Quei due che hanno vinto il mondiale
Lo sanno tutti, Russia 18 è stato un affarone. Un mastodontico business economico e mediatico. Stadi colmi fino all’orlo e più di un miliardo di telespettatori. Un trionfo per lo zar Putin. Un’iniezione di popolarità per il declinante Macron.
Dopo il fischio finale, a Parigi una folla immensa ha festeggiato fino a notte fonda. Perché la Grande Francia ha battuto la piccola Croazia e si è laureata Campione del Mondo per la seconda volta nella storia secolare del “gioco più bello del mondo”.
Ma attenzione a quello che vi raccontano. Non è proprio vero che ha vinto la Francia. I vincitori, quelli veri, sono due uomini. Molto diversi tra loro. Uno è un mingherlino, 1.74 per 65 chili di peso, l’altro una torre di un metro e novanta. Il piccoletto è un croato, il gigante è un serbo. Tutti e due hanno 32 anni; erano bambini al tempo della guerra jugoslava, una delle più sanguinose della storia.
Luka Modric in quella guerra ha perso madre e padre, uccisi dalle milizie serbe, ha dovuto fuggire all’Ovest, un “rifugiato” come tanti altri, prima e dopo di lui. Ma era bravo a giocare a calcio. Anzi, era bravissimo. La sua favola ha un lieto fine: è diventato il regista del Real Madrid, la squadra più titolata del pianeta.
Mentre Modric, come capitano della nazionale croata, superava i quarti di finale e poi le semifinali di Russia 18, il gigante serbo Novak Djokovic, di professione tennista, era impegnato nel torneo più antico e prestigioso del mondo. Era arrivato a Wimbledon dopo un anno terribile: infortuni a catena, morale a terra, nessun torneo vinto. Ora Djokovic sembrava rinato, ma in semifinale doveva affrontare il numero uno del ranking, lo spagnolo Nadal.
A mosca, un giornalista ha chiesto al piccolo Modric per chi tifasse, per Djokovic o per Nadal? Per Djokovic, ha risposto il centrocampista croato. Stupore del giornalista: Ma è serbo! E Modric, l’orfano di guerra Modric, a spiegare che lui non voleva avere la testa nel passato ma nel futuro. Voleva pensare alla pace, non alla guerra,
Intanto, a Londra, un altro giornalista ha chiesto a Novak Djokovic per chi tifasse nella finale del campionato del mondo: per la Francia o per la Croazia? Per Modric e per la Croazia, ha risposto il grande tennista serbo.
In Serbia e Croazia, storicamente nemiche, con due governi fortemente nazionalisti, le dichiarazioni dei due campioni hanno scatenato un putiferio di critiche, polemiche, perfino minacce. Ma né Modric né Djokovic hanno ritrattato di una virgola.
Poi sappiamo com’è andata. Djokovic ha vinto la semifinale contro Nadal, quasi sei ore di gioco, e anche la finale, aggiudicandosi l’insalatiera d’argento di Wimbledon. La Croazia di Modric si è invece dovuta piegare alla fortissima Francia, anche se il regista istriano è stato eletto miglior giocatore del torneo, pallone d’oro di Russia 18.
Ma non c’era bisogno di coppe e insalatiere, il piccolo croato e il gigante serbo avevano già vinto. Per la loro amicizia, suggellata dalle foto in rete che li ritrae insieme sorridenti, e per quelle poche parole, così semplici, così normali ma che sanno di pace.

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Francesco Monini
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)