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Non nutro nessuna simpatia per i processi di piazza. I media scelgono i bersagli del ludibrio pubblico ben prima che il processo venga celebrato, e si guardano bene dal fare mea culpa quando (spesso) il processo vero sentenzia che quei mostri non sono mostri, o addirittura non sono colpevoli, per la legge. Magari per insufficienza di prove, ma in un paese democratico se non ci sono prove sufficienti devi essere assolto (per fortuna, aggiungo).

Per questo non ho nessuna intenzione di almanaccare su quanto abbiano effettivamente combinato quella notte i bulli di Colleferro, tra cui i famigerati fratelli Bianchi – scherzo dell’araldica, come volete che si chiamino tre fratelli uniti dal sangue proprio e degli altri, due dei quali (si dice) ammazzano di botte un ragazzo di colore? Fratelli Bianchi. E’ tuttavia molto interessante notare cosa si muove attorno a loro, comprese alcune reazioni indirettamente collegabili al fatto di Colleferro, ma definibili come onde concentriche generate dal sasso gettato nell’acqua. La prima onda, che esemplifica la classica reazione razzista “da copione”, è quel post, poi rimosso, proveniente da un profilo forse fasullo contenente riferimenti a Fratelli d’Italia e inneggiante all’eliminazione fisica di “quello scimpanzé”. Ma è la seconda onda ad essere decisamente più interessante: un utente Twitter, pensando forse di fare dell’ironia (o forse no, visto il commento di scuse postato in seguito), pubblica una foto che ritrae la cantante Emma Marrone ed il musicista americano di colore Kanye West, con la seguente didascalia: “Emma offre la cena a un ragazzo nero dopo che quest’ultimo non ha abbastanza soldi per permettersi da mangiare”. Come molti (ma non tutti) sanno, Kanye West è uno degli artisti più ricchi al mondo. Alcuni dei commenti al post sono i seguenti: “Di offrire il pranzo a un nonno italiano, in difficoltà economiche così come ce ne sono sempre di più, no eh. Solidarietà sempre e solo ai neri perché neri e ai clandestini? Vai a farti un giro ai cassonetti, vedrai cose da non smettere di piangere. Sinistronza di m…”. Oppure: “il bene si fa, ma non si ostenta. Impara capra!”, incluso citazionismo sgarbiano ad minchiam che aggiunge un tocco di grottesco. Interviene la Marrone, definisce “feccia” chi commenta, chiarisce che il nero è il signor West (o Kardashian, se preferite), appunto uno dei produttori più famosi e ricchi sfondati del pianeta, al punto che il profilo Twitter che ha postato la foto reagisce scusandosi: “non sapevamo fosse lui”, come se questo fosse ciò di cui occorreva scusarsi. Ecco, questa è la reazione più interessante. Ciò che provoca le scuse non è il fraintendimento sulla pigmentazione del musicista, che non è in discussione. Ciò che provoca le scuse è l’avere scambiato un ricco per un povero. Kanye West è ricco, il che lo pone immediatamente fuori dal mirino degli odiatori.

Credo che molti meridionali nutrano un particolare fastidio per la trasformazione truffaldina della Lega Nord in partito del riscatto meridionale. Il fastidio, immagino, è ugualmente ripartito tra il segretario attuale di questo partito e quei meridionali che hanno abboccato. Basta avere un minimo (ma davvero un minimo) di memoria, per ricordare e andare a ripescare Salvini che canta “senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani”, il suo ostentato tifo per la Francia alla finale degli Europei di calcio del 2000, le magliette con la scritta “Padania is not Italy”, e confrontarle con il suo meridionalismo e nazionalismo di adesso. Eppure l’operazione intellettuale è meno rozza di quel che appare, e infatti su molti ha fatto presa. Si tratta di una sostituzione dell’oggetto dell’odio: dal terrone al negro, al clandestino. In questo modo è stato individuato un simbolo (l’immigrato clandestino) che unifica nel disprezzo tutti, da Palermo ad Aosta. Finalmente un nemico comune contro il quale sventolare il tricolore, col quale qualche anno fa Salvini si puliva il sedere.

Perchè questa digressione, e soprattutto: cosa c’entra tutto questo con gli schei, che sarebbe l’argomento della rubrica? La digressione non è una digressione, ed è direttamente funzionale a mostrare come stia prendendo piede un razzismo meno tradizionale e istintivo, che non si fonda sul colore della pelle o sulla etnia, ma sullo status di disperato, di povero, di reietto. Kanye West ha smesso di essere insultato da “negro”, con tante scuse, nel momento stesso in cui è stato chiarito ai pochi che non lo sapevano che si tratta di un cantante ricco e famoso. Salvini ha smesso di essere uno stronzo antimeridionalista nel momento in cui ha eletto e propagandato un nemico comune a nordisti e sudisti d’Italia, ovvero il clandestino. Questi fenomeni denotano un pericolosissimo tratto comune: il razzismo viene esercitato nei confronti di chi è povero, di chi è escluso, di chi scappa dalla miseria, dalla guerra, dalla fame. Di chi, semplicemente, cerca una possibilità in più per la sua vita. Questo tipo di razzismo della condizione sociale diventa ben presto, o è già diventato, il denominatore comune di questi nuovi fascistelli, che in effetti hanno apparentemente molto più in comune con un tronista che con Mussolini. Ma ciò dipende dal fatto che il loro razzismo non si nutre del disprezzo del negro o dell’ebreo, ma del povero, la loro esistenza è vissuta nella costante tensione verso una ricchezza da perseguire ad ogni costo e con ogni mezzo, per allontanarsi dalle proprie origini, anzi per cancellarle, per eliminare ogni traccia di ciò che si teme di essere, o della condizione nella quale si ha il terrore di precipitare. Questo razzismo si eserciterà nei confronti dei reietti sociali, e la maggior parte dei perseguitati nei prossimi anni potrebbero essere italiani.

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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