Skip to main content

Souad Massi è una sensibile e raffinata cantautrice nata e cresciuta ad Algeri nel quartiere popolare di Bab El-Oued, reso famoso dall’omonimo film di Merzak Allouache.
Incoraggiata dal fratello maggiore, inizia a studiare musica in giovane età, cantando e suonando la chitarra. Crescendo apprezza sempre di più il rock e il genere country americano, stili musicali che avrebbero influenzato il suo modo di comporre. Souad canta in arabo algerino, francese e, occasionalmente, in inglese e cabilo, alcune volte impiegando più lingue nella stessa canzone.

Come molti algerini, durante gli anni dei disordini, Souad si trasferì con la famiglia in Cabilia, dove ebbe l’opportunità di diventare la front-woman del gruppo rock “Atakor”, con cui suonò per sette anni. La band, causa i testi politici e la crescente popolarità, divenne bersaglio di minacce, tanto che la cantante dovette trasferirsi in Francia a Parigi.

souad-massi
La copertina di ‘Raoui’

La sua carriera ebbe una svolta importante nel 1999, grazie all’esibizione al “Femmes d’Algerie Festival” a Parigi, che le fruttò un contratto discografico con la Island Records. Due anni dopo uscì “Raoui”, il suo primo album da solista, accolto molto bene da critica e pubblico sino al punto di ottenere la nomination come Best newcomer ai World music awards del network inglese “Bbc Radio 3”.
La definitiva consacrazione arrivò con l’album “Deb” (Cuore spezzato) scritto con testi più personali e meno politici. Il disco divenne un successo mondiale, cosa abbastanza rara per un autore nord-africano. Tre anni dopo, nel 2006, fu la volta di “Mesk Elil” (Caprifoglio) in cui l’artista algerina ampliò i temi dell’amore, già esplorati in “Deb”, e cantò con Daby Touré e Rabah Khalfa (leggendario percussionista algerino).
Il suo più recente album si intitola “Ô Houria” (Libertà), prodotto da Francis Cabrel (chansonnier francese di origine italiana) e Michel Françoise (autore e chitarrista nato in Algeria). L’opera, che contiene il brano “Let me be in peace” cantato con Paul Weller, si distingue per i ritmi più vicini al pop occidentale. Imperdibile il duetto con Francis Cabrel nel brano “Tout rest à faire”.

souad-massi
Alcuni cd e dvd di Souad Massi

Le atmosfere musicali di Souad oscillano tra folk (arabo-andaluso), rock e tradizione algerina (chaâbi), miscelando chitarre elettriche e flamenco, oud e liuto arabo, batteria, sintir (basso acustico sahariano) e karkabous (nacchere metalliche sahariane), una fusion che esalta la sua sensuale e potente voce che ben si amalgama con i testi politici e personali.
La cantante si esprime al meglio dal vivo, come si può constatare nel live acustico del 2007 (registrato al Théâtre la Coupole di Parigi) da cui furono tratti un cd e un dvd.
Nella scaletta di quel concerto non poteva mancare il brano “Raoui”, precedentemente inserito nel suo primo album: “Oh cantastorie, raccontami una storia, fa che sia un racconto, raccontami delle genti antiche, raccontami delle mille e una notte, di Lunjia Bent el Ghoula e del figlio del Sultano…”.

Da qualche tempo Souad Massi canta nel duo “Chœurs de Cordoue”, che ha creato col chitarrista Eric Fernandez. Il nome è un omaggio alla città di Cordova, in cui nel X° secolo, nonostante le differenze, convivevano uomini di scienza e artisti cristiani, musulmani, ebrei e atei.

souad-massi
Immagine recente di Souad Massi

Il suo nuovo album, intitolato “El moutakalimoun” (Quelli che parlano), uscirà il prossimo 30 marzo. Si preannuncia come un lavoro aperto alle sonorità della world music, sulla scia di “Mesk Elil”, infatti, il suo “folk-rock algerino” incrocia ritmi africani, bossa e tradizione, pur essendo ancorato al mondo contemporaneo. I testi sono tratti dalle opere di grandi poeti arabi come il libanese Elia Abou Madi, il tunisino Abou El Kacem Chebbi e l’iracheno Ahmad Ibn al-Husayn Al-Mutanabbi.

“Houria” clip ufficiale [vedi]

Si ringrazia Souad Massi per la concessione dell’ultima fotografia.

tag:

William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it