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Parole a capo
Loredana Magazzeni: «Nella tempesta presente»

Loredana Magazzeni: «Nella tempesta presente»

L’IMPORTANZA DELLA POESIA

Nel testo Nella tempesta presente sono raccolte opere prodotte nell’arco di quasi trenta anni, alcune già edite in precedenti sillogi, molte, invece, inedite. L’autrice definisce la sua opera come una sorta di “autobiografia poetica” che conserva tuttavia una “sua fantasmatica prossimità con l’oggi”. Siamo di fronte ad una lunga, incessante ricerca della scrittura delle donne (non solo la sua).

Ad esempio nella sezione “La ricerca di senso” la poeta afferma:

scrittura come oggetto potente
ne prendi a piccole dosi
con una sensazione quasi fisica
da contrapporre agli elementi disgreganti
e tutti i fili tornano ad una coerenza

Ma fin dagli anni ‘90 del secolo scorso nella raccolta: “Tempi duri per i viventi” (un gruppo di testi poetici prodotti in seno ai laboratori del Gruppo ‘98 di poesia) troviamo un interessante testo sperimentale in cui la punteggiatura è sostituita da spazi bianchi, da interpretare come pause:

La stagione                 è arrivata
della resa dei conti
non volemmo                  pensare
non vogliamo                 credere
ancora un giro             è possibile
ma che sia di qualche            utilità a tutti noi.
Irrimediabile poesia
che accoglie            ancora            speranza.

Nella silloge “Connessione in epoca Covid-19” nel testo che si intitola “Lallazione,#3” la poeta confida ai lettori la propria necessità di scrivere poesie:

Mia. Rende la vita più mia. Mi libera.
Non mi dà tormento. Mi riprendo.
Sto coi mattoni costruendo. Distruggo.
Riprendo. Scrivi. Scrivi poesie per me.
Scrivi poesie.

Testo nel quale sono evidenti i richiami sonori che, attraverso un gioco di assonanze, allitterazioni e rime interne, amplificano anche il concetto centrale ripetuto nella frase minima: “scrivi poesie”.

La poesia, oltre a far riflettere e, di conseguenza a fare i conti con il passato, può assumere anche una funzione profetica, come Loredana scrive nelle Note in calce al poemetto “Canto di madri ed altri canti” (2005):
Credo a una possibile funzione profetica della poesia. La poesia può farsi strada, andare verso e anticipare. A volte le minoranze hanno anticipato i valori di un’epoca, andando incontro al proprio limite. La poesia può riflettere su questa funzione.

E nella sezione “La ricerca di senso”, (il testo è ripreso anche nella sezione “Officina “ ) l’autrice, fin dalla prima strofa, ribadisce ancora il ruolo fondamentale che assume per lei il testo poetico:

Tutto dentro uno spazio breve
dentro una forza avara di parole
parole vergini a parlare di sé
a restituire solo se stesse/ il loro biglietto da visita.”

ho iniziato con la poesia
smontare l’opera e continuare a smontarla
non innamorarsi troppo / far fiorire i deserti
che reggeva i corpi ed era la garanzia
con questa azione di offesa generosa
un anno sta ferma e un anno ti inonda
in questa terra dell’incontro
ad andare verso i miei morti

(Anche questo testo viene ripreso nella sezione “Officina” nel quale, elaborando la poesia precedente, l’autrice inserisce dei nuovi versi proprio per suggerire come il laboratorio, l’officina poetica continuino incessantemente).

LE PAROLE
Un altro termine che ricorre spesso nei testi della Magazzeni è “parole” la materia prima della poesia, come nel testo “Coro di madri” dove leggiamo:

“vegliano le madri nel silenzio dei corpi
e un occhio trasparente le vede venire lente
verso l’inizio del giorno e tessono bisbigli
che riconosci parole, le parole terrestri
che fanno luce dentro il mattino e sono
sfere di chiarore dentro la pelle sono
il lume che pulsa anche se spento
per la distanza minima accorri!
Madre che guardi nel fondo degli occhi
cristallina per l’acqua
di musica e pane”

Impossibile per me fare una sintesi, estrapolare solo alcuni versi: ho dovuto riportare tutta la poesia per non tradire il tema della voce delle madri mi è molto caro ed è presente anche il alcuni miei testi pubblicati nella mia silloge “Il silenzio si fa musica” (Bertoni, 2025), e dove la mia stessa voce poetica, dopo decenni di silenzio, finalmente trova la sua melodia e diviene, appunto, musica.

Così anche nella raccolta : “Volevo essere Jeanne Hebuterne” (2012), nella sezione “La bambina o serie del colesterolo” le parole possono essere “sassi o carezze”:

Le parole si portano dietro il corpo, pensa a volte
la Bambina. Le sue sono intrise di salsa d’amore.
Ma il corpo deve scrivere o vivere? Pensa la Bambina.
Ma le parole sono sassi o carezze? Si chiede.
Mentre scrive, filtra la vita, produce miele.

Mentre nella raccolta “Volevo essere Jeanne Hebuterne” (2012) ci viene suggerito un altro aspetto molto interessante, che riguarda le “parole selvagge” cioè non addomesticate dalla cultura dominante, molto potenti, istintive, senza filtri e pertanto più autentiche:

“Le parole addomesticate non danno eco
aderiscono alla pelle del mondo
che le espelle ad ogni nuova muta.
Nel silenzio lunga traccia conservano
le parole selvagge, che urlano senza rumore,
le parole senza gabbia, che hanno zampe
e dorsi flessuosi, per correre, per correre l’intera savana
e ancora un po’ più in là.”

