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Mese: Marzo 2020

Elly Schlein: “Diamo risposte alle particolari difficoltà delle persone con disabilità e alle loro famiglie”

Da: Regione Emilia Romagna.

Quasi un’emergenza nell’emergenza. E’ la condizione in cui si trovano le persone con disabilità intellettiva o psichica potenzialmente correlata a crisi comportamentali, per cui le misure restrittive di contenimento del virus Covid19 e la prolungata permanenza in casa rischiano di causare situazioni insostenibili, e che nei casi strettamente necessari possono trarre sollievo da brevi uscite dal proprio domicilio, a piedi o su mezzo privato.

La Regione, sulla base delle segnalazioni pervenute da parte di associazioni che si occupano di disabilità, fornisce chiarimenti al riguardo, facendo riferimento alle risposte ad analoghe richieste da parte dell’Ufficio per le persone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In particolare, le risposte prevedono che la persona disabile, o con problemi fisici o psichici, possa uscire per attività fisica o altre attività correlate alla propria condizione di salute, solo se strettamente necessario e osservando le regole di distanziamento sociale, eventualmente accompagnata da un familiare o da chi lo assiste. Come per tutte le uscite dal proprio domicilio per motivi di salute, l’ indispensabilità dell’uscita va autocertificata attraverso i moduli utilizzati da tutti i cittadini che ne abbiano necessità. Oggi si chiarisce che, a supporto dell’ autocertificazione, le Aziende USL, su richiesta dell’interessato o del familiare che lo rappresenta, rilasceranno una certificazione che attesti la condizione o lo stato di disabilità e le eventuali ulteriori informazioni ritenute necessarie.

“Le persone con disabilità e le loro famiglie stanno affrontando grandi difficoltà a causa dell’emergenza e delle misure restrittive per contenere il virus. Siamo in costante contatto con le associazioni che si occupano di disabilità, che ci segnalano le diverse criticità. – spiega la vicepresidente con delega alle disuguaglianze, Elly Schlein -. Si sono interrotti le abitudini e i percorsi educativi a causa della sospensione dei servizi educativi, di centri diurni e laboratori. Per questo stiamo lavorando con i comuni, gli enti gestori dei servizi e i sindacati per individuare protocolli condivisi su prestazioni individuali di supporto alle famiglie durante l’emergenza. Molti Comuni – prosegue la vicepresidente- si sono già attivati con soluzioni mirate, con l’aiuto degli educatori. Altri hanno messo in campo buone pratiche, come Rimini che ha individuato la disponibilità di un parco privato, dove persone con disabilità, per le quali la prolungata restrizione in casa risulti insostenibile, possano trascorrere qualche ora all’aria aperta nel rispetto delle misure restrittive e di distanziamento.”

Martedì, 31 marzo, nel pomeriggio, la Vicepresidente della Regione Emilia Romagna Elly Schlein incontrerà in videoconferenza i rappresentanti regionali di FISH (Federazione Italiana per il superamento dell’handicap) e FAND (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità) e la presidente del Comitato paralimpico regionale, Melissa Milani, per fare il punto sulle criticità e le soluzioni di supporto. /Ti:Ga.

Cover: foto di Maurizio Mezzetti

Le arti che aiutano i ragazzi a trasformare la paura

Da: Teatro Nucleo.

Il laboratorio Supernova non si ferma. Nonostante l’impossibilità di incontrarsi fisicamente, i ragazzi e le ragazze di Ferrara che hanno aderito al percorso integrato di teatro, rap, radio e murales promosso da Teatro Nucleo all’interno del Community Lab “FutureLab, abitiAmo il nostro quartiere!” continuano a confrontarsi e costruire futuro utilizzando tecnologie di facile accesso. Gli appuntamenti settimanali del sabato pomeriggio, infatti, sono stati tutti confermati ma – finchè non sarà possibile incontrarsi di persona – sono stati trasferiti su piattaforme virtuali, chat e gruppi di discussione: attraverso queste, i professionisti coinvolti veicolano i loro messaggi in forma di video, audio, testi e immagini, a cui i ragazzi rispondono dopo averne elaborato le suggestioni.

