Inesorabile il termometro scandisce le ondate di caldo che tra Comacchio, Porto Garibaldi, Lido degli Estensi e il resto dei lidi comacchiesi come flussi e riflussi investono i bagnanti – si fa per dire- avvolti nella pellicola sudaticcia del reale e percepito: 32/37 °C, come m’informa in questo momento lo strumento consultato. M’arrivano dalla ancor più infrequentabile città di Ferrara immagini confortanti. Chiarina si è laureata e agli zii trepidanti viene mandata la foto rituale di lei bellissima con il serto d’alloro e il sorriso trionfante. Scaramouche dall’alto della sua pelliccia assiste pensoso alla richiesta di un compagno beagle molto difficile da ottenere. Filippo glossa che, a forza di chiamarlo Scar, qualcuno lo potrebbe prendere per uno sputacchio piuttosto che per un gatto di sì nobile razza.
Intanto, tra il brontolar dei gabbiani, si odono notizie sempre più minacciose sul destino riservato al capoluogo dei lidi comacchiesi. L’opera non eccelsa dell’architetto Cervellati, che aveva trasformato in una improbabilissima folie settecentesca il viale Carducci, sembra destinata allo smantellamento. Così sussurrano le voci comacchiesi, che reggono una amministrazione improbabile causa l’assenza del sindaco. Nel vialetto della mia via cumuli di aghi, come le balle del fieno, ricordano film famosi come Novecento. Gli abitanti rincorrono i pochi addetti alle pulizie che s’avventurano a spazzolare le vie principali e a chiedere ragione del perché di tanto disservizio. Stancamente per l’ennesima volta viene risposto che “il camion grosso” non può entrare nella via stretta e che l’amministrazione non ne possiede uno piccolo che raccolga i cumuli, ormai ricettacolo strepitoso di cacche canine. Alla minaccia di informare i giornali di tanta trascuratezza s’alzano gli occhi al cielo e il discorso scivola via, come la schiuma traboccante dai tombini occlusi. Ma le novità non finiscono qui. Si mormora che già siano stati presentati progetti che innalzerebbero al posto del vecchio albergo cadente, chiuso da anni, una torre di 13 piani!!! Alla faccia di tutte le case disabitate e quasi in rovina. Ma se Atene piange, Sparta non ride (o viceversa).
La perlina dei Lidi, quello di Spina, sembra in disarmo. Ormai quasi del tutto priva di esercizi pubblici vive ancora del ricordo di una imitazione del Forte dei Marmi, dove poche famiglie si ritrovano a ragionare del tempo che fu nelle loro case. Eppure Spina non è ancora il Forte, nonostante il cantante Bocelli insista nel trasformarlo in un luogo infrequentabile. Ma il Laido sa risollevarsi a volte con una forza che sembra mutuata dall’esempio di un celebre film di Olmi, L’albero degli zoccoli e così scrive una pagina che risolleva la fiducia nel mondo e nell’operatività e nell’intraprendenza umana.
Un babbo barbiere e una mamma che ha frequentato le cucine dei paesi hanno tre figli: Enzo, Davide, Matteo che lavorano in fabbrica. Sono sposati a tre belle ragazze e a loro volta mettono al mondo sette figli: sei femmine e un maschio, ultimo frutto del tatuato Enzo. Lavorano in fabbrica e decidono di tentare la fortuna creando un bagno, che fosse luogo di svago, ma che rinfrancasse i clienti con una cucina che fosse all’altezza della migliore tradizione emiliano-romagnola. Così interpellano amici pizzaioli e cuochi e affidano l’approvvigionamento delle merci, operazione fondamentale, a Piero il babbo barbiere dal calzino candido; la sovrintendenza della cucina alla mamma Costanza di nome e di fatto. E alzano una grande insegna, Onda blu che campeggia su un candido telone. Ora il lavoro comincia a dare i suoi frutti. I tre figli preparano tavoli e servono vivande deliziose, le mogli s’adoperano a procurare bevande e alla cassa, sotto l’occhio di Piero che tutto osserva dall’alto del suo sgabello, quando non è occupato nelle lunghe ore della spiaggia a giocare alle tradizionali partite con i suoi amici; Costanza esibisce il cappellino portato con la visiera dietro, tra una chiacchera e l’altra con le clienti più agées. Delle brave ragazze che parlano bene le lingue e si procacciano il denaro per andare a studiare all’estero ti servono festose.
Un bell’esempio di capacità, intraprendenza e di un po’ di fortuna, così dal Laido ci trasferiamo al Lido degli Estensi!
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dal 23 al 26 ottobre 2024
Quattro giorni di eventi internazionali dedicati al cinema indipendente, alle opere prime, all’innovazione e ai corti a tematica ambientale.
Gianni Venturi
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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