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Dove va il mondo, e dove va Cittadini del mondo?

Oggi pomeriggio alle 18 in via Kennedy 24 a Ferrara assemblea sul destino dell’associazione Cittadini del Mondo.

 

Ho incontrato gli amici di Cittadini del mondo (qui il sito) all’epoca della Riforma Gelmini (2008). La chiamavamo “deforma” perché imponeva tagli lineari e precarietà diffusa alla scuola e all’ Università italiane, oltre ad una organizzazione fortemente aziendalista. I risultati oggi si vedono bene, ma già allora si potevano intuire, per chi volesse ripercorrere con sguardo largo quel periodo consiglio il bel lavoro di Girolamo De Michele intitolato “La scuola è di tutti”. Alzi la mano chi si ricorda il Coordinamento Istruzione Pubblica! Insegnanti, studenti, sindacato, io ed altri colleghi partecipavamo come ricercatori precari, e svolgevamo le nostre riunioni e attività proprio alla sede di Cittadini del mondo, in via Kennedy. Spesso eravamo così tanti che alcuni restavano in piedi, ma siamo sempre riusciti ad organizzare bellissime e pacifiche manifestazioni di dissenso. Leggo che vogliono spostarla a Chiesuol del Fosso, ma forse mi sbaglio. Come si può pensare che i ragazzi e le ragazze stranieri che abitano a Ferrara da poco tempo e che a Cittadini fanno lezione di italiano possano raggiungere un posto così fuori mano? Mercoledì 7 maggio alle 18 (ndr oggi) raggiungerò Cittadini del mondo nella loro storica sede per partecipare all’assemblea e discutere della situazione, spero ci vedremo in tanti là.

Leggo che anche la sede del circolo Arci Bolognesi è in forse, e mi ritrovo in un nuovo flusso di ricordi. Abbiamo chiesto e ottenuto collaborazione per molte serate di autofinanziamento e informazione durante la campagna referendaria sull’acqua pubblica (2010-2011), dove abbiamo fatto incontri, aperitivi, concerti, tutti molto riusciti. Ricordo anche la scuola di musica e danza africana organizzata al Bolognesi, e il festival (con saggio) lungo le Mura nord. Ovviamente ho memoria dei tantissimi concerti e dj set, musica così diversa e di grande qualità. Il Bolognesi è sempre stato un ambiente accogliente e vivo, aperto alle differenze e dove il divertimento si faceva intercultura. Poi l’anagrafica e gli impegni mi hanno portata lontano da questo angolo incantato (ne parla anche Carlo Bassi nel suo “Perché Ferrara è bella”) e da chi lo fa vivere, ma sarebbe grave perdere un luogo di socialità così ricco per un mancato accordo di convivenza con i residenti, se questo è il problema.

Mentre penso alle persone e agli spazi, le une che modificano gli altri e viceversa, l’emozione mi porta diretta alla chiusura del Centro sociale La Resistenza. Nella mia memoria è una delle case del Comitato acqua pubblica, ritrovo per i festeggiamenti più colorati del 25 aprile, delle cene vegetali e non con Marianna ai fornelli, dei seminari (ne ricordo uno bellissimo sul reddito di base e una serie intera su Michel Foucault), e i laboratori di giocoleria per grandi e piccoli nei pomeriggi di primavera, i concerti di musica industriale, il gruppo di acquisto solidale: i miei sono veramente pochi fotogrammi di un lungometraggio degno di Almodovar. Un energico collettivo che in autogestione ha incarnato per anni in città l’idea del centro sociale giovanile aperto a tutti/e. Infatti il pomeriggio si poteva giocare a carte con gli anziani del quartiere, avendoci il tempo.

Se a tutto questo aggiungo la vicenda del Centro servizi volontariato, su cui risparmio i racconti perché sono troppi e sfilacciati, se penso che anch’esso è destinato al trasferimento (a Chiesuol del Fosso?!), mi chiedo che idea di città abiti nei progetti dell’Amministrazione comunale.

Sindaco Fabbri, mi rivolgo a lei: davvero è utile allontanare una dopo l’altra le voci che suonano diversamente? Alla fine quale sarà l’effetto? Ci ripensi. Non per me, certamente, ma perché le monoculture non ci possono sfamare.

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Marcella Ravaglia

Espatriata in terra estense da un tempo sufficiente a fare confusione tra il dialetto romagnolo e ferrarese; innamorata dei colori di Ferrara ma sogna le Azzorre; chimico per professione, attivista per la giustizia climatica per passione; prestata alla politica per La Comune di Ferrara

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)