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Non si parla d’altro che di politica in questi giorni. Anche nella nostra città, quasi sempre assorta e lievemente adagiata nel mare di nebbia che dall’autunno all’inverno inoltrato l’accompagna incessantemente. Eppure quest’anno per la nostra città è stato molto importante e particolare. Le ha restituito una parte, benché minima, di quella vitalità che in tempi remoti la caratterizzava. Una vivacità culturale dovuta alle ricorrenze principali di eventi che in un modo o nell’altro hanno coinvolto Ferrara nel corso dei secoli. Principalmente il cinquecentenario dalla prima pubblicazione del Furioso, e il centenario della nascita dello scrittore Giorgio Bassani. Ed è su quest’ultimo che poniamo l’accento. Anche perché Messer Lodovico si è meritato fior fiore di articoli, è una meravigliosa mostra a Palazzo Diamanti, che sta richiamando migliaia di visitatori in città. Non che a Bassani non sia stata dedicata la dovuta attenzione, ma c’è ancora in città una sorta di ‘muro’ culturale che sembra inscalfibile. Una sorta di ipocrisia diffusa che per tante ragioni non permette all’esule Bassani di far ritorno a Ferrara. C’è, per chi ha letto attentamente le sue opere un motivo che evidentemente, sebbene siano passati anni e anni, resta la principale causa di questo rigetto. Nei libri dell’autore ferrarese sono evidenziate, in maniera assolutamente elegante e sottile tutte le abitudini, le chiusure ed i clichè di una città estremamente autoreferenziale , rimasta ancorata a inutili convenzioni e a comportamenti dettati da un buon costume piccolo borghese, tipico di una cittadina di provincia , che dopo la permanenza della signoria degli Este, non è mai stata capace di risollevarsi. La critica di Bassani è propio rivolta alla classe sociale alla quale lui stesso apparteneva. Non a caso in quasi tutti i suoi romanzi, Giardino, Romanzo di Ferrara e soprattutto ne “Gli occhiali d’oro” e in parte anche nella Notte del ’43, la borghesia, che dovrebbe essere la classe sociale che rappresenta l’elite economica, ma soprattutto culturale di una città, è inerte, ferma, oscura, buia. Rimane a guardare,osserva ma non agisce. Esattamente come il farmacista Pino Barillari (Enrico Maria Salerno, nel film di Florestano Vancini), che rimane attonito tra il vetro e la tapparella, guardando i suoi concittadini trucidati dai fascisti, solo perché ebrei. Forse è per questo che ancora a Ferrara si fa fatica a leggere e a capire Bassani. E forse è propio per questo che si deve leggere Bassani per capire i clichè dei ferraresi.

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Federico Di Bisceglie

Collaboratore de “Il resto del Carlino”, blogger su quotidiano online “Ildenaro.it” redattore Di “ferraraitalia.it”, marketing consultant for b-smark LTD Dublin. Studente di legge.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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