Il laboratorio gratuito Supernova, realizzato con il contributo del Comune di Ferrara e della Regione Emilia Romagna in collaborazione con il Centro Servizi Volontariato “Terre Estensi” nell’ambito del Piano per la Salute e il Benessere Sociale del Distretto Centro Nord, che connette in un percorso unitario discipline diverse scelte dai ragazzi stessi durante i percorsi partecipativi del Community Lab, è iniziato il 25 gennaio con l’obbiettivo di riscoprire lo spazio pubblico attraverso l’immaginazione e il lavoro creativo, riducendo isolamento e dispersione giovanili.
La particolarità del Progetto consiste nel valorizzare le competenze dei più giovani non solo per renderli consapevoli delle proprie capacità ma anche per stimolare la loro presenza all’interno del quartiere, rapportandosi anche con situazioni presenti nel mondo degli adulti e degli anziani.
Dopo i mutamenti del contesto generale a seguito del COVID-19, Supernova si è trasformato in uno spazio in cui i ragazzi e le ragazze possono fronteggiare in modo non convenzionale il momento che stanno attraversando, con la guida degli operatori del Teatro Nucleo, del rapper Moder, del collettivo di writer Vida Krei e dello staff di Web Radio Giardino: paure, timori, aspettative, speranze sono messe in comune e affrontate utilizzando i linguaggi dell’arte e della creatività.
La difficoltà di incontrarsi ha comportato anche una trasformazione dell’esito del percorso: l’obbiettivo ora è dare vita a un prodotto audiovisivo che sarà condiviso in un evento virtuale a metà giugno. L’evento pubblico in Piazza e la realizzazione dei murales su pannelli da donare ai Quartieri di Pontelagoscuro e Barco non sono cancellati ma solamente rimandati a quando sarà nuovamente possibile incontrarsi.

La prosecuzione e l’evoluzione del laboratorio Supernova racconta ancora una volta come l’arte e la cultura siano strumenti indispensabili per la comunità, in questo caso per i più giovani, per creare connessioni, uscire dall’isolamento e offrire strumenti per interpretare la realtà in senso costruttivo. Per elaborare assieme un futuro nuovo.

Per informazioni su Teatro Nucleo: http://www.teatronucleo.org/

Primo secolo Dopo Covid:
una vecchia storia che può insegnarci un sentiero futuro

In pochi sanno chi è Amadeo Peter Giannini. Non troverete una strada a lui intitolata. Se fosse stato un inventore, un ingegnere, un trasvolatore, un fisico, la trovereste. Ma Giannini è stato un banchiere, e non è un caso che sia un personaggio dimenticato. Perdonatemi il paragone, ma è dimenticato per la stessa ragione per cui persino Papa Francesco, nella sua preghiera solitaria a reti unificate, ha ricordato tutti i lavoratori che garantiscono servizi vitali o essenziali, tranne i bancari. Chi eroga o gestisce denaro, sia esso un banchiere o un umile addetto di sportello, è oggi accomunato dalla stessa aura sinistra: usuraio, trafficone, infingardo, un Sindona, un Zonin o un finto amico che ti dice di mettere i soldi della tua liquidazione o pensione in azioni e obbligazioni della tua banca locale, e dopo alcuni mesi o anni i tuoi soldi non ci sono più. Spariti.
Un furfante. Uno così non può essere nell’elenco dei lavoratori eroi. Non può essere infilato in mezzo agli infermieri, ai medici, ai cassieri del supermercato, ai camionisti che portano le derrate alimentari. Infatti non esiste, e non ha nemmeno il diritto di lamentarsi per l’assenza di un sapone o di una mascherina: anche se, senza banca, la gente non incasserebbe la pensione, lo stipendio, o la cassa integrazione.

Ma torniamo al nostro uomo. Amadeo Peter Giannini, ligure, emigra a San Francisco, dove all’inizio del secolo scorso apre una banca per gli emigranti italiani. Non fa a tempo ad aprirla che, nel 1906, un terremoto distrugge la città. Per tutta risposta, Giannini mette un banchetto tipo frutta e verdura in piazza, ci mette sopra il cartello “Bank of Italy” e, circondato dalle macerie, inizia a prestare soldi ad artigiani e commercianti italiani, messi in ginocchio dal sisma. Persone alle quali nessun altra banca, in quel momento, avrebbe dato un centesimo.
La banca si espande, Giannini diventa un outsider conosciuto anche fuori dagli ambienti finanziari. Con il denaro della sua banca viene finanziata la costruzione del Golden Gate. Conosce Charlie Chaplin, al quale presta il denaro necessario a girare Il monello. Finanzia il primo lungometraggio di Walt Disney, e parte dei film di Frank Capra. La sua banca diventa la Bank of America, tuttora uno degli istituti più grandi del pianeta.

