di elencare i brani, perciò cerco di parlare di quelli a me più cari, ricavando, dagli appunti presi mentre Paolo li presentava, gli aspetti più salienti e qualificanti.

Il racconto della Resistenza, dice Paolo, costituisce una narrazione che si avvicina al mito e diventa geografia: i luoghi divengono tutt’uno con i personaggi e i fatti. Una sorta di rito iniziatico, per chi decideva di aderire alla lotta partigiana, era la scelta del nome, come nel verso “…e io ero Sandokan…” del brano omonimo composto nel 1974 da Armando Trovajoli ed inserito nella colonna sonora del film C’eravamo tanto amati.

“Erano alberi rami e foglie che non si volevano piegare e ogni anno il 13 aprile si parla di un temporale” comincia così il brano uscito nel 2004 per ricordare la strage nazifascista (109 vittime) del 13 aprile 1944 nel Casentino.

“…cento volte l’hanno ucciso ma tu lo puoi vedere, gira per la città Dante di Nanni…” cantano nel 1975 gli Stormy Six, raccontando del giovane partigiano inseguito e poi assediato dai fascisti, perché protagonista di numerose azioni di combattimento e sabotaggio e ucciso dopo una strenua resistenza, da solo in un appartamento in Borgo San Paolo a Torino, in cui si era rifugiato.

Nel 1999 Lalli (Marinella Ollino), esponente della musica alternativa, dedica a suo padre ex partigiano Brigata partigiana Alphaville “…canta la mia canzone preferita, ti prego cantala…”

Paolo usa il riferimento a questa dedica e a padri e figli e fratelli per introdurre il brano seguente, Sette fratelli, notissima canzone composta nel 2004 dai Mercanti di liquore e Marco Paolini su testo di Gianni Rodari… Gelindo Antenore Aldo Ferdinando Agostino Ovidio Ettore, tutti nati tra il 1901 e il 1921 a Campegine (Reggio Emilia), fucilati il 23 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia “…. vecchio tenero padre / olmo dai sette rami / nella vuota prigione / per nome ancora lì chiami”.

Il cuore mi batte più forte quando la band esegue Oltre il ponte, scritta nel 1941 da Italo Calvino e musicata da Sergio Liberovici “Avevano vent’anni oltre il ponte / oltre il ponte ch’è in mano nemica / vedevam l’altra riva, la vita / tutto il bene del mondo oltre il ponte. / Tutto il male avevamo di fronte / tutto il bene avevamo nel cuore / a vent’anni la vita è oltre il ponte / oltre il fuoco comincia l’amore.”

Una storia che mi riempie di angoscia è quella di Cinzio Belletti, giovane ferroviere che, secondo la versione più nota, rientrando dal lavoro all’alba del 15 novembre 1943 (la Notte del ‘43 del racconto di Giorgio Bassani reso noto al grande pubblico con la versione cinematografica di Florestano Vancini), passò casualmente nei pressi del Castello di Ferrara, mentre era in corso la strage. Venne inseguito per non essersi fermato all’alt e assassinato in via Boldini. Paolo gli ha dedicato una canzone Cinzio 1943 “È una notte nera…quando torni cambia via…me l’avevano detto: Cinzio, mettiti al riparo…”

E per concludere, augurandomi che per molti altri 25 Aprile ancora la band Statale 16 ci dia l’opportunità di ascoltare questo significativo ed entusiasmante programma, metto in fila gli altri titoli: Lungo la strada Da Ursi Grãndola vila morena El ejercito del Ebro Ma mi Se non ci ammazza i crucchi Su in collina Dal fronte non è più tornato Cesare La ballata dell’ex.

Tutte le foto, comprese quella di copertina, sono di Maria Calabrese.

Per leggere gli articoli di Maria Calabrese su Periscopio clicca sul suo nome.

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Maria Calabrese

Pugliese di Foggia, trapiantata a Venezia, poi a Ferrara, il che dimostra che amo le città belle. Amo altresì i libri, i quadri, i dischi, l’archeologia. Ho studiato letteratura e lingue classiche e le ho insegnate per molti anni con grande passione. Canto in un coro, studio la fisarmonica di papà. Amo scrivere ma ancor più leggere, anzi nel leggere e nell’incontrare scrittori mi capita di trovare linfa per il mio scrivere.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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