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Sotto le ultime luci azzurrine di Natale, mentre sto recandomi all’agenzia di viaggi per predisporre la partenza verso l’amata Siberia, dove conterei di stabilirmi definitivamente lontano dal rumore e dal cicaleccio fastidioso della politica italiana, incontro un vecchio amico, comunista d’antan quando ancora i comunisti non si vergognavano di mostrare la loro tessera, ormai sgualcita, con la falce e il martello, il quale tempo addietro ebbe a dirmi, felice, finalmente siamo al governo. Come?, gli avevo chiesto, e lui, convinto, siamo al governo. Gli risposi che forse non aveva capito, ché, al governo, c’era gente che si diceva di sinistra ma che a una politica veramente di sinistra non aveva mai pensato, oltretutto impegnata com’era a cercare nuovi pateracchi con gli ex avversari, tutte persone ideologizzate che mai avrebbero abdicato alla educazione e alla cultura ricevute, e poi – gli avevo detto – sono tutte persone anticomuniste nel profondo dell’animo, con gente come te si pulisce… Poi l’amico non l’ho più visto per parecchio tempo, fino ad alcuni giorni fa.

Lo guardo e mi accorgo che ha un’aria avvilita. Che cos’hai? Gli chiedo. E lui: avevi ragione tu, pensavo che avessimo finalmente battuto Berlusconi, invece il dittatorello, che dovrebbe essere o in carcere, o agli arresti domiciliari, o a spazzare i cessi della città, è sempre lì che condiziona, comanda, strapazza gli avversari di governo, umilia gli italiani. Non soltanto Berlusconi, sono avvilito per quello che sta facendo lo strano esecutivo nazionale, che non rappresenta più alcuna forza politica, eppure ha la forza e il coraggio, nello stesso momento in cui annuncia di averle tagliate, di aumentare le tasse, basta Imu ha detto Letta, mentre ordinava di raddoppiarla, e poi ha permesso che aumentassero il prezzo dei trasporti, delle poste, delle sigarette, del pane, sì del pane, delle autostrade, dei giornali, del carburante, con una spinta d’autoritarismo di destra reazionaria, è riuscito a far pagare l’aumento del costo della vita, giunto a limiti insopportabili…

Lo interrompo: però, gli dico, lo spread è sceso al minimo storico. E’ vero, fa lui, domani mi faccio preparare un bel piatto di spread al pomodoro, sì, vado subito, hai ragione, corro da mia moglie! Lo vedo fuggire veloce. Povero ex comunista, mi viene da piangere pensando a quanti sacrifici ha fatto nella sua vita rincorrendo il sogno di una società più giusta. Gli sta bene, penso, così impara ad avere dei sogni.

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Gian Pietro Testa


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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