13 Maggio 2020

I CITTADINI NON SONO PECORE
Alle prese con la Fase 2: liberazione, democrazia, diritti… e paura

Grazia Baroni

Tempo di lettura: 5 minuti

Il presidente del Consiglio, che sta facendo del suo meglio per affrontare l’assoluta novità di questa pandemia e di questo nuovo virus, durante la conferenza stampa riunita per annunciare l’inizio della cosiddetta fase due, ha sollecitato noi cittadini a fare la nostra parte di persone responsabili del funzionamento della vita sociale e della sua qualità. Ha chiesto anche di non cedere alla rabbia e al risentimento, conseguenti alle decisioni prese dal governo, che deludevano le aspettative di maggiore mobilità a tutti i livelli.
Questi due sentimenti, rabbia e risentimento, sono suscitati spesso dalla mancanza di rispetto della dignità della persona e dall’offesa della sua intelligenza. Sono stati il motivo per cui 25 secoli fa un popolo che non voleva più guerre, ma vivere in pace ha inventato la democrazia. Perciò il richiamo non deve essere rivolto solo ai cittadini, ma anche al governo che deve fare il massimo sforzo perché dai suoi atti emerga più chiaramente il rispetto per i cittadini e la loro dignità, e quindi deve fornire la possibilità a tutti di esercitare la propria soggettività di persone libere e responsabili.

Pertanto, si deve finalmente chiarire che questa pandemia ha messo in evidenza come la promessa di qualsiasi Governo di mettere in “sicurezza” i propri cittadini sia un falso perché la sola vera sicurezza possibile e concreta che uno Stato può dare è quella di rispettare i diritti di tutti; questo, infatti, è l’unico modo per costruire relazioni sociali di collaborazione, non conflittuali e quindi pacifiche e non violente.
In questo senso un governo  può accettare anzi auspicare che i cittadini esprimano la propria rabbia e il proprio risentimento in maniera il più possibile civile e ordinata, ma deve anche assumersi la responsabilità che, se ci sono questi sentimenti tra la cittadinanza, è perché lui per primo non sta svolgendo il proprio compito in maniera sufficientemente rispettosa delle istanze di tutti Quindi, piuttosto, deve chiedere ai propri ministri in primis, e poi all’intero parlamento, di considerare e cercare di superare al più presto le cause di questa rabbia e di questo risentimento, per rispondere al mandato elettorale e non rubare la dignità e la speranza dei cittadini per i quali sono chiamati a vorrebbero governare.

Per prima cosa perciò si dovrebbero eliminare tutte quelle leggi e quei comportamenti statali amministrativi che considerano il cittadino incapace di intendere e di volere. Il cittadino va invece messo nella condizione di capire il significato delle regole e di rispettarle nella loro sostanza, rendendole, in questo modo efficaci.
Perciò è necessario eliminare finalmente il Codice Rocco, che è stato stilato secondo i principi dello Stato fascista, uno stato paternalistico che si sostituiva al cittadino, considerandolo soggetto pericoloso o incapace di scegliere per il proprio benessere. Uno stato quindi che si legittimava sul controllo e sulle sanzioni. Invece, uno stato democratico viene legittimato dalla partecipazione dei propri cittadini, che si sentono riconosciuti soggetti attivi alla costruzione della società civile e alla qualità della vita accessibile a tutti e perciò democratica.
Del fatto che questo Codice fascista sia ancora in vigore con il suo paternalismo e maschilismo, ne fanno le spese in primo luogo le donne. Ad esempio nella scelta di questi giorni di riaprire i posti di lavoro e non la scuola e gli spazi di gioco, si dimostra che la cultura giuridica non contempla i diritti della donna e del bambino. Non essendoci la scuola, si dà per scontato che sia la donna quella che deve stare a casa a prendersi cura dei figli e quindi che debba rinunciare al proprio lavoro. Inoltre non si considera che per un bambino la mancanza di movimento, di gioco e di relazione con gli altri coetanei per un tempo così prolungato, è fonte di un serio disagio psicofisico, difficile da superare, in seguito, non solo una limitazione di libertà, quindi, ma anche un serio danno alla salute.

