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Il ritmo della danza

Il ritmo della danza

È stato una performance straordinaria quella che la Compagnia Nazionale di Danza Irlandese ha offerto al Teatro Nuovo di Ferrara la sera del 7 ottobre scorso presentando Rhythm of the dance.

Lo spettacolo è un concentrato spettacolare e travolgente di danze e musica popolari irlandesi: due atti dove un cast di giovani e preparatissimi ballerini e musicisti, con il supporto di tecnologie sceniche, è riuscita a combinare in maniera sapiente melodie dolcissime e ritmo trascinante, passando dal lirismo delle ballate tradizionali alla potenza percussiva dei tipici passi irlandesi, dove il ritmo è scandito dalla percussione alternata della punta e del tacco delle scarpe munite di placchette di metallo.

Questa esplosione di energia contagiosa ha entusiasmato il pubblico, trasportandolo in un viaggio emozionante ed energizzante in cui ogni elemento è stato curato nel dettaglio: dalle coreografie mozzafiato ai suoni ancestrali della musica celtica, dalle atmosfere create da luci suggestive alle scenografie con paesaggi da sogno.

I ballerini sono stati sensazionali; i loro passi incredibilmente veloci, la sincronizzazione e le transizioni fluide in una varietà di formazioni hanno dato vita ad un’opera artistica di una bellezza magnetica. La potenza e l’energia così come la grazia e la precisione della compagnia sono state impressionanti e hanno messo in risalto l’atletismo della danza.

È interessante leggere sul sito della compagnia che la storia della danza irlandese ebbe inizio con l’arrivo dei Celti dall’Europa centrale oltre duemila anni fa. I suoi primi partecipanti furono i Druidi che danzavano durante i rituali religiosi in onore delle loro divinità pagane. Intorno al 400 d.C., furono i contadini a mantenere lo stile pagano di musica e danza.

Le danze in cerchio odierne iniziarono dopo la conquista anglo-normanna nel XII secolo.

Curiosa la figura del maestro di ballo che apparve in Irlanda nel XVIII secolo; esso vagava di villaggio in villaggio per insegnare danza ai contadini. Ogni maestro aveva il suo distretto e non sconfinava mai nel dominio di un altro maestro. Quando si incontravano alle fiere, si sfidavano in gare di ballo che terminavano solo quando un gruppo rimaneva in piedi.

Fino a oltre un secolo fa, la maggior parte delle donne in Irlanda ballava a piedi nudi, il che conferiva loro una grazia e una leggerezza naturali che le ballerine di oggi si sforzano di mantenere. Solo ai primi del novecento le ragazze iniziarono a indossare le scarpe morbide.

Gli uomini lavoravano la terra e quindi indossavano scarpe di cuoio grezzo fatte a mano, leggere e adatte alla danza. I pescatori sulle coste irlandesi indossavano scarpe con la suola di legno e, quando l’insegnamento della musica tradizionale fu proibito, i ritmi delle varie melodie di danza venivano mantenuti battendo le scarpe dure sulle lastre di pietra e sulle piastrelle.

Oggi i ballerini irlandesi moderni indossano “scarpe dure” appositamente realizzate e scarpe morbide. Le ballerine invece, dopo che le calze nere furono proibite dalla Chiesa perché seducenti, passarono ai calzini bianchi che vengono indossati ancora oggi, soprattutto nelle competizioni dove contrastano con le scarpe nere. I collant, tuttavia, hanno lentamente guadagnato popolarità grazie alle rappresentazioni teatrali.

È importante ricordare che il Tip Tap, particolarmente in voga in America negli anni dal 1930 al ’40, deriva proprio dalla contaminazione della danza irlandese con gli zoccoli con un tipo di danza ritmica afroamericana.

Qualcuno ha scritto recentemente che “Ballare è la poesia dei piedi”, mentre già attorno al 500 avanti Cristo il poeta greco Simonide, scriveva che “La danza è una poesia muta e la poesia è una danza parlata.”

Mi chiedo… di quanta poesia avremmo bisogno oggi per coltivare e far crescere quella bellezza che possa rendere più umano questo mondo spietato?

Le foto in copertina e nel testo sono dell’autore.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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