La parabola ascendente di Amadeo Peter Giannini si basa su un rapporto tra lui e i suoi clienti che non è economico, ma emotivo: la fiducia. Io ti do fiducia quando nessun altro te la concede, tu ripaga questa fiducia con la stessa intensità. E’ per questo che persone che non possono dare nessuna garanzia, tranne quella del loro lavoro, restituiscono a Giannini il denaro avuto fino all’ultimo centesimo.
Attualmente il rapporto tra banca è cliente si basa sulla diffidenza. Io banca ti chiedo un pegno di quindicimila euro per prestartene ventimila. Tu cliente mi presenti un bilancio falso e mi chiedi soldi che quel bilancio non giustifica, ma c’è il ‘nero’ e sulla base di quello mi devi finanziare. In questo pactum sceleris, alla prima difficoltà, il primo impegno da lasciare indietro sono le rate della banca.

Tutto questo è accaduto nell’era A. C. (Avanti Covid). Nel D. C. (Dopo Covid) ci sarà bisogno di altri banchieri: come Amadeo Giannini. Nell’era Dopo Covid, il banchiere non potrà più lavarsi la coscienza donando respiratori agli ospedali (operazione comunque utile e meritoria), perché il suo business sarà irrimediabilmente cambiato. Improvvisamente, e in maniera del tutto inaspettata, il tanto vituperato (perché ormai poco redditizio) credito tornerà ad essere centrale nell’attività bancaria, ma sarà un credito spesso privo di garanzie economiche. La base del rapporto dovrà essere non economica, ma emotiva. La fiducia. La fiducia dovrà tornare ad essere l’ingrediente di base su quel banco di frutta aperto in una piazza circondata da botteghe chiuse. E la banca dovrà tornare ad essere una infrastruttura, esattamente come una ferrovia, una strada, un ponte. I grandi azionisti dovranno decidere se continuare ad aggrapparsi ai dividendi, e diventare i più ricchi del cimitero; oppure operare una rivoluzione copernicana e diventare uno dei motori della ricostruzione.

In copertina: elaborazione grafica di Carlo Tassi

DIARIO IN PUBBLICO
La lingua in evoluzione. Parole, espressioni, modi di dire

Scritto a quattro mani da Laura Dolfi e Gianni Venturi

A un mio grido “BASTA”, urlato sulle pagine fb che metteva in evidenza alcuni lessemi ora di moda e che invitavo ad arricchire con altri esempi inviati dai miei 25 lettori, si è aperto un fruttuoso dibattito che si aggrega attorno all’importante riflessione offertami da Laura Dolfi, amica carissima e tra le maggiori ispaniste. Così nasce questo pezzo in cui le parole o i modi di dire criticati sono evidenziati in rosso e a volte commentati dagli stessi proponenti.

