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Un’inchiesta in cinque tappe per approfondire le ragioni delle critiche nei confronti della Società italiana autori ed editori.

5. SEGUE Oggi avremmo voluto dare alla Siae il diritto di replica. L’abbiamo contattata via mail attraverso il suo ufficio stampa di Roma fin dal 6 ottobre. Da allora, nonostante ripetute telefonate di sollecito, non è arrivata nessuna risposta. Ci è stato detto che se avessero inteso replicare, ci avrebbero chiamato loro. Immaginiamo i numerosi impegni che vedono coinvolti i funzionari, quindi ci auguriamo che prima o poi qualcuno trovi il tempo di rispondere alle nostre domande, visto che sono quelle che molti dei loro iscritti, ex iscritti, o comuni cittadini vorrebbero rivolgergli.
Trattandosi, come specificato nel primo articolo dello statuto, di un ‘ente pubblico economico’, questo status comporta il dovere di trasparenza nei confronti della comunità.
Qualora ricevessimo una replica saremo ben felici di pubblicarla.

Queste le nostre sei domande tuttora senza risposta.

  • Nell’ultimo periodo vari musicisti hanno revocato la loro iscrizione alla Siae o non si sono iscritti affatto, motivando così questa scelta: pratiche burocratiche troppo complesse e lunghe da espletare, scarsa informatizzazione dei servizi, difficoltà nel ricevere risposte adeguate alle richieste di informazioni, costi troppo alti a fronte di ricavi troppo bassi, iniquità nella redistribuzione dei proventi, scarsa trasparenza nella gestione, impossibilità di essere completamente liberi dalla Siae anche qualora si revochi l’iscrizione. Come replicate a queste critiche? Pensate siano fondate? Valutate che ci siano aspetti del vostro operato da migliorare o cambiare?
  • Vari artisti hanno scelto di farsi tutelare da collecting society estere, cosa pensate di questa opzione? La ritenete un fallimento?
  • Cosa pensate del modello copyleft e della condivisione di materiali esenti da diritti d’autore?
  • Molti auspicano la fine del monopolio della Siae sui diritti d’autore, come valutate questo scenario?
  • Gestori di locali ed organizzatori di eventi che si occupano di realtà di piccole dimensioni oppure per volontariato o a scopo sociale, lamentano l’impossibilità di sostenere i costi imposti e gli adempimenti burocratici richiesti dalla Siae e questo finisce col soffocare sul nascere o far morire in breve tante piccole realtà culturali che in questo momento di crisi andrebbero sostenute ed aiutate a proliferare, cosa rispondete?
  • Il fatto che il vostro operato si basi su una legge del 1941, a vostro avviso rende obsoleto l’apporccio alle attuali esigenze degli autori? Ritenete che sarebbe necessario un aggiornamento della normativa? Come vedreste in questo senso un intervento dell’Ue?

5. FINE

Articolo sotto licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 4.0.

Precedenti articoli dell’inchiesta:

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Stefania Andreotti

Giornalista e videomaker, laureata in Tecnologia della comunicazione multimediale ed audiovisiva. Ha collaborato con quotidiani, riviste, siti web, tv, festival e centri di formazione. Innamorata della sua terra e curiosa del mondo, ama scoprire l’universale nel locale e il locale nell’universo. E’ una grande tifosa della Spal e delle parole che esistono solo in ferrarese, come ‘usta’, la sua preferita.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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