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“Francesca è bellissima.
Io ne sono innamorato dal primo giorno della prima media.
Adesso faccio la seconda, sezione E, e penso proprio di amarla. Lei ancora non lo sa, ma un giorno ci sposeremo “.
Giulio appoggiò la penna per terra, chiuse il suo diario e si consegnò sfinito ai suoi sogni
Giulio era un ragazzino che un tempo si sarebbe definito solo ‘timido’. Oggi si parlerebbe di difficoltà relazionali, bassa autostima, ansia da prestazione…

Nella classe 2E della scuola Media Tasso c’era la ragazzina più bella che avesse mai visto.
Un archetipo: capelli fluenti biondi, occhi celesti, alta e magra.
Lui invece era un poco sovrappeso, non troppo alto, ma per il resto tutto in ordine, fuorché l’interno.
Era molto, troppo… ‘sensibile’.
Tutto da Giulio era vissuto in modo molto coinvolgente. Per l’appunto… troppo.

La sua materia preferita era Italiano. Eccelleva nello scritto.
Francesca, quando si trattava di svolgere una verifica, gli chiedeva sempre di fare anche la sua traccia e Giulio in una ora riusciva a terminare entrambe le prove.
Per Francesca riusciva a fare tutto.
Anche ingannare la sua amatissima prof. di Italiano.
Andava meno bene nelle materie scientifiche, ma era in ginnastica che evidenziava le difficoltà maggiori.
Si muoveva in modo impacciato. Sempre fuori posto.
E poi si sentiva perennemente addosso gli occhi ipercritici di tutte le ragazze della scuola e in modo particolare quelli di Francesca.
Inutile aggiungere che era sistematicamente escluso da tutti i tornei a squadre organizzati dall’Istituto.
Quello che di più piaceva a Francesca era il mini torneo di palla a volo e quindi anche lui, anche Giulio, lo seguiva con grande, grandissimo interesse.
Oramai si avvicinava la finale.
Bisognava solo eliminare la 3A.
Cosa più facile a dirsi che a farsi. Infatti in quella squadra c’erano tutti giocatori delle team più blasonate della provincia.
Ma la classe 2E poteva contare su un vero e proprio campione: Sandro.
Sandro sembrava più grande della sua età. Giocava in modo formidabile. Insomna una vera promessa della palla a volo cittadina.
Sandro per Giulio era bello come un discobolo greco, forte come Ercole, astuto più di Ulisse.
Ah, Ulisse e l’Odissea!
La prof. di Italiano quindici minuti prima del termine delle lezioni leggeva sempre un capitolo di Omero.
Giulio si può dire che viveva per quel quarto d’ora.
Appena la prof. Rizzoni cominciava a leggere, ecco che l’aula si trasformava immediatamente e comparivano nella sua mente i personaggi mitici del poema.
Lui stesso si sentiva addosso la stessa frenesia dell’eroe greco di andare a svelare l’identità  del misterioso abitante dell’isola dei ciclopi, o di avvicinare la sensuale bellezza di Calipso e quella eterea di Nausicaa, o sentire sulla pelle la irrefrenabile curiosità di ascoltare il canto delle Sirene…

La partita della vita stava per iniziare.
Il prof. Lenzi aveva voluto tutti i ragazzi presenti in panchina, in tuta e pronti, se non a giocare, almeno ad incoraggiare i compagni.
Giulio era la prima volta che si trovava ad essere seduto su quella panchina.
Quando c’era l’ora di educazione fisica un malessere strano e subdolo cominciava a prendergli lo stomaco e arrivava fino alla gola, impedendogli di fare qualsiasi cosa.
Il prof. aveva compreso le difficoltà di Giulio a farsi vedere in pantaloncini corti e maglietta e aveva inventato una soluzione vincente: il fischietto.
Sì, lo aveva solennemente investito del ruolo fondamentale di arbitro in seconda.
E gli arbitri, lo sanno tutti, non scendono in campo in pantaloncini, ma in una impeccabile tuta nera.
Quel giorno, quello della partita, il prof. gli aveva chiesto un piacere personale. La epidemia influenzale aveva ridotto la presenza maschile a soli sette elementi.
Il prof. insomma aveva bisogno di lui.
E Giulio non poteva lasciare il suo prof. in mezzo ai guai.
E con grande senso del dovere si era convinto della necessità della sua presenza in panchina.
In campo mai.
Quello infatti non sarebbe stato necessario.
I compagni del sestetto base avrebbero giocato quella partita anche senza una gamba.
C’era infatti la possibilità di entrare nella storia dell’Istituto e soprattutto negli sguardi e nel cuore delle ragazze.