Va da sé che a questo punto sia obbligato ad usare il più diffuso tra i modelli di saluto: ‘buonagiornata‘,  che potrebbe essere sostituita con il più usuale e naturale ‘buongiorno’ fino a qualche tempo fa il più diretto e semplice tra i saluti.
La risposta di chi legge queste righe e che esprimerà approvazione o negazione si attesta sui terribili ‘assolutamente sì – assolutamente no‘, senza i quali oggi nessun intervento pubblico, ma anche privato, può sussistere. L’abbondanza dell’uso non solo esibita dai politici, dai giornalisti, o nei social ora s’arricchisce dall’uso smodato che ne fanno virologi e scienziati. Mi ricordo che una volta scappò detto anche al severissimo Massimo Cacciari.
Al proposito mi sembra necessario riportare parte di un articolo di Tomaso Montanari, Insegnamento a distanza, come ‘stare in cattedra’, apparso su Il Fatto Quotidiano del 23.3.2020, dove l’autore commenta la lingua che si usa nelle cosiddette ‘lezioni a distanza’ in uso ora nelle scuole e università per le note vicende legate al corona virus:
“Oltre tutto questo, c’è poi un problema più profondo, e un rischio più grande, che riguarda tutti i gradi dell’istruzione, ma è più tangibile via via che si sale verso l’università. Ed è la tentazione di pensare che in fondo la didattica online sia del tutto equivalente a quella vera, e che anzi sia preferibile. L’affermazione delle università telematiche (che ho sempre considerato un’aberrazione, una contraddizione in termini: come musei solo virtuali, sesso solo on line, cucina solo in tv…) sta di fronte a noi come un monito: non è che dopo il coronavirus si alzerà qualcuno a dire: “Perché non continuiamo sempre così?”. Non sembri una paranoia da recluso: in molti dipartimenti (quelli a più alta densità di professori che esercitano una professione, come per esempio i giuristi) la spinta c’è da molto tempo, ed è sulla didattica a distanza che vengono istradate molte risorse premiali”. Questo tipo di didattica, ovviamente legato alla necessità di superare la ‘criticità‘ debitamente usata da Montanari (mi perdoni Tomaso?) del momento, cercherà di prolungarsi nel tempo e quindi di essere usata in modo permanente.
E di queste formule linguistiche ricordo una che per fortuna sembra scomparsa: ‘xké = perché’. Il campo è cosi vasto che occorrerebbe come suggerisce Francesco Monini la consultazione del Dizionario dei Luoghi Comuni di Flaubert. E incalza Anna Dolfi denunciando l’uso di ‘Senza se e senza ma – Qui lo dico e qui lo nego‘. A questa conclusione si potrebbe applicare l’interiezione che è ormai diventata una cifra stilistica di Fiorenzo Baratelli: ‘Ottimo‘ che sigla ogni suo intervento. E’ certamente un ‘grosso‘ problema giustamente rimproveratomi anni fa da Giorgio Cerboni Baiardi per lo scambio comune ormai e quindi accettato forse anche dalla Crusca tra ‘grosso-grande‘.
Le ‘problematiche‘ al luogo dei più semplici ‘problemi’, che sta raggiungendo il suo picco, spesso si insinuano in un linguaggio tecnico sottolineato da Giangi Franz che suggerisce: ‘Ecologia del linguaggio = ecologia del pensiero‘. Potrebbe diventare: ‘pensiero ecologico‘?
Ma che dire del terribile ‘piuttosto di – invece di‘ usatissimo come sottolinea Silvia Manzoli, specie aggiungo io nel linguaggio sindacale (Maurizio Landini ne è un campione), e del veramente orrendo (scrive Alfredo Potena) ‘Rappresentazione plastica‘, a cui si aggiunge ‘E’ stato aperto un tavolo‘ (Luca Brunelli). Simonetta Cini scrive di provare senso di nausea di fronte a ‘imperdibile‘.

Il gioco e la lista potrebbero proficuamente continuare ma è ora di lasciare lo spazio alla importantissima riflessione di Laura Dolfi che qui trascrivo, ringraziandola di cuore:

