Skip to main content

 

Papa Francesco ha appena dimostrato che anche un Papa può essere vicino a Cristo. Ha detto infatti che i paesi che hanno manifestato l’intenzione di aumentare l’investimento in armamenti fino al 2% del loro PIL sono “pazzi”. E che lui si vergogna per loro. Tra questi paesi c’è l’Italia, del keynesiano-per-una-notte Mario Draghi. E il principale partito che sta appoggiando questa scelta in Parlamento è il Partito Democratico, il cui acronimo PD può essere ormai declinato come Partito della Difesa.

La pazzia italiana “di sinistra”, tuttavia, non è una patologia dalla genesi oscura. Viceversa, è l’ effetto coerente di una causa talmente lampante da essere lancinante: il PD gestisce con i suoi uomini tutti i principali gangli della Difesa e del blocco istituzionale ed economico che ad essa fa riferimento, o di cui è emanazione.
Lorenzo Guerini (PD) è il ministro della Difesa. Su sua proposta, Nicola Latorre (PD) è diventato direttore generale di Agenzia Industrie Difesa, ente controllato dal ministero che si occupa delle forniture di armi e logistica al medesimo. Difesa Servizi, società diretta emanazione del ministero incaricata di gestirne il patrimonio immobiliare, ha come amministratore delegato Pier Fausto Recchia (PD).
Leonardo (ex Finmeccanica), decimo produttore di armi e sistemi di difesa al mondo, terzo in Europa, partecipata al 30% dal Ministero delle Finanze, ha come amministratore delegato Alessandro Profumo (tessera PD), cavaliere del lavoro condannato in primo grado a sei anni di carcere per aggiotaggio e falso in bilancio durante la sua presidenza in Monte Paschi (null’altro che tacche del curriculum per un top manager italiano).

La Fondazione Leonardo ha come presidente Luciano Violante (PD). La Fondazione Med-Or, anch’essa costola di Leonardo, ha come presidente Marco Minniti (PD), che si reca – pure lui – in Arabia Saudita a organizzare partnership nel campo dell’istruzione con quel regime (sospetto, vista la provenienza della fondazione, che il “do ut des” non sia confinabile all’interno delle aule universitarie).

Non ho la minima intenzione di denigrare le persone citate, alcune delle quali (dico Violante per dirne una) hanno un cursus di tutto rispetto e prestigio. Voglio solo dimostrare che la decisione bollata come “pazzia” da Papa Bergoglio e l’orientamento bellicista del PD sono perfettamente coerenti con l’occupazione capillare, da parte sua, dei ruoli di potere che fanno capo alla Difesa. Mi sarei meravigliato del contrario: piuttosto bisognerebbe chiedersi perché, tra i vari rami dell’amministrazione dello Stato, il PD abbia scelto di ‘occupare’ proprio la Difesa con modalità che Enrico Berlinguer (capo di quel PCI di cui il PD rivendica l’eredità: non aggiungo altro) così definirebbe, avendolo fatto già nel 1981: “I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali.”(per leggere l’intervista integrale clicca qui).

Siccome la corsa al riarmo non ha nulla a che vedere con l’opinione se sia giusto o sbagliato inviare armi ai civili ucraini – argomento che spacca anche l’opinione pubblica di sinistra, e sul quale non entro – mi domando cosa pensino di questa decisione non tanto i simpatizzanti ed elettori, ma i molti esponenti del PD che lo rappresentano nelle istituzioni, anche del nostro territorio. Mi stupirei molto del fatto che non si levasse nessuna voce critica, ed infatti attualmente il mio stupore è grande, perché non mi sembra proprio che si stia innescando un dibattito su questo. L’unico che si è esposto tra i vertici è Graziano Delrio, che si è astenuto nel voto sull’aumento delle spese militari.

L’art.11 della Costituzione recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Siamo in uno di quei casi in cui la Costituzione (tranne per l’inciso sulle limitazioni della sovranità: quelle ci sono, ininterrotte, dal 1945) viene derubricata a tesina dei buoni propositi, come se non si trattasse della legge fondamentale dello Stato. Siamo anche in uno di quei casi in cui le parole del Papa, che di solito campeggiano in prima pagina di ogni notiziario della tv pubblica, privata, dei principali giornali, come moniti della nostra massima autorità morale, vengono nascoste in qualche trafiletto a pagina quattordici, come se fossero le esternazioni folkloristiche di un mitomane.
Manca solo che qualcuno tra i nostri grandi e liberi direttori di giornale gli batta una mano sulla spalla, a Bergoglio, sussurrandogli “ma chi ti credi di essere, il Papa?”

tag:

Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it