Skip to main content

Dopo un anno di guerra in Ucraina innescata dalla Russia, cosa possiamo dire di aver capito e cosa possiamo imparare da questa esperienza?
Non si tratta di un problema di strategia politica, o di forza militare e economica. O si cambia la prospettiva dei valori ai quali tendere oppure la storia continuerà a ripetersi. Rendere un punto di non ritorno il concetto che la guerra non è all’altezza né della dignità umana né dell’evoluzione degli esseri umani e quasi sempre non risolutiva. La guerra è un’azione primitiva.

L’altra lezione evidente in questa esperienza è che ogni volta che si tradisce un valore democratico, sia per necessità contingente che per interesse particolare, questa scelta ti rende più debole nell’avanzamento della realizzazione della democrazia.

La guerra congela il naturale procedere dello sviluppo umano.
Avviene quando gli uomini si dimenticano della loro qualità umana e si arroccano nell’idea di essere dalla parte della ragione. Ancora di più si crede che sia il rapporto di forza a costruire la storia e adesso si crede nella nuova dottrina, che il valore umano si misuri con la quantità di ricchezze e la capacità di possesso.

La storia non è fatta, come ci insegnano, del susseguirsi di guerre, ma dalla conquista e dalla realizzazione della qualità umana per tutti; quindi, non è costituita da un susseguirsi di rapporti causa-effetto, ma dal coraggio da parte di chi decide di comprendere e rendere concreto nella realtà ciò che gli esseri umani desiderano, epoca per epoca (come evidenzia chiaramente Angela Volpini in L’uomo creatore, Castelvecchi Editore, 2016)
La storia accade perché la si fa accadere, perché qualcuno sceglie di compierla.

La storia è trasformazione e cambiamento e avanza solo per gli atti di coraggio compiuti da persone che scelgono sopra tutto la vita umana e la sua qualità, cercando di rispettare la dignità dei popoli, perché anche questo è un modo per non arretrare rispetto a ciò che si è già conquistato.

La storia dell’Europa insegna che le guerre ostacolano, fino a bloccare, l’incedere già faticoso della civilizzazione umana. Non risolvono i problemi ma li complicano, perché inaspriscono le ingiustizie e le disuguaglianze sociali.
Da sempre, invece, la storia umana si è costruita sulla conquista di spazi di libertà sempre più evoluti, condivisi e legati alla coscienza di sé e dell’ umanità condivisa.

Chi ha detto che solo gli Stati Uniti e la Cina possono aprire un tavolo per fermare questa guerra?
L’Onorevole Paolo Ciani, deputato e segretario di Demos, ha fatto bene a sostenere la realizzazione nelle diverse città d’Italia del progetto Europe for peace e va sostenuto, affinché possa farsi portatore presso la commissione europea dell’idea di promuovere l’apertura di un tavolo europeo per iniziare un confronto tra i due popoli coinvolti nella guerra. Un incontro è indispensabile per proporre un ‘cessate il fuoco’ condizione necessaria per iniziare un processo di costruzione di una convivenza possibile.

L’Europa deve uscire dal limbo della sua indeterminatezza deve assumersi la responsabilità di promuovere la pace, che è la sua scelta che è la conseguenza della sua esperienza storica, oppure deve accettare di sparire come realtà. Deve farsi portatrice di un progetto di sospensione delle azioni di guerra e aprire un tavolo per la definizione di un cammino di convivenza tra tutti i popoli europei.

Questa sua potenzialità è stata evidente quando l’Europa ha fermato l’invasione dell’esercito russo riconoscendo il diritto del popolo ucraino ad autodeterminarsi e gli ha fornito gli strumenti per difendersi. Senza la decisa scelta del popolo ucraino, sarebbe stato inutile qualsiasi invio di mezzi di sostegno: è la volontà del popolo ucraino che ha fermato l’avanzamento dell’esercito russo.