“A proposito delle contaminazioni da altre lingue basta pensare all’espressione ‘con i complimenti di’ ormai diffusa nei nostri alberghi che lasciano in omaggio nelle camere cioccolatini o altro e che è una chiara traslitterazione dall’inglese compliments. Ed è spesso l’inglese, cioè la lingua che si è imposta come veicolo di comunicazione internazionale, ad offrire altri significativi esempi, a volte circoscritti nell’ambito della sfumatura. Penso al frequente ‘non c’è problema’, derivato da no problem, che sta sostituendo il ‘non ci sono problemi’ fino ad anni fa comunemente usato in italiano: l’ho notato per la prima volta, ma in modo costante nelle serie televisive americane trasmesse in TV (di nuovo indicate con un’altra parola, ispanica in questo caso, telenovelas) che proprio per la loro natura seriale imponevano traduzioni fatte in fretta e che quindi facilmente potevano cadere nella traslitterazione. Ma mi sono trovata anche con dei ‘piccoli annunzi’ invece dei consueti ‘avvisi economici’ e anche in questo caso si vede facilmente sullo sfondo una lingua straniera (i petites annonces francesi, ecc.).
Accanto alle traslitterazioni poi ci sono le mode, cioè i prestiti innecessari, come il ‘golpe‘ che, dopo il Cile, ha sostituito il nostro ‘colpo di stato’ o anche quel ‘trial‘ o quel ‘shut down‘ che imperversano in questi terribili momenti di coronavirus in sostituzione di equivalenti italiani altrettanto degni e efficaci. E in questo campo gli esempi sarebbero numerosi.
Ma naturalmente è evidente che, in molti casi, accanto alla moda, agli errori di traduzione per fretta, ecc. c’è la voglia di essere rapidi, insomma vince la parola (o la forma) più breve. Ne sono testimonianza le abbreviazioni usate per i messaggini inviati sui cellulari, spesso passati anche alle mail. Mi ricordo vari anni fa, dopo aver ricevuto la mail da uno studente che usava queste abbreviazioni, di aver iniziato la lezione con una breve parentesi ‘fuori tema’, cioè con un commento a quel messaggio. Quello che mi premeva sottolineare – e lo dissi esplicitamente – non era tanto rilevare il fatto in sé (visto che la scrittura è una convenzione e ci si poteva accordare su tutto) ma la probabile non-coscienza degli strumenti utilizzati. Quanti di loro infatti si rendevano conto di cosa stavano usando? se infatti scrivevano ‘ke’ invece di ‘che’ ricorrevano all’alfabeto fonetico internazionale, cioè a quell’alfabeto che segnalava la perfetta resa di un suono gutturale che si concretizzava graficamente in modo diverso nelle varie lingue (‘che’ in italiano, ma ‘que‘ in spagnolo e francese, ‘ke‘ in inglese, ecc.); se invece usavano ‘x‘ ricorrevano a un segno matematico che non aveva niente a che vedere con la fonetica, e tantomeno con la scrittura visto che rimandava a parole completamente diverse (il ‘per’ italiano, tradotto in altre lingue, aveva equivalenti dissimili sia per grafia che per suono); se poi usavano un emoticon ricorrevano ancora a un altro codice, cioè a una sorta di ideogramma. Insomma quella che stavano utilizzando nei loro messaggi, in forma ‘non cosciente’, era una miscela di codici diversi con l’unico obiettivo di risparmiare tempo e spazio.
Questa non coscienza dei codici utilizzati ha poi anche dei risvolti ‘divertenti’, mi ero trovata infatti a riflettere – e forse mi sarà capitato di raccontarlo già – su quanto mi aveva riferito un collega di storia, e cioè di uno studente che, agli esami, gli aveva parlato del famoso generale Biperio. Anche in questo caso insomma, al di là dell’ignoranza del ragazzo, quello che era interessante era il fatto che alla base c’era un errore di codice: per leggere gli appunti della lezione che un compagno gli aveva passato il ragazzo aveva infatti utilizzato, invece del codice grafico italiano, quello delle abbreviazioni che evidentemente gli era più familiare (ed è inutile dire che il Generale alluso era Nino Bixio).”.

 

 

 

 

