LA STORIA
L’uomo che scambiò l’estate per un cappello di paglia
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“Comprate cappelli di paglia nel periodo invernale. L’estate sicuramente arriverà”, Bernard Baruch
Se un cappello di paglia è appeso, lì, ad attendere qualcosa o qualcuno, una ragione ci sarà pure. Forse ci ricorda semplicemente la necessità di prenderci un momento per riposare, di cogliere un attimo per pensare, di ritagliarci qualche minuto per riflettere, di strappare al lavoro ore preziose per stare con le persone amate e gli amici. Insieme.
Forse è stato semplicemente dimenticato, ignorato, abbandonato, magari dopo essere stato, a lungo, illuso sulla sua bellezza, la sua forza, la sua utilità, la sua necessarietà. Calzato da teste clandestine, stropicciato da mani voraci, spiegazzato dal vento inclemente, bruciato dal sole cocente, usato da ragazze avvenenti.
Potrebbe essere stato, anche solo per un giorno, l’ispirazione di un giovane cantante che ha deciso di lanciarsi nell’interpretazione dell’opera lirica di Nino Rota, “Il cappello di paglia di Firenze” e che, durante le sue prove all’aria aperta, completamente immedesimato nel ruolo di Fadinard, l’ha lasciato da solo per qualche tempo.
Potrebbe essere stato appoggiato al ramo di un albero per proteggerne linfa ed energia.
Potrebbe essere quello di un contadino, di un giardiniere, di un pirata. Potrebbe, invece, appartenere a una giovane fanciulla, o a un’elegante signora un po’ più attempata.
Potrebbe essere stato appeso per un attimo a quel ramo, in attesa di un breve riposo alla sua ombra grande e protettiva, per riprendersi dalla fatica della lunga giornata afosa.
Forse vuole solo ricordare che la calma e la serenità dei prati e dei campi sono sempre pronte ad accoglierci, e che dobbiamo immagazzinare calore ed energia soprattutto adesso, per prepararci adeguatamente al fresco autunno e al gelido dicembre.
Potrebbe essere lì, infatti, solo per prepararci all’inclemente stagione fredda, per ricordarci di comprare cappelli di paglia proprio durante l’inverno. Perché la calda e colorata estate sicuramente arriverà e presto.
Perché si trova lì, allora, quel cappello? Chi lo sa.
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it