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Che direbbe l’Amatissima Elsa della proclamazione dell’isola di Arturo a capitale della cultura? La motivazione racchiude in sé una definizione che sicuramente avrebbe condiviso:

«Procida, La cultura non Isola è il titolo del dossier di candidatura, che evidenzia come la terra isolana è luogo di esplorazione, sperimentazione e conoscenza, è modello delle culture e metafora dell’uomo contemporaneo. Potenza di immaginario e concretezza di visione ci mostrano Procida come capitale esemplare di dinamiche relazionali, di pratiche di inclusione nonché di cura dei beni culturali e naturali».

Così la motivazione della candidatura e della vittoria presentata dal presidente della giuria Stefano Baia Curioni. Ancora più pertinente la motivazione di quella scelta proposta da Raimondo Ambrosino Sindaco di Procida:
«Procida può essere considerata una metafora di tanti luoghi, di tante amministrazioni, di tante comunità che hanno riscoperto l’entusiasmo e l’orgoglio del loro territorio e che con questo titolo vogliono costruire un riscatto importante per le proprie terre».

Da coloro che, come è accaduto allo scrivente, hanno eletto quell’isola come ‘metafora’ del luogo, l’heimat scoperto e amato attraverso l’esperienza e l’adesione agli elementi che lo compongono, il luogo è diventato tale attraverso l’adesione della ragione e del sentimento alle motivazioni esibite.

Ciascuno di noi, dunque, deve poter esperire una determinata condizione, prima di tutto ambientale, non solo secondo la facile metafora di luogo dell’anima (o meglio animo), ma lo deve poter costruire attraverso la scoperta della realtà, termine estremamente difficile da definire e soprattutto da riuscire a possedere.

In una straordinaria conferenza su Beppe Fenoglio [Qui] tenuta da Fiorenzo Baratelli alla Biblioteca Ariostea di Ferrara (Beppe Fenoglio: un racconto onesto della Resistenza) il critico, raccomandando una lettura finalmente non-pregiudiziale del capolavoro di Elsa Morante [Qui] La Storia, così commenta l’importanza di quel libro pensato e scritto allo specchio dell’isola di Arturo:

«nel romanzo la guerra è presentata attraverso la vita quotidiana a Roma. È la guerra vista e vissuta dagli ultimi, dai civili, dai bambini, tutte vittime innocenti della fame, della miseria e degli stermini causati da ogni guerra. Insomma, sono i tanti Useppe di cui leggiamo le terribili storie in questi giorni di guerra in Ucraina».

Attraverso questa analisi è possibile dunque capire e giustificare – come è stato chiaramente sottolineato dal capo dello Stato, Mattarella, alla proclamazione della vittoria dell’isola come capitale della cultura – quale debba essere il compito, altissimo, della vittoria. Arturo, Useppe, la cagna Bella, tutti gli ‘ultimi’ della terra rappresentano la forza, la sostanza di quell’heimat.

Non occorre scomodare il senso preciso di riferimento che la scelta del luogo detiene nella nostra immensa tradizione letteraria. Tra gi altri per me Leopardi, Montale, perfino d’Annunzio lo attestano. O come ha sottolineato da tempo Dacia Maraini, il teatro e il cinema. Per non apparire banale non sto a commentare il rapporto Ferrara-Bassani.

Perciò mi pare profondamente giusto ciò che scrive il ministro della cultura Dario Franceschini nel ribadire con entusiasmo la scelta di Procida:

«Viva Procida che ci accompagnerà nell’anno della ripartenza e della rinascita» ha detto il Ministro per i beni e le attività culturali e per il Turismo, Dario Franceschini, nel momento della proclamazione. «Oggi la designazione della Capitale italiana della cultura 2022 – ha continuato il Ministro – è un segnale per guardare al futuro».

Ma questa scelta, che personalmente diventa un premio esistenziale e culturale, si arricchisce dei momenti trascorsi in felicità nel luogo della mia Amatissima.

L’albergo proprio sotto il penitenziario, dove la mia pelosa Lilla discuteva animatamente con i gatti padroni del territorio, la discesa alla marina di Corricella per il bagno e la colazione alla trattoria del Postino, che immediatamente a noi ‘eoliani’ ricordavano i luoghi delle nostre vacanze a Lipari e a Salina e a tutte le altre meraviglie dell’arcipelago.

E salendo gli impervi vicoli a Procida salutare con deferenza Peppe Barra [Qui], o perdersi nel giardino di Elsa ad aspirare il profumo intensissimo dei limoni, o affittare una barca solo per vedere marina grande da lontano con i suoi sfarzosi colori.

Procida ed Elsa, che per sempre rimarranno nella mia cultura e nella mia realtà.

 

Per leggere tutti gli altri interventi di Gianni Venturi nella sua rubrica Diario in pubblico clicca  [Qui]

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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