L’EUROPA E LA SPERANZA:
due settimane decisive per rinascere o morire

Nei prossimi giorni si decide la sorte della prossima Unione Europea.
Il Governo italiano insieme a Francia, Spagna ed altri 7 Paesi – che detengono sia la maggioranza del Pil dell’Eurozona (60%), che della popolazione (65%) – chiedono ai Paesi partner (Germania, Olanda, Austria più il blocco dei Paesi dell’Est Ungheria, Polonia ecc.) di introdurre misure specifiche (tipo Eurobond) per finanziare la ricostruzione dell’Europa dopo la catastrofe causata dal Covid-19.
Tra 2 settimane sapremo se ci sarà questa svolta decisiva. Non si tratta di mettere a carico dei tedeschi il nostro debito pubblico creatosi fino ad oggi, e neppure il nuovo debito che nascerà, ma solo una parte da stabilirsi, che dovrebbe essere sottoscritta da tutti gli europei (risparmiatori e istituzioni finanziarie) con un rischio pari a zero e un tasso di interesse molto basso (proprio per non gravare sui debiti pubblici accumulati).
Ciò consentirebbe di immettere una enorme liquidità ed aiuti una tantum a tutti gli europei per 3 o 4 mesi (imprese, lavoratori, disoccupati, lavoratori in nero da regolarizzare), utilizzando anche forme inedite, ad esempio assicurare a tutti un reddito di base. E successivamente avviare alcune politiche comuni come l’introduzione di un sussidio di disoccupazione europeo, un’indennità comune per i poveri, un consolidamento delle spese per sanità, scuola, lavoro per i giovani, erasmus in tutta Europa: una sorta di primo pilastro di base di welfare europeo uguale per tutti.
Spingono in questa direzione anche le scelte della BCE. la quale ora ha capito che deve aprire i ‘cordoni della borsa’ con misure imponenti, acquistando i titoli nazionali a debito in modo illimitato e, a maggior ragione, lo potrà fare per titoli Europei. Un altro segnale positivo è l’abbandono del Bilancio in Pareggio decisa dai Governi UE e la decisione (per la prima volta) di una maggioranza di Paesi UE di procedere ad azioni comuni, capitanati da Francia, Italia, Spagna. Non dobbiamo ‘impiccarci’ agli Eurobond: potrebbero essere lunghi da farsi, perché visti dagli elettori tedeschi, olandesi e dei Paesi dell’Est, come una ‘resa’ ai Paesi indebitati del Sud. L’importante è inventare un modo per cui ci sia una prima vera forma di ‘fratellanza’ nel finanziare questa crisi a beneficio di tutti, un modo che dia la spinta a costruire gli Stati Uniti d’Europa federali, cioè quello che chiedevano i fondatori come Spinelli.
La Gemania e i Paesi nordici hanno il timore che i titoli del debito europeo facciano salire il loro tasso al livello di quello italiano, ma non è un timore fondato. Ci sono in Europa almeno 40mila miliardi di risparmio cash (tra conti correnti bancari e titoli) nelle mani dei soli cittadini (senza considerare le istituzioni finanziarie) che possono finanziare la Ricostruzione.
Solo mettendo mano al portafoglio si allarga il cuore, si formano quei nuovi valori che fondano una nazione. In passato furono le guerre a formare gli Stati. Ora dobbiamo usare cuore e cervello perché vivremo un periodo di de-globalizzazione, di ritorno ai confini ma solo stando tutti insieme nell’ampio spazio europeo possiamo salvare le nostre economie e le filiere che si sono così allungate nel mondo. Tornando a casa nelle singole nazioni, ci sarebbe un drastico peggioramento del tenore di vita.
Per fortuna Mario Draghi l’ha detto chiaramente: “di fronte a una catastrofe di proporzioni bibliche […] la perdita di reddito del settore privato deve alla fine essere assorbita in tutto o in parte dal bilancio pubblico […] durante la prima guerra mondiale in Italia e Germania tra il 6% e il 15% delle spese di guerra fu finanziato dalle tasse (il resto no, ndr.) non si tratta solo di fornire un reddito di base a chi perde il lavoro, bisogna proteggere l’occupazione e la capacità produttiva […] i livelli di debito pubblico saranno aumentati, ma l’alternativa ad una distruzione permanente della capacità produttiva e quindi della base fiscale sarebbe molto più dannosa per l’economia e infine per il credito pubblico […] lo shock non è ciclico e il costo dell’esitazione può essere irreversibile. La velocità del deterioramento dei bilanci privati deve essere soddisfatta dalla stessa velocità nello schierare i bilanci pubblici, mobilitare le banche e, in quanto europei, sostenersi a vicenda nel perseguimento di ciò che evidentemente è una causa comune”.
Parole chiarissime che speriamo imprimano la spinta definitiva a cambiare pagina. Se non ora quando?

In copertina: elaborazione grafica di Carlo Tassi

PER CERTI VERSI
Frammenti d’Italia (terza tappa)

La descrizione, frammento dopo frammento, di un paese meraviglioso…
Ma questo paese è il nostro paese!
E proprio questa intensa opera lirica dà la misura della bellezza incomparabilmente varia di una terra ammirata e invidiata da tutti eppure, forse proprio per questo, denigrata da molti.
In un’Italia che in questa drammatica emergenza rischia d’andare in pezzi, ma che – ne sono convinto – saprà riemergere più forte e coesa di prima, è forse arrivato il momento per noi tutti di comprendere quanta fortuna significhi esservi nati e cresciuti, nonché l’onore d’esserne figli. Scopriamolo scrutandone i frammenti nell’omaggio poetico di Roberto Dall’Olio che, per quattro settimane, si rinnoverà ogni domenica e ogni mercoledì.
Buona lettura e buon viaggio.

