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“Il cinema è la vita con le parti noiose tagliate” (Alfred Hitchcock)

2.SEGUE – Continua la nostra conversazione con Graziano Marraffa, esperto di cinema e direttore dell’Archivio storico del cinema italiano che nella sua cineteca privata conserva 750mila reperti fra film, foto, riviste, costumi di scena, articoli…

Eravamo rimasti all’archivio, come è riuscito a raccogliere una quantità così imponente di film?
Come dicevo, le pellicole venivano distrutte di norma dopo l’utilizzo; considerato che un tempo la distribuzione dei film era molto più lunga (prime, seconda, terza visione, poi d’essai e parrocchiali), normalmente tale periodo era di 5 anni; si salvavano solo le copie in deposito alla Cineteca nazionale e qualcuna conservata a livello personale. Io ero diventato un frequentatore delle distribuzioni: ricordo una volta che, in un cortile vicino alla stazione Termini, salvai dal tritatore le ultime copie de “La tempesta” di Lattuada e “Il boom” di De Sica; ho raccolto anche una enorme quantità di trailers con scene inedite.

Ma perché è così importante vedere un film in pellicola, visto che li possiamo vedere anche in dvd, alla televisione, su Internet e ora anche su smart phone?

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Conservazione delle pellicole in una delle vecchie sedi vecchia sede dell’Archivio storico del cinema Italiano.

E’ importante che un film sia conservato nel suo formato originale; così come per un dipinto la vera visione è quella dalla tela, come per una opera musicale lo è l’ascolto in sala dal vivo, così per un film l’esperienza originale è quella della visione da pellicola su grande schermo; tutte le fasi di realizzazione e regia del film, le luci, il tipo di fotografia, la scelta degli obiettivi, lo sviluppo e la stampa, sono tutte concepite in funzione di quella resa estetica; senza considerare che il cinema su grande schermo comporta una visione collettiva e una sinergia con il pubblico. Emozionarsi, o ridere, in una platea affollata e sinergica, è esperienza diversa da una visione solitaria. Tutte le alternative di visione inevitabilmente ci allontanano dalla pura fruizione dell’opera, insomma sono un surrogato.

Cosa ne pensa della nuova tecnologia digitale?
La tecnologia attuale del Dcp (Digital compact package, ndr) è basata su una definizione in 4 K, mentre quella su pellicola era di 10 K; questa caratteristica, con altre, ha conseguenze sulla articolazione delle sfumature dei colori, sulla densità e sul risultato finale della qualità fotografica; l’immagine del cinema digitale, a mio parere, ma è opinione diffusa nel mondo del cinema, si propone in modo più piatto, con una forte attenuazione della percezione della profondità di campo. Forse col tempo questo handicap sarà superato, ma per ora c’è.
Consideriamo poi che una pellicola ben conservata ha una durata garantita di tutte le informazioni di oltre 100 anni, mentre per questi nuovi supporti i limiti non sono ancora ben noti e sperimentati; la loro conservazione richiederà una attenta attività di aggiornamento degli archivi digitali, con il pericolo che, se non ben tenuti e aggiornati, se ne possa nel tempo perdere la memoria.
Una vecchia foto da rullino messa in un cassetto resta lì anche dopo decenni; che fine hanno fatto invece le migliaia di foto che abbiamo scattato con la digitale? Questo il rischio dei film in digitale.

Ci accenni qualcosa sulla attività di restauro delle pellicole, che spesso salvano e valorizzano opere a rischio ?
Le operazioni di restauro partono sempre dal negativo originale; per il bianco e nero, basato sulla scala dei grigi, ha portato a risultati strabilianti, come nel caso del recupero quasi integrale di una copia de “La dolce vita di Fellini” o di Salvatore Giuliano di Rosi. Anche in questo caso, notiamo che il trasporto su digitale di vecchie pellicole ha dato spesso grandi problemi sulla resa cromatica e sulla grana naturale delle immagini.

E se, dopo questa chiacchierata, qualcuno fosse contagiato dalla voglia delle pizze…cinematografiche si intende ?
L’avvento del Dcp ha portato le macchine da proiezione tradizionali, e i relativi supporti, ad essere improvvisamente obsoleti; i prezzi sono divenuti assolutamente accessibili, e sono una ottima occasione per privati, enti, associazioni e appassionati di recuperare e godere di una tecnologia di grande prestigio e qualità; come per il vinile nella musica, che ha ora un grande ritorno, anche la pellicola, ne sono certo, in qualche modo vivrà.

Insomma, da sacerdote della memoria filmica, quale è la sua missione?
Vorrei realizzare un centro di studi e documentazione sulla storia del cinema italiano, aperto e fruibile con una specifica attenzione verso i giovani; anzi, invito a contattarmi per ogni esigenza o curiosità scrivendo a archiviocinemaitaliano@yahoo.it

Di seguito alcuni manifesti originali conservati all’Archivio storico del cinema italiano di Roma. Clicca le immagini per ingrandirle. Si ringrazia Graziano Marraffa per la gentile concessione.

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Leggi la prima parte

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Massimo Piazza


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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