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Varie sono state le reazioni al raid targato Usa-Francia-Gran Bretagna della notte tra venerdì 13 e sabato 14 aprile. Anche Ferrara ha visto qualcuno muoversi nella direzione della condanna. Così domenica 15 aprile, alle ore 16, ero lì in piazza municipale a seguire le dichiarazioni di chi si è schierato contro quest’azione.
Piccola premessa. Non posso approfondire qui, in poche righe, tutta la situazione siriana, ma due cose devono essere chiare: sì, sono state usate armi chimiche a Douma e no, non abbiamo la certezza che sia stato Assad, ma molte prove indirizzerebbero a lui la colpa, nonostante la strenua difesa da parte del governo russo. Altra cosa che sappiamo: la guerra in Siria è complessa, ci sono molti attori e sicuramente quello di venerdì non può essere chiamato un ‘bombardamento’ per tante ragioni. Se aggiungiamo che la Francia ha 4000 uomini impegnati in Mali e non ha quasi munizioni a disposizione, mentre la Gran Bretagna dopo la guerra in Iraq non ha fondi per iniziare qualsivoglia conflitto, capiamo che non è cominciata nessuna nuova guerra. Né, probabilmente, comincerà, perché non è negli interessi degli ‘attori’. La guerra civile siriana, infine, dura da ben sette anni e questo non è stato il primo bombardamento di forze occidentali in Siria, e nemmeno la prima volta che si sono usate armi chimiche. La prima volta sono state usate nel 2013: fu bombardata Damasco proprio da Assad, ma nessuno fece nulla.
Ma, lo ripeto, non voglio entrare nella questione siriana. Restiamo a Ferrara.
Domenica alcune sigle, tra le quali Potere al Popolo, Rifondazione Comunista, Partito Comunista Italiano, Usb, Comitato per l’Acqua pubblica, Emergency, Arcigay, Arcilesbiche e Anpi, hanno manifestato per dire il loro no alla guerra. Un’analisi delle parole dette non sarebbe giusta. Forse sono io a pretendere troppo da una discussione, forse il luogo non consono, ma limitare a degli slogan una situazione complessa come la Siria non credo sia corretto.
Avrei voluto sentir parlare un po’ di più dei motivi reali della guerra. Avrei voluto sentire parlare di ‘Pipeline’, ma anche di come il governo di Assad non sia tra i migliori al mondo e di quali prove a riguardo si abbiano. Avrei voluto sentire, al fianco alle critiche verso gli Usa, delle critiche altrettanto severe verso la Russia, la Turchia e lo stesso Iran. Avrei voluto che, visto che si condannava la guerra e si parlava di “movimento pacifista”, la discussione si fosse allargata a tutto il Medio Oriente. Avrei voluto sentir parlare delle armi italiane usate dai sauditi nello Yemen, della peggior crisi umanitaria secondo l’Onu in quest’ultimo paese. Avrei voluto sentire di come questa guerra nello Yemen sia stata fatta per punire l’Iran, di come sia cambiata la linea proprio sull’Iran con l’inserimento di Pompeo a segretario di Stato negli Stati Uniti.
Avrei voluto sentir parlare di commercio in nero di petrolio e del perché questo ‘bombardamento’ sia stato fatto di venerdì: forse proprio per non far avere crolli sul mercato azionario, soprattutto del greggio, e lasciare tre giorni per far ‘rielaborare’ la notizia e far aprire le borse senza sbalzi il lunedì successivo.
Avrei voluto, infine, sentire qualche voce condannare non solo la guerra, ma anche la disinformazione che rischia di trasformarci in tifosi di questa o quella fazione. Avrei voluto sentir parlare di Afrin e di come forse non ci sia stata la denunciata “pulizia etnica”. Avrei voluto, e qui la smetto, sentir parlare qualche siriano, o almeno qualcuno che in Siria, ultimamente, ci sia stato.
Oltre a sentire avrei voluto anche vedere. Vedere più gente. Avrei voluto vedere un pubblico più numeroso, partecipe, coinvolto. Avrei voluto tante, forse troppe cose, da una manifestazione che voleva solo, in fin dei conti, dire che la guerra è uno schifo e che alla fine, a pagarne le conseguenze, sono sempre le popolazioni civili inermi e indifese. E credo che una volta sentito questo, non ci sia stato più bisogno di nulla.
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica dell’oggetto giornale [1], un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare il basso e l’altocontaminare di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono” dentro e fuori di noi”, denunciare il vecchio che resiste e raccontare i germogli di nuovo, prendere parte per l’eguaglianza e contro la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo..
Con il quotidiano di ieri, così si dice, ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Tutto Periscopio è free, ogni nostro contenuto può essere scaricato liberamente. E non troverete, come è uso in quasi tutti i quotidiani, solo le prime tre righe dell’articolo in chiaro e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica, ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni” . Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e ci piacerebbe cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e ogni violenza.
Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”, scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori) a tutti quelli che coltivano la curiosità, e non ai circoli degli specialisti, agli addetti ai lavori, agli intellettuali del vuoto e della chiacchera.
Periscopio è di proprietà di una S.r.l. con un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratico del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.
Nato quasi otto anni fa con il nome ferraraitalia [2], Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Conta oggi 300.000 lettori in ogni parte d’Italia e vuole crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma anche e soprattutto da chi lo legge e lo condivide con altri che ancora non lo conoscono. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante. Buona navigazione a tutti.
Francesco Monini
[1] La storia del giornale è piuttosto lunga. Il primo quotidiano della storia uscì a Lipsia, grande centro culturale e commerciale della Germania, nel 1660, con il titolo Leipziger Zeitung e il sottotitolo: Notizie fresche degli affari, della guerra e del mondo. Da allora ha cambiato molte facce, ha aggiunto pagine, foto, colori, infine è asceso al cielo del web. In quasi 363 anni di storia non sono mancate novità ed esperimenti, ma senza esagerare, perché “un quotidiano si occupa di notizie, non può confondersi con la letteratura”.
[2] Non ci dimentichiamo di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno il giornale si confeziona. Così Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto.
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
L'INFORMAZIONE VERTICALE