L’INTERVISTA
Giocando con le parole assieme a Maurizio Bernacchia, docente alla scuola di Mogol e autore di oltre 80 canzoni
Tempo di lettura: 4 minuti
di Eleonora Rossi
Non lasciatevi abbindolare dall’aria pacata e dall’indole mite di Maurizio Bernacchia: da un momento all’altro potrebbero arrivarvi imprevedibili ‘frecciatine’: proiettili calibrati di ironia e intelligenti giochi di parole, a raffica. E in un attimo vedreste apparire, tra le fossette ammiccanti, il suo sorriso compiaciuto. Quello stesso sorriso, amichevolmente beffardo, con cui ci racconta che la sua prima pubblicazione s’intitola ‘Fama internazionale’ (edizioni Oppure): “Posso dire di essere ‘autore di Fama internazionale’, giusto perché ho scritto un libro intitolato così – e aggiunge- Si tratta di un piccolo libro di provocazioni verbali, in cui mi sono lasciato andare al divertissement puro”. Anche il titolo del suo nuovo volume ‘Amore indescrivibile’ (edizioni Letteratura Alternativa), è introdotto da un titolo che “può sembrare già un paradosso”.
Come si legge sul retro: ‘L’amore è indescrivibile. Questo libro ne è la prova’. Maurizio Bernacchia è autore, produttore artistico, docente di scrittura di testi per canzoni per importanti scuole di musica, tra cui il Cet, la scuola di Mogol. È copywriter e direttore creativo dell’agenzia di comunicazione da lui fondata, Boccascena. Ha pubblicato oltre 80 canzoni, da ‘Peccati di gola’ a Sanremo 2007 – un intrigante esempio di come si possa giocare con il significante e il significato delle parole – ai singoli ‘Splende’ dei Carboidrati (prodotti da Adriano Pennino), ‘La luna e l’alieno’ di Marco Martinelli (prodotto da Mariella Nava), ‘L’amore che vorrei’ dei Thema (prodotto da Vladi Tosetto). Autore poliedrico, scrive per progetti decisamente trasversali ed eterogenei: dagli esordienti, per i quali spesso segue anche la produzione artistica, a nomi storici come Tony Dallara, per il quale ha scritto gli inediti per un prossimo album. Molte canzoni sono state premiate, ad esempio da Lunezia e Amnesty International. Numerose le esperienze e le collaborazioni artistiche, tra le quali Sanremo, Amici, X-Factor.
Maurizio ha il dono della curiosità, oltre a una sorprendente capacità di ascolto e di attenzione. Ma soprattutto ha il talento dello scacchista, sempre pronto ad un’abile contromossa.
Quando hai iniziato a scrivere?
A 10-11 anni. Scrivevo poesie, ma già pensandole come canzoni. Ho sempre preferito una forma sintetica, come la barzelletta, l’aforisma. E infatti sono sintetico anche nelle risposte.
Perché hai iniziato a scrivere?
Per il gusto di farlo. Il mio primo testo è stata una poesia, il secondo una canzone.
Che cos’è per te la scrittura?
Non voglio dire ‘tutto’, ma è un grosso motore di vita. Senza dubbio la scrittura è la migliore espressione di me.
In italiano eri bravo a scuola?
Sì, ero bravo, ma ero molto portato anche per la matematica, tanto che mi sono iscritto al liceo scientifico. Poi all’università ho scelto Lettere. Dalle parole alla musica.
Hai sempre ascoltato musica? Quali sono i tuoi autori preferiti?
Da piccolo non ascoltavo molta musica, crescendo sì. Ho trovato ispirazione in Mogol, Baglioni, Caparezza, autori che sanno scegliere parole e immagini ricercate. Ammiro anche il gusto per la parola di Jovanotti e Daniele Silvestri.
A cosa servono le canzoni?
Come l’arte, sono il contributo a rendere più bello il mondo.
Da dove arrivano le idee per un testo?
L’ispirazione arriva da input esterni che attivano meccanismi mentali a volte insospettati.
C’è una canzone alla quale sei più affezionato?
‘Peccati di gola’, con cui sono andato a Sanremo. Quel brano mi ha legato molto al compositore Patrizio Baù, amico con cui condivido la passione per la musica ormai da oltre 10 anni, con una rara sintonia.
A cosa pensi appena ti svegli?
A volte penso alla canzone che devo scrivere. Ma non faccio troppi programmi: tendo ad essere presente nel presente. Qui e ora. Per me è importante essere consapevole di quello che vivo.
E prima di addormentarti?
Sono una persona tranquilla (sorride). Penso soprattutto a dormire.
Il tuo ultimo libro parla di amore. ‘Pane’ irrinunciabile e indescrivibile qui ‘sbriciolato’ in aforismi e comandamenti. Puoi anticiparci qualcosa?
Ho provato a descrivere (anche se resta, per assunto, indescrivibile) il significato del mio libro nell’introduzione: “Amore. Di che cosa parlare se non d’amore? Come farne a meno quando l’amore è la cosa più importante, l’asse planetario portante attorno a cui ruota – rivoluzionandolo – il nostro mondo interiore, e probabilmente l’intero universo? (…) Un sentimento di cui è impossibile non scrivere, ma che resta indescrivibile. Ma amore è anche cercare di capirne e carpirne il senso, dando un senso a quello che proviamo e spesso non capiamo. Perché il senso della vita è ciò che chiamiamo amore. Amore, nel breve viaggio di un libro, attraverso cento aforismi (volando) e dieci comandamenti (volendo), per vivere liberi di amare senza né comandare né essere comandati, ma comandanti saggi del nostro spirito e dello spirito che si trova nell’amore”.
Puoi lasciarci un aforisma sull’amore?
‘L’amore è l’inizio. L’amore è il fine’. Cioè, il motivo e la direzione del mondo.
Inutile rivolgerti altri interrogativi, perché, come scrivi ancora in un aforisma, “L’amore non si fa domande. È la risposta”.
Ma a proposito di amore indescrivibile e di ‘coincidenze’, non possiamo non ricordare che il libro è uscito proprio il giorno di San Valentino, festa del sentimento, del cuore. Un 14 febbraio che quest’anno è stato indimenticabile per l’autore, soprattutto per un dolce evento d’amore: quello stesso giorno Maurizio è diventato papà.
Redazione di Periscopio
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Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
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