Il fatto di sostenere il popolo ucraino con aiuti militari, ponendolo in contrapposizione alla costruzione di un cammino di pace è un comportamento primitivo, perché perseguire un progetto di pace non significa sospendere gli aiuti allo stato aggredito.

Bisogna ricordare che in Russia non si spara, non ci sono carri armati: i bombardamenti sono tutti in Ucraina. Il mondo non è fatto di contrapposizioni e schieramenti, ma di complessità, richiede capacità di ascolto reciproco, senza dimenticare la storia di chi si confronta.

La pace non è l’assenza di guerra, ma è il cammino di un processo storico per realizzare la giustizia sociale fondata sulla libertà dei singoli. Quindi è scegliere la democrazia, non solo come valore fondante, ma anche come valore trainante per le persone che si assumono la responsabilità di guidare le società strutturate sui valori della libertà e della pace.

Ciascuno Stato europeo deve essere fedele alla scelta compiuta per realizzare l’Europa e smettere di chiedere agli altri paesi questa garanzia, perché in questo modo dimostra di non credere per prima alla propria scelta di una democrazia basata sulla solidarietà e sul benessere condiviso.

E’ giunto il momento di superare l’idea che ogni scelta sia una rinuncia. Ogni scelta, piuttosto, è l’inizio di un progetto che investe più parti, e ogni progetto esige tempi, strumenti e strategia di realizzazione; se si deve parlare di rinuncia l’unica rinuncia è quella di esercitare il potere come sopraffazione sugli altri.

La democrazia deve diventare una ricerca di un bene comune che non è un compromesso ma implica uno sforzo creativo perché tutti i valori siano inclusi, contemplati e previsti.
Fare politica non è fare compromessi, ma la creazione di uno spazio che contenga la possibilità che si realizzi un bene comune a tutte le parti in gioco, cioè contenga tutte le istanze previste dalla Costituzione che descrive i valori riconosciuti da tutti.

Come l’Europa si è riunita per cercare di contrastare l’atto violento di Putin, così potrebbe pensare di aprire un dibattito sulla possibilità di costruire una pace duratura tra i due popoli interessati perché ha esperienza e linguaggio per poterlo fare; i territori del Donbass possono essere riconosciuti come appartenenti all’Ucraina, ma governati da statuti speciali di autonomia, in modo da non umiliare la Russia, che potrebbe così considerare di non aver perso.

Lo scoppio della seconda guerra mondiale dimostra che umiliare i vinti non è condizione favorevole a una duratura convivenza pacifica dei popoli. La Storia la fa chi ha il coraggio di riconoscere e realizzare la qualità umana desiderata e sperata, e la rende possibile creando strumenti e condizioni perché ciò che è desiderato diventi realtà. Non è chi ha ragione o ha torto che fa la Storia ma chi rende possibile la realizzazione di ciò che tutti desiderano.

Per leggere gli altri articoli di Grazie Baroni su Periscopio [vedi qui]

tag:

Grazia Baroni

Grazia Baroni, è nata a Torino nel 1951. Dopo il diploma di liceo artistico e l’abilitazione all’insegnamento si è laureata in architettura e ha insegnato disegno e storia dell’arte nella scuola superiore durante la sua trentennale carriera. Ha partecipato alla fondazione della cooperativa Centro Ricerche di Sviluppo del Territorio (CRST) e collaborato ad alcuni lavori del Centro Lavoro Integrato sul Territorio (CELIT). E’ socia e collaboratrice del Centro Culturale e Associazione Familiare Nova Cana. Dal 2016, anno della sua fondazione, fa parte del gruppo Molecole, un momento di ricerca e di lavoro sul bene, per creare e conoscere, scoprendo e dialogando con altre molecole positive e provare a porsi come elementi catalizzatori del cambiamento. Fra i temi affrontati dal gruppo c’è lo studio e dibattito sulla Burocrazia, studio e invio di un questionario allargato sulla felicità, sul suo significato e visione, lavori progettuali sulla felicità, in corso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it