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Nell’arco di alcuni mesi abbiamo compiuto un’indagine nel mondo dell’Hi-Fi e del vintage elettronico, un settore che vede tanti appassionati frequentare i siti di compra-vendita e aste su Internet. L’osservazione di questo fenomeno ci ha portato a porre l’attenzione su Sanyo, la multinazionale giapponese che ha prodotto anche componenti per l’alta fedeltà. In Italia questo brand non ha mai avuto un’alta considerazione da parte degli audiofili, per questo abbiamo voluto “sporcarci le mani” cercando alcuni di questi prodotti; riparandoli, raccontandone la storia e confrontandoli con quelli di altre marche. L’inchiesta si divide in tre parti: Hi-Fi vintage, La prova sul campo e Il design giapponese anni ’70 e ’80.

Sanyo, nel campo dell’alta fedeltà, produceva giradischi, amplificatori, sintonizzatori, diffusori compatti e riproduttori/registratori di audiocassette. In Giappone era considerato un marchio di alta qualità, mentre in Italia non ha mai avuto la stessa considerazione, qualcuno, maliziosamente, arrivò ad affermare che i componenti Sanyo venivano venduti soltanto nei negozi di campagna o nelle periferie.

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Sanyo D 62, deck a cassette della Plus Series

I guru nostrani non si sono mai entusiasmati per questo marchio, con la sola eccezione (forse) per i prodotti della linea “Plus Series”, realizzata negli anni Settanta. Questa serie fu l’apice dello sforzo progettuale della società giapponese ma, in Italia, non ebbe un buon riscontro commerciale per i motivi sopra descritti, all’estero l’accoglienza fu nettamente migliore. A questo riguardo occorre ricordare che anche per i prodotti Grundig non c’è mai stata considerazione da parte degli audiofili sino a scoprire, 40 anni dopo, l’esistenza di un particolare circuito denominato Cci che fu adottato in alcune produzioni di Sanyo.

La riscoperta del marchio Grundig è limitata a particolari linee produttive realizzate dal 1974-75 sino al 1986. Massimo Ambrosini, appassionato e progettista di apparecchiature Hi-Fi, è lo “scopritore” ufficiale del cosiddetto CCI (Circuit chassis interface) caratteristica circuitale che identifica la produzione “buona” di Grundig. Nel 2004 Ambrosini coniò l’acronimo CCI per sottolineare l’importanza di un’opportuna e sistematica implementazione telaistica (oltre che circuitale) in funzione di disturbi RF, sia esterni sia generati all’interno degli apparecchi stessi, i quali causano problemi di natura vibrazionale che intermodulano col segnale in transito.

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Depliant pubblicitario “Plus Series”

Il resto dei prodotti della casa tedesca, ben costruiti e durevoli, sembrano privi di particolare pregio audiofilo. In quest’ambito si collocano due amplificatori Sanyo (JA 220 e JA 224), considerati cloni del Grundig V1700 che rispecchiava le caratteristiche CCI. Detto circuito, per sviluppare il suo potenziale, aveva bisogno di una linea d’ascolto completa, composta da sorgente, amplificatore e casse. Su eBay questi apparecchi hanno quotazioni particolarmente elevate. Sanyo progettava e costruiva apparecchi anche per i marchi Saba, Siemens (Plus Series), Kenwood, la stessa Grundig e l’italiana Emerson. I prodotti della Serie Plus, per quanto siano stati ottimamente progettati e costruiti, non beneficiano di interventi CCI, infatti, erano cronologicamente antecedenti alla serie di amplificatori realizzati “con” Grundig.

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Il giradischi Sanyo TP1000

Per approfondire meglio la questione del rapporto tra le due case, abbiamo interpellato Massimo Ambrosini, che ci ha gentilmente risposto: “ La collaborazione di Grundig con Sanyo risale a fine anni ‘70 quando iniziarono a comparire i ps1010 e 1020 (giradischi) costruiti da Sanyo per Grundig. Il rapporto venne poi a continuare qualche anno più tardi con la versione costruita con marchio Grundig di alcuni integrati (e relativi registratori a cassette e tuner) dell’industria giapponese. Ciò che è curioso rilevare è che questi apparecchi, circuitamente “Made in Japan”, presentano scelte perfettamente in linea con una corretta implementazione CCI, difficile dire quando queste scelte siano state assorbite in Sanyo da Grundig. Qualche tempo fa un amico ingegnere trovò in rete un documento risalente agli anni ’70, dove si evidenziava una ricerca telaistica svolta in Sanyo, probabilmente a seguito della collaborazione con Grundig. Difficile quindi dire se i vari Grundig ‘made in Sanyo’ fossero frutto di una mutua ricerca o semplicemente un lavoro su commissione messo in produzione anche col marchio del costruttore, temo che rimarremo con questo dubbio”.
Lucio Cadeddu, docente di Analisi matematica all’Università di Cagliari e Direttore della rivista on-line “Tnt-Audio”, dedicata all’hi-fi, ha gentilmente risposto alle nostre domande sui prodotti Sanyo e sul fatto che in Italia siano stati sottovalutati: “Caro William, in 20 anni di presenza online con TNT-Audio, credo sia la prima volta che mi venga chiesto un parere su Sanyo, segno che le tue sensazioni sono sostanzialmente corrette. Il marchio giapponese, anche negli anni ’70, quando forse ha realizzato le sue cose migliori, non ha mai goduto, specie qui in Italia, di grande considerazione.
Io ricordo alcuni apparecchi interessanti, in particolare quelli della pretenziosa serie Plus, diversi giradischi e qualche coppia pre/finale, pure molto belli a vedersi. In particolare, mi restò impresso il giradischi TP1000, un grosso e pesante “trazione diretta” con un motore in DC privo di spazzole, una novità per l’epoca (1974/75). Montava persino un bel braccio Acos Lustre GST-1. Le vicissitudini del marchio, l’acquisizione del brand americano Fisher nel 1975 e una certa confusione d’immagine che si era creata tra i consumatori ne decretarono la fine intorno ai primi anni ’80. Il periodo d’oro resta quello degli anni ’70, ma gli apparecchi sono praticamente introvabili”.

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L’amplificatore Sanyo DCA 611 dopo le riparazioni

E aggiunge, “Non so dirti se Sanyo sia stata sottovalutata a torto o a ragione, certo è che, tra i grandi colossi giapponesi, è uno di quelli che ha avuto meno successo e vita più breve. Non si ricordano prodotti memorabili a parte quelli citati, o comunque componenti che, in qualche modo, possano aver lasciato un segno indelebile nella storia dell’HiFi. Se ti fai un giretto presso i forum di appassionati vintage il nome Sanyo è citato molto, molto raramente. Forse è un peccato, o forse no, ma Sanyo aveva nell’elettronica di consumo il suo core-business e certamente l’HiFi era solo una piccola nicchia del grande costruttore nipponico. Non so a cosa porteranno i risultati della tua inchiesta, sarei curioso di restare aggiornato sugli eventuali sviluppi. Spero di esserti stato utile”.

1. Continua…
Nel secondo articolo ci “sporcheremo le mani” analizzando, riparando e descrivendo alcuni componenti Hi-Fi rintracciati a Vienna.

Si ringraziano: Massimo Ambrosini [vedi], Lucio Cadeddu, Direttore della rivista “Tnt-Audio” [vedi]

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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