La partita inizia ed è un duello entusiasmante.
I compagni di Giulio, guidati da un Sandro in forma strepitosa, ribattono colpo su colpo i gesti atletici dei ragazzi più grandi della terza.
Un set per uno.
Inizia quello decisivo.
Si lotta su ogni punto e Giulio dispensa sorrisi rassicuranti alle ragazze, che dalla piccola tribuna osservano in piedi l’andamento della partita.
Undici pari. Si arriva ai quindici punti.
Batte Sandro.
L’unico a riuscire a fare la battuta come i professionisti: in corsa e dall’alto.
La mano colpisce con inaudita forza il pallone in aria, il suo corpo, dopo essersi elevato fino al cielo per la battuta, scende sulla terra e… il piede destro, appoggiandosi malamente al suolo, si piega all’interno.
Sandro cade per terra e tutta la 2E scatta in piedi, coprendosi il viso con le mani, quasi a non voler vedere il dramma che si stava consumando sotto i loro occhi.
Non c’era tempo da perdere.
Il prof. corre verso Giulio per dargli le istruzioni sulla posizione da prendere in campo

Giulio non sente assolutamente niente.
Vede solo mani alzate e visi concitati e imprecanti contro la cattiva sorte
Tutti sono intorno a lui.
Tutti sono con lui
Si toglie in fretta la tuta.
Tutta la classe scandisce il suo nome.
Giulio entra in campo come Ulisse nella sala da pranzo della sua casa contro Proci.
Giulio è Ulisse.
La battuta è  ancora della 2E.
Tocca a lui.
Giulio tende il suo braccio come fosse l’arco dell’eroe greco e colpisce la palla da sotto, con un movimento a pendolo, mentre il prof. gli urla: “Aperta Giulio!…la mano tienila aperta!”
E Giulio lo fa.
La palla si alza altissima, fino a sfiorare il soffitto.Tutto il pubblico segue con occhi sbarrati e la bocca aperta la traiettoria assolutamente eretica del pallone.
Eccola adesso arrivata nel campo avversario.
Tutti si aspettano, alta come è, che prosegua la traiettoria fino ad andare fuori campo.
E invece succede l’imponderabile.
Come guidata dalla dea Atena, la palla ferma la sua traiettoria ascendente sopra circa la metà del campo avversario e improvvisamente scende giù!
Il sestetto avversario colto di sorpresa non riesce ad intercettarla.
La palla tocca per terra.
Punto per la 2E!
Un boato liberatorio esplode nella palestra della Tasso.
Giulio, investito del favore degli dei, non si scompone e chiama la palla per la nuova battuta.
Il prof. Lenzi osserva incredulo: la 2E è in vantaggio!
Mancano solo due punti.
Adesso un silenzio assoluto e innaturale accompagna Giulio alla sua seconda battuta.
Stessa dinamica della precedente.
Gli avversari osservano il pallone salire in modo così innaturale e poi scendere improvvisamente.
Altro punto per la 2E.
Sembra che venga giù la scuola dal fracasso gioioso dei ragazzi festanti sulla tribuna.
Manca solo un punto.
Sandro si alza dalla panchina e zoppicante si avvicina a Giulio, bisbigliandogli qualcosa nell’orecchio.
Giulio fa un cenno di assenso e sorride.
Tutti si attendono il terzo pendolo.
Ma Giulio, invece di tenere la palla bassa e batterla da sotto, con un gesto fulmineo la alza in alto e la colpisce con tutta la forza in suo possesso.
La palla viaggia velocissima come la freccia dell’arco di Ulisse.
La squadra avversaria, che si era posizionata tutta nella parte centrale del loro campo di gioco, osserva la nuova traiettoria del pallone, che radente passa la rete e finisce proprio in fondo, a lambire l’angolo destro del campo.
Tutti girano la testa in direzione dell’arbitro.
Buona. La palla è dentro. Punto valido.
La 2E è in finale!
Giulio adesso vede tutti i suoi compagni correre verso di lui, sollevarlo e portarlo in mezzo al campo.
Lo fanno volare tre volte, come si fa con un campione.
Mentre è in aria cerca gli occhi di Francesca.
Li incrocia.
La vede che sorridente alza la mano per salutare il suo campione.
Giulio alza anche lui la mano e mentre è ancora in cielo restituisce felice il sorriso.

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Roberto Paltrinieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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