Carlo Tassi

FRAMMENTI D’ITALIA

XVIII

un colle
un bosco
un cielo
diventano
il colle
il bosco
il cielo

XIX

tu lo credi
non c’è progresso
nell’arte
solo così
il tuo spirito si nutre
dell’Italia che vedi

XX

la cosa più importante
è inusuale:
dipingere con i piedi
quelli giusti
per calzare lo Stivale

XXI

un’idea eretica:
Dio
nell’ebbrezza del riposo
fece l’Italia
di Domenica

XXII

a volte
seriamente
i tuoi colori
sorridono

XXIII

la natura
è immersa
il paesaggio
lo fa la storia
di passaggio

XXIV

hai tolto
il Barocco
come se
fosse sciocco
di fronte all’essenziale
l’Italia classica
Rinascimentale

XXV

gli olivi
hanno le mani
da pianisti
i fianchi di Venere
gli occhi di Enea

XXVI

se si abbandonano
le antiche spoglie
si sentono
cedere
le ossa
del mondo
e il dolore
senza domani

vai alla seconda tappa

vai alla quarta tappa

Perchè il progetto Europa non decolla?

di Grazia Baroni

Uno dei problemi dell’Europa è che non si studia più la storia o meglio che non si considera più la storia come una esperienza su cui riflettere.
I destini dei diversi popoli europei travagliati dalle continue guerre che si sono succedute alla caduta dell’Impero Romano e alla sua disintegrazione sfociarono finalmente in un momento di maggiore stabilità sotto il governo di Carlo Magno.
Grazie al suo progetto unitario si elevò culturalmente il livello sociale nella vita pubblica dei singoli feudi della realtà europea perché si poterono unire e gestire le varie forze e ricchezze esistenti nel territorio, prima disperse dalle continue guerre, facendole convergere in un unico e pensato disegno sociale.
In questo modo le varie forze esistenti nel territorio prima disparate e in continua lotta tra loro si unificarono e così Carlo Magno poté eliminare il motivo delle divergenze e delle contrapposizioni tra i feudatari creando nell’Impero una prospettiva di società, sbocco comune di sviluppo a livello culturale, poi sociale ed economico, ponendo al centro il valore della vita degli esseri umani.
Facendosi incoronare dal Papa, Carlo Magno rese pubblica la qualità umanistica del suo progetto di governo, a cui tutti i feudatari dovettero adattarsi. Così poté dare quegli strumenti alla società perché si sviluppasse a partire dal livello culturale, istituendo scuole, inserendo servizi, riorganizzando una società pacifica e laboriosa, rivolta al proprio benessere.

Dalla morte di Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, l’Impero si divise in tre realtà distinte. Infatti Ludovico anziché adeguarsi al sistema di successione ereditaria della corona, divise l’eredità tra i suoi tre figli come era nella tradizione dei Franchi. Con tale scelta infelice ricreò le condizioni perché si facesse la guerra tra gli eredi, vanificando le conquiste del padre.
Da quel momento in avanti il problema dell’Europa è tornato a essere che i potenti continuano a difendere i loro privilegi, e ognuno in modo diverso.

Noi italiani ignoriamo più di tutti la storia del nostro paese: lo sviluppo sociale ed economico avvenne dopo che i vari Stati che componevano la penisola si unificarono in un unico Paese, nel 1861. E’ innegabile che dando a ciascuna parte un’unica prospettiva, gli sforzi di emancipazione, laddove ci sono stati, chiaramente funzionano di più e meglio perché le forze non si disperdono ma puntano a un unico fine.

In generale, si ha uno sviluppo armonico di una civiltà solo con quei governi che garantiscono la democrazia mettendo al centro la giustizia sociale e la qualità della vita come progetto di governo, perché così si pongono le condizioni della pace.

Invece, i governi che si basano solo sulla ricchezza materiale non creano vero sviluppo ma disuguaglianze e tensioni sociali (si veda l’Impero inglese che non ha portato sviluppo in India e nei territori che ha conquistato, ma solo privilegi per la corona).
Sicuramente il progresso di una società che pone al centro lo sviluppo della persona implica un processo più lento e non immediato, ma questo è duraturo ed efficace e meno doloroso per lo sviluppo dell’umanità.

Quindi, cosa aspettiamo a realizzare l’Europa come unica realtà quando sappiamo – poiché la storia ce lo insegna – che avere un progetto unico, comune, di giustizia sociale e di democrazia, è un passo avanti per tutti ed è la chiave per la realizzazione di qualsiasi progetto di futuro?
Il malessere che c’è oggi tra i giovani non è dovuto alla consapevolezza che la cultura occidentale è malata di supremazia, ma alla consapevolezza che molte scelte che i nostri governi stanno realizzando conducono ad una realtà che va contro la ragione, perché non ci può essere democrazia basata sui privilegi, non ci può essere sviluppo economico basato sul consumo, non ci può essere sviluppo culturale sulla privatizzazione della conoscenza e i territori si possono sviluppare avendo servizi pubblici che, per definizione, non abbiano  come scopo il profitto ma servire gli abitanti dei territori stessi.