Non è ammissibile che, a causa di una qualsiasi emergenza, in questo caso sanitaria, si mettano in contrapposizione gli elementi che costituiscono la complessità della persona; che si oppongano, ad esempio, il diritto al lavoro e il diritto alla salute, o il diritto alla parità e il diritto alla salute. Ogni articolo della costituzione vale tanto quanto gli altri: nel loro insieme sono la declinazione dei diritti della persona nella sua unicità e interezza e del cittadino come soggetto di una comunità. Perché questo progetto concreto sia realizzabile già nel presente, e non solo in un futuro possibile di là da venire, si deve pretendere che le leggi e i provvedimenti governativi contengano norme conformi ai diritti di tutti, donne e bambini compresi; si deve veramente vigilare su questo e garantire la parità di genere, altrimenti non si rispetta il mandato democratico.

Un giorno della mia prima giovinezza, quando avevo raggiunto una certa autonomia di pensiero e una certa capacità di riflessione, parlando con mia madre, che con mio padre condivideva l’esperienza di partigiana contro la dittatura, le ho chiesto cosa fosse veramente il fascismo e lei, senza un minuto di riflessione, perché non ne aveva bisogno, mi ha risposto: ”Non potersi fidare di nessuno, nemmeno di tuo fratello”. Mi sembra un po’ il clima che con questa situazione di emergenza sanitaria, e con le informazioni che ci vengono fornite, si sta costruendo.

La complessità dell’attuale società, con il suo livello di qualità della vita, richiede che ciascun professionista svolga al meglio il proprio ruolo, che ciascuno si assuma la propria responsabilità per realizzare il progetto di convivenza comune; quindi gli scienziati dovrebbero rendere note le cause e fornire soluzioni, non avallare la paura dell’altro come possibile fonte di malattia, né arrogarsi responsabilità di governo. Loro responsabilità sono la ricerca, la cura e l’individuazione chiara di cause e effetti. Questa situazione, per esempio, non è dovuta, come è ormai noto, a nessun untore, ma al sistema di vita consumistico, che oltre ad essere antidemocratico, ha causato uno squilibrio ecologico e climatico che ha determinato questi fenomeni di insorgenze virali. Si è infatti appurato che il virus si installa sulle polveri sottili e ne viene veicolato.

Non meno importante, è fornire strategie di difesa e di prevenzione, come la distanza fisica e la sanificazione ambientale con l’utilizzo dell’ozono negli ambienti chiusi, di lavoro, di scuola o di svago senza però imporsi sui comportamenti della popolazione.
Un valido aiuto potrebbe venire da un’informazione che usi il proprio ruolo non per cercare notorietà professionale né tantomeno per fomentare una faziosità partitica e strumentalizzare le scelte dei governanti, come si fosse perennemente in campagna elettorale. La finalità dell’informazione è informare correttamente perché i cittadini possano comportarsi come è necessario per difendere il più possibile la salute pubblica. Inoltre i media dovrebbero servire a far conoscere la realtà della popolazione perché le sue vere necessità vengano adeguatamente recepite.

Tutti sono bravi a criticare a posteriori le scelte prese, ma è senz’altro più utile concorrere a individuare le problematiche e trovare insieme soluzioni efficaci, via via più aderenti alle necessità presentate da questa particolare situazione.
Cogliamo questa condizione eccezionale, che ci costringe e allo stesso tempo ci permette di iniziare un nuovo periodo come un’occasione per realizzare una democrazia più compiuta, senza discriminazioni, nella quale siano riconosciuti il diritto di cittadinanza e la dignità di ciascuno.

 



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L’autore

Grazia Baroni

Grazia Baroni, è nata a Torino nel 1951. Dopo il diploma di liceo artistico e l’abilitazione all’insegnamento si è laureata in architettura e ha insegnato disegno e storia dell’arte nella scuola superiore durante la sua trentennale carriera. Ha partecipato alla fondazione della cooperativa Centro Ricerche di Sviluppo del Territorio (CRST) e collaborato ad alcuni lavori del Centro Lavoro Integrato sul Territorio (CELIT). E’ socia e collaboratrice del Centro Culturale e Associazione Familiare Nova Cana. Dal 2016, anno della sua fondazione, fa parte del gruppo Molecole, un momento di ricerca e di lavoro sul bene, per creare e conoscere, scoprendo e dialogando con altre molecole positive e provare a porsi come elementi catalizzatori del cambiamento. Fra i temi affrontati dal gruppo c’è lo studio e dibattito sulla Burocrazia, studio e invio di un questionario allargato sulla felicità, sul suo significato e visione, lavori progettuali sulla felicità, in corso.
Grazia Baroni

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