La battaglia contro i menù delle feste è sempre ancora in corso: carnivori contro vegetariani, il polpettone di nonna contro le ricette a base di soia e germogli. Ma se nel sentire comune alla convinzione che l’uomo sia onnivoro, e che di conseguenza la carne animale faccia naturalmente parte della sua dieta, si oppongono coloro che hanno scelto di essere vegetariano o vegano-abolizionista, abolendo parzialmente o totalmente il consumo di prodotti di origine animale, c’è chi è andato oltre.
“Non possiamo giustificare l’uso dei non umani come risorse più di quanto non possiamo giustificare la schiavitù ” afferma Gary Francione nel suo libro “The abolitionist approach” nel quale afferma che pur avendo il compito morale di occuparci dei nostri animali domestici finché sono in vita, dobbiamo fare in modo che l’ addomesticamento non esista più perché “moralmente inaccettabile”.
Qui la discussione si sposta dalla semplice tutela degli animali e coinvolge anche coloro che si dedicano a curare, nutrire e vezzeggiare i propri animali domestici: “Io amo i miei cani, ma questo non è il loro posto” sostiene Francione.
Gary Lawrence Francione è un attivista, accademico e filosofo statunitense e uno dei principali esponenti del movimento dei diritti animali, conosciuto in particolare per le sue idee abolizioniste e le sue critiche al protezionismo animalista. Insieme alla collega e compagna Anna E. Charlton ha tenuto il primo corso sui diritti animali in una università di giurisprudenza nel quale ha diffuso quella che per lui é una verità incontestabile: gli animali sono esseri senzienti, “soggetti di una vita” come dice il filosofo Tom Regan: esseri coscienti titolari di una coscienza e di una vita emotiva e come tali titolari di pari dignità rispetto agli uomini.
In quest’ottica l’addomesticamento degli animali da parte dell’ uomo è una prevaricazione immorale tra pari esattamente come la schiavitù, e non importa se l’animale sia trattato nel miglior modo possibile: il rapporto uomo – animale non sarà mai paritario e quindi non “naturale” e “sano” .
Afferma Gary Francione: “L’addomesticamento solleva seri problemi morali indipendentemente da come vengono trattati gli animali non-umani coinvolti. Questo perché gli animali domestici sono completamente dipendenti dagli esseri umani in ogni aspetto della loro vita”. L’immoralità per Francione é proprio questa: aver voluto creare degli esseri innaturali in tutto assoggettati al volere dell’uomo “siamo noi decidere se e quando gli animali addomesticato addomesticati devono mangiare, bere, urinarie, dormire, muoversi. Restano sempre nel limbo della vulnerabilità (…) li abbiamo allevati perché siano obbedienti e servili o perché abbiano caratteristiche dannose per loro”, afferma il filosofo trinceandosi dietro le proprie convinzioni alle tante critiche che gli vengono mosse.
A chi gli fa notare che il concetto di dipendenza è intrinseco anche nei rapporti umani e che ci sono degli oggettivi aspetti positivi dell’ addomesticamento (basti pensare alle tante attività di soccorso e aiuto in cui sono impiegati i cani) Francione ribatte che la dipendenza presuppone una scelta, cosa che è negata agli animali addomesticati che “non fanno parte né del mondo non umano né completamente di quello umano”.
Indubbiamente la posizione di Francione è di quelle che fa discutere, e sono in tanti i suoi detrattori, ma catalogare le sue affermazioni come quelle di un filosofo un po’ eccentrico sarebbe riduttivo.
Di sicuro c’è il fatto che l’addomesticamento animale, dal punto di vista ambientale è una catastrofe: secondo i dati diramato dalla Fao i pascoli occupano il 26% della superficie terrestre libera dai ghiacci e la produzione dei mangimi occupa il 33% della produzione agricola. Inoltre il 36% della produzione mondiale di cereali viene impiegato per nutrire gli animali da carne e da latte: se si considera che solo negli Stati Uniti, ogni anno, 3 milioni di capre e 90 milioni di mucche l’idea dell’ impatto che tutto questo ha sull’ambiente diventa più chiaro.
In un mondo giusto per Francione “non ci sarebbero animali domestici, non campi pieni di maiali, mucche o galline ovaiole. Non ci sarebbero zoo o acquari”. Rimarrebbe fermo il nostro dovere morale di accudire, nel miglior modo possibile, i nostri animali domestici ma adottando tutte le precauzioni affinché il loro addomesticamento abbia fine con la loro graduale estinzione.
Il problema dello sfruttamento ambientale incombe su di noi e sulle generazioni future ma quanti siamo pronti a sacrificare i nostri ” animali-non umani” domestici per questo?
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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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