LA SORELLANZA

A proposito del tema della “sorellanza”, che attraversa tutta l’opera di Loredana, e sembra suggerire la sintesi della sua ricerca e della sua militanza, si deve sottolineare il fatto che l’autrice ha scritto diverse raccolte ispirate a figure femminili che hanno avuto un destino tragico: Marylin Monroe, Jeanne Hébuterne, Sylivia Plath, Antonia Pozzi: tutte giovani geniali donne morte suicide a causa di un “amore “malato” e depressione.

Mi hanno colpito in particolare i testi, tratti dalla raccolta “Volevo essere Jeanne Hebuterne” (2012),“Sei donna di valore” ,“Noi donne sposate” e “Se serve”:

Sei donna di valore, ma te lo dico in privato
in pubblico mi presentano uomini
poeti, essi hanno il polso della
situazione poetica, si confrontano con altre
cerchie poetiche. Noi ci troviamo in privato
parliamo piccolo. (…)
(…) migliaia di sguardi
che dicono no, non esisti, non esisti,
non tentare di esistere, senza di me.”

“Noi, le sposate, proteggiamo le case.
Non tentiamo di andare in Erasmus
pur avendone voglia.(…)”

Testi forti, provocatori dove, anche con ironia, la poeta porta a riflettere sul condizionamento culturale che, fino alla rivoluzione femminista, ha limitato anche la forma espressiva dei testi scritti da autrici donne.
L’autrice insiste nella continua, incessante, necessaria ricerca di un senso, del significato delle poesie scritte da donne, così si interroga sull’utilità di scrivere poesie e conclude il suo testo con un’affermazione che ha valore universale per tutte le poetesse ed i poeti: La poesia serve a vivere; a non fermarsi a “guardare” da un angolo e ad avere il coraggio di “vedere, di esercitare il proprio senso critico per entrare nella vita essendone protagonisti.

Mi chiedevo ieri se tutto questo
fare poesia, chiedersi se vale, a cosa serve,
chiedevo a voi, (…)
(…) E mi chiedo
se serve ancora (…)
Se serve a sperare , a farsi specchio di giorni
nuovi. Se serve a dire la lingua della madre.
Se serve a scompigliare la partita del
mondo. Se serve a credere, ed anche
un poco a vivere, serve.

 

L’EDUCAZIONE DELLE NUOVE GENERAZIONI 

L’impegno civile e la consapevolezza di quanto l’educazione sia importante per costruire la società del futuro porta la poetessa a scrivere, nella raccolta “Volevo essere Jeanne Hebuterne” (2012) testi di impegno civile , che divengono un’esortazione nei confronti delle nuove generazioni .“Variazioni sulla parola esilio” e “La nuova storia” propongono infatti un punto di vista nuovo attraverso il quale riscrivere la storia, quello squisitamente femminile delle donne e, in particolare, delle madri, capaci di stringere in un materno abbraccio tutta l’umanità che possa sostituire la pace alla violenza.

“Variazioni sulla parola esilio
In duemila ancora oggi davanti alle coste di Lampedusa.
Le navi militari prelevano i profughi. Si attrezzano tendopoli.
Dormono stivati in caserme a centinaia.

Le madri li avevano stretti in un ultimo abbraccio prima di partire.
(…)

Se potessimo insieme pensare e insieme respirare e nutrirci.
Nessuno sarebbe in esilio, la terra il nostro paese.
Ho bisogno di una lingua di poesia che torni a dire tutto questo.
Anche se ho poche parole per dirlo, se dire questo è balbettare parole.”

Ripenseremo i flussi delle migrazioni,
rileggeremo gli esodi,
riscriveremo da capo i libri di storia.
Dimenticheremo le date delle guerre.
Impareremo solo quelle delle paci.
(…)

Testi che concludono la raccolta poetica ed esortano a proseguire con l’impegno intellettuale ed umano la direzione perseguita da Loredana Magazzeni.

Loredana Magazzeni vive a Bologna e si occupa di gender studies, poesia e traduzione. Ha pubblicato quattro raccolte di poesia (La miracolosa ferita, 2001, Canto alle madri e altri canti, 2005, Premio Buiese Fragilità del bene, 2012, Volevo essere Jeanne Hébuterne, 2012) e curato Dentro la scrittura, interviste a dieci poetesse italiane, Quaderni critici CFR, 2012; le antologie Gatti come angeli. L’eros nella poesia femminile di lingua inglese (Medusa, 2006, con Andrea Sirotti); Corporea. Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Le Voci della Luna Poesia, 2009 con F. Mormile, B. Porster, Cuore di preda. Poesie contro la violenza alle donne (CFR edizioni, 2012, Premio PontedilegnoPoesia per la poesia sociale, 2013); Sally Read, Punto di rottura (La Vita Felice, 2013, con A. Sirotti). È nella redazione della rivista letteraria «Le Voci della Luna» (Sasso Marconi, Bo) e «Poesia condivisa in Poesia 2.0». Ha partecipato a festival di poesia a Roma, Trieste, Modena, Bologna. Sta svolgendo un Dottorato di Ricerca in Scienze pedagogiche, con particolare attenzione all’educazione di genere. Fa parte del Gruppo ‘98 di Poesia e collabora con la Libreria delle Donne  e la Biblioteca Italiana delle Donne di Bologna.

“Parole a capo” è una iniziativa dell’Associazione culturale “Ultimo Rosso”. 
Per rafforzare il sostegno al progetto invito, nella massima libertà di adesione o meno, a inviare un piccolo contributo all’IBAN: IT36I0567617295PR0002114236

La redazione di “Parole a capo” informa che è possibile inviare proprie poesie per una possibile pubblicazione gratuita nella rubrica all’indirizzo mail: gigiguerrini@gmail.com 

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio. Questo che leggete è il 288° numero. Per leggere i numeri precedenti clicca sul nome della rubrica.
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Cecilia Bolzani



PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)