La prima ministra britannica Liz Truss ha dato le dimissioni dovendo rinunciare al suo piano ultra liberista che riduceva le tasse ai ricchi e tagliava la spesa pubblica del 15% in modo trasversale, dando anche fondi a famiglie e imprese per mitigare gli aumenti enormi di gas e luce.
Una manovra da 60 miliardi di sterline (45 miliardi di minori tasse e 15 di maggiore spesa pubblica) che però aumentava di altrettanto il debito pubblico inglese che è cresciuto negli ultimi 12 anni di Governi conservatori dal 76% del 2012 al 100% del 2022. Questa manovra senza copertura e con un aumento del debito ha però prodotto la svalutazione della sterlina inglese (da 1,15 sul dollaro era scesa a 1,06 perdendo l’8%) e un aumento dei tassi di interesse dei titoli di Stato decennali inglesi a 3,85% (quelli Usa sono a 4,16%, i tedeschi a 2,40%, gli italiani a 4,73%). Ma soprattutto aveva portato sull’orlo dell’insolvenza i fondi pensione azionari che nel Regno Unito, diversamente dall’Italia, non sono garantiti dallo Stato ma dal mercato finanziario. Così la Banca centrale inglese era dovuta intervenire per acquistare i titoli venduti in massa dei fondi pensione.
Annullato il piano fiscale, licenziata lady Truss, ora la sterlina è risalita a 1,13.
Questa vicenda ci racconta quanto la dimensione finanziaria sia diventata cruciale al punto che neppure un primo ministro conservatore e liberista di un paese forte come la Gran Bretagna possa permettersi di andare contro la “finanza”, anche se vuole favorire i suoi ricchi.
I mercati finanziari infatti guardano molto alla solvibilità del bilancio dello Stato.
E’ questo un problema gigante anche del nostro Governo che eredita un debito pubblico maggiore di quello inglese e che non potrà certo fare ulteriore debito con facilità.
Eppure è necessario difendere le nostre imprese, specie manifatturiere, che rappresentano il cuore della ricchezza del paese.
L’Italia dovrà rinnovare l’anno prossimo 245 miliardi di titoli del debito pubblico (230 nel 2024) a costi maggiori del 2022 (circa 11 miliardi in più), ma ha anche necessità si spendere di più per scuola, sanità, poveri e sostegno alle nostre imprese e famiglie.
La BCE ha smesso di comprare titoli di Stato italiani e gli investitori internazionali preferiscono certo i titoli di paesi con minor debito come Germania e Austria. L’inflazione ha trascinato come abbiamo visto i nostri titoli pubblici decennali al 4,73% ed è difficile pensare che il nuovo Governo accetti aiuti dall’Europa tipo il Tpi (Trasmission Protection Instrument) che prevedono delle condizionalità.
Che fare? Un modo sarebbe potenziare il Medio Credito centrale, la nostra unica e piccola banca pubblica che ha da poco acquistato la Banca Popolare di Bari e potrebbe acquistare anche il Monte dei Paschi, così da avere filiali in tutta Italia, copiando quello che ha fatto la Germania con la sua banca pubblica (KfW) che è molto grande e i cui prestiti all’economia reale non rientrano nel debito pubblico tedesco. La Germania ha, diversamente da noi, una fortissima presenza delle banche pubbliche (40%). E’ anche grazie a KfW che la Germania ha nazionalizzato con 40 miliardi Uniper (principale fornitore energetico alle imprese tedesche), a rischio fallimento.
Un’altra via è quella di favorire l’acquisto, gradualmente, di quel 30% di debito pubblico in mano agli stranieri (circa mille miliardi) da parte degli italiani con un rendimento prossimo a quello dei Btp decennali (anche con incentivi) considerando il notevole risparmio privato in mano agli italiani. In tal modo diventeremmo come i giapponesi, che non hanno alcun problema di debito pubblico (268% del Pil, ben 7.300 miliardi) in quanto è tutto in mano ai propri cittadini.
Anche il credito d’imposta usato nel 110% è uno strumento molto interessante e innovativo che consente di erogare liquidità senza fare debito. A fronte di 40 miliardi di crediti d’imposta concessi dallo Stato si sono generati 120 miliardi (fonte: Nomisma).
Il problema, più delle truffe (3%), è che è stato disegnato maluccio (era anche la prima esperienza); si potevano, a mio avviso, favorire i vecchi condomini e solo le prime case, ma di fatto si è favorito soprattutto il ceto medio e ricco delle seconde case (sono 5,6 milioni) che aveva la possibilità di anticipare i fondi senza chiedere alle banche. Ma nulla esclude che il meccanismo possa essere ripreso anche in settori pubblici o in privati diversi dall’edilizia come le energie rinnovabili e le innovazioni nelle imprese.
Il problema è serio perché l’Europa non c’è e, in attesa che si formi, avanza la globalizzazione che rischia di consegnarci un’Italia dove tra qualche anno gli hotel di lusso e tutto il circuito turistico più redditizio (negozi inclusi) saranno di proprietà di stranieri, (arabi, americani, cinesi,…) e le principali aziende manifatturiere idem (americane, tedesche,…) con un crescente numero di quadri e professional provenienti da quei paesi, anche perché le nostre imprese pagheranno nel 2022 il doppio dei costi energetici (da 5 miliardi del 2020 saliti a 21 miliardi del 2021 a 43-44 miliardi, dopo gli aiuti di 21 miliardi del Governo).
Per capire la drammaticità della situazione industriale in Europa basterà dire che i prezzi alla produzione in Germania sono cresciuti a settembre del 46% su base annua rispetto al 2021 (il massimo dal 1949). Ma in Germania si prevedono aiuti corposi per salvare la loro manifattura, da noi molto meno e questo è un serio problema.
Cover: Veduta di Francoforte, il centro finanziario tedesco, sede della Bundesbank, nonché della BCE, Banca Centrale Europea.
Andrea Gandini
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