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Alberi, rive del fiume, canne e foglie. Sono pezzetti di terra e acqua, di natura e cielo alle pareti per festeggiare l’88° compleanno della pittrice del Po, Carolina Marisa Occari. All’opera delicata e intensa dell’artista scomparsa pochi mesi fa, la Casa dell’Ariosto di Ferrara dedica una mostra nel giorno della sua nascita. Domani alle 17,30 l’inaugurazione con le opere di una vita intera. Disegni, acquerelli e incisioni realizzati dal 1946 al 2013.

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“La vecchia fornace a Serravalle”, acquerello di Carolina Marisa Occari

Curatori della mostra e del catalogo – edito da Marsilio – i figli dell’artista, Licia e Luca Zampini. Al critico Gianni Cerioli il compito di raccontare i percorsi dell’opera e dalla vita di Carolina.
Nata a Stienta – 18 chilometri da Ferrara e e 31 da Rovigo, di cui è frazione – a Ferrara studia e prende la maturità artistica al Dosso Dossi. A Bologna si iscrive all’Accademia di belle arti, dove è allieva di Giorgio Morandi, da cui impara così bene l’arte dell’incisione. Nel 1954 le sue acqueforti e riproduzioni a stampa ricevono il premio dell’Accademia per l’incisione e il primo premio per il bianco e nero dall’Università di Bologna. Ma, soprattutto, la sua capacità di rendere in bianco, in nero e in grigio paesaggi e immagini naturali le valgono la proposta del grande maestro e insegnante. Al termine degli studi, Morandi le chiede ufficialmente di fargli da assistente. Lei ci pensa, ma poi rinuncia. “Voleva restare vicina al suo fiume” racconta il figlio. Vicina al Po, che l’ha ispirata in tanti disegni e incisioni, anche durante l’alluvione del Polesine del ’51, quando realizza tante opere, ora conservate in collezioni private, all’Accademia dei Concordi di Rovigo e alla Cassa di risparmio del Veneto-Intesa San Paolo.
Luca – che il talento artistico materno lo ha riversato nella fotografia – ama ricordare Carolina con le mani quasi sempre macchiate d’inchiostro e i vestiti “pieni di patacche”. Una luce speciale illumina il suo sgardo, mentre ricorda una madre attentissima, che pure incarnava lo stereotipo del genio, capace di illuminazioni artistiche folgoranti, eppure tante volte così inconsapevole del mondo intorno o dei dettagli pratici. “Era un po’ persa – ride Luca – distratta. Figurarsi che da ragazza, sovrappensiero, una volta raccontava di essersi presentata a un distributore di benzina per fare il pieno al motorino, salvo poi rendersi conto di essere in sella alla bicicletta!”. Anche l’altra figlia Licia, che ha curato la catalogazione di tutte le opere, ha raccontato sorridendo del caos artistico degli oggetti della mamma, con alcuni disegni rintracciati perfino in mezzo ai panni.

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“Alluvione del 1951 a Occhiobello”, olio di Carolina Marisa Occari

Madre e artista, del resto, sono le due anime parallele di Carolina creatrice. Che anziché fare l’assistente del grande maestro Morandi si sposa e, dal 1958 al 1963, dà alla luce quattro figli. Intanto insegna a Tresigallo, Codigoro e altri comuni ferraresi per una ventina d’anni. Resta quindi così poco spazio e tempo per la sua vocazione artistica. Che però torna fuori appena i bambini crescono, e che la fa ricominciare a dipingere dal 1976. Da quel momento non smette più. In golena, nelle valli o seduta nel giardino della vecchia casa sul Delta del Po, Carolina acquerella fronde d’alberi e argini, tratteggia il vecchio ciliegio della sua gioventù, l’olmo, la quercia, come pure il verde intenso che coglie nel cortile alberato sotto la sua casa, nel condominio di via Francesco del Cossa affacciato sull’Istituto Canonici Mattei di Ferrara.
Le sue opere ora sono in mostra alla Casa dell’Ariosto, via Ariosto 67. Ingresso libero. Promotori dell’evento il Comune di Ferrara, Ferrara Arte, Biennale donna, Cassa di Risparmio del Veneto. Dal 12 ottobre al 7 dicembre 2014, ore 10-12,30 e 16-18, chiuso lunedì.

Leggi anche su Ferraraitalia: “L’addio a Carolina Marisa Occari: maestra d’incisione e allieva di Morandi insegnava agli studenti l’arte di guardare” di Davide Bassi

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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