Le civiltà, gli Imperi e le Nazioni non vengono sconfitte per cause esterne, ma per debolezza interna. La storia ci fa capire, così, che le civiltà muoiono perché rinnegano la qualità del loro fondamento e della loro origine.
Roma non cadde per l’invasione dei barbari, ma perché sacrificò la sua origine repubblicana e di giustizia sociale alla forma dell’impero. Per questo motivo Roma non fu più una realtà politica attraente e innovativa ma una tra le tante, un terreno di conquista e non più un progetto di vita e sviluppo da condividere.
Anche nella storia recente, i governi degli stati europei hanno dimenticato il motivo per cui avevano avuto l’urgenza di realizzare, negli anni quaranta, uno stato europeo.

Il fatto è che chi detiene oggi il potere e fa resistenza per difendere i propri privilegi non ha capito che o sceglie di evolversi in una dimensione più giusta rispetto ai valori attuali o verrà travolto dalla storia che comunque va avanti; l’umanità si riconosce come tale nella libertà e nel rispetto reciproco che portano al desiderio comune del vivere in pace e non nelle ingiustizie e nella sopraffazione.
E la pace non è una realtà di sospensione di guerre, una parentesi tra due momenti di conflitto, ma un progetto di giustizia sociale, di realizzazione della comunità umana.

PRESTO DI MATTINA:
un sogno, una domanda e un “esercizio spirituale”

Buongiorno. Anche in questo sabato di silenzio che conclude una settimana di silenzi. Silenzi vivi però. Quasi a voler anticipare il Sabato Santo: il grande silenzio che avvolge tutta la terra nel giorno in cui il Signore riposa dopo la lotta vittoriosa contro il dragone.

Ho una cosa da chiedervi, anche se so già che molti già la fanno. Pregare penserete voi. Sì anche pregare, perché è importante, importantissimo farlo in questi giorni.  E ricevo numerosi messaggi di persone che m’invitano a ricordare nella preghiera le persone ammalate, quelle sole, i medici, gli infermieri, gli agenti e tutti coloro che lavorano per noi. Ed io rispondo che lo faccio sempre; e alla sera prima di entrare in parrocchia, vado fin sulla porta e sotto le finestre della comunità La luna, vi giro attorno e mentre dico il Pater tocco le pietre del muro una ad una come fossero persone.

Ho sentito anche al telefono il mio medico, che mi ha raccontato che fa il possibile, assieme ad altri suoi colleghi del gruppo medicina, per essere di aiuto a chi chiede loro assistenza. Ma ha aggiunto che i veri eroi sono i medici ospedalieri direttamente a contatto con i malati di Covid. Salutandolo gli ho detto che pregavo per loro e lui di rimando mi ha detto: “Grazie di cuore. Ne abbiamo assoluto bisogno.”.

Ma vi è un’altra cosa di cui c’è bisogno, e non è meno importante del pregare, vale  a dire mettere in pratica la Parola. Sostiene Michel de Certeau che vi è un credere originario, insito nell’umano, nella forma esistenziale: e questo credere è “praticare l’alterità, l’altro”. Quindi vi chiedo – lo chiederei anche i ragazzi del lunedì – di avviare questo esercizio spirituale, per così dire, perché in realtà l’esercizio che vi chiedo coinvolge anche il corpo: ovvero passa dal cuore, arriva allo spirito e solo alla fine affiora sulle labbra, come una risposta a chi hai di fronte.

Ricorderete che nella ricerca del santo Graal, l’unico che lo trova è Parsifal. E questo perché, in ragione della sua ‘trasparenza d’animo’, egli vede con gli occhi del cuore, sa porre la domanda giusta al guardiano che non lascia passare nessuno: e la password che gli permette l’accesso di fronte al guardino anziano e soffrente è “Che cosa ti affligge, qual è la tua sofferenza?”.

Mi ha telefonato anche il papà di Marco, per aggiornarmi sulla situazione in via Assiderato. E – sorpresa! – mi ha riferito che hanno creato una chat per quelli della via, in modo da aiutarsi l’un l’altro tra vicini; si passano le notizie e uno provvede a fare la spesa per tutti. Ecco gli esercizi, le buone pratiche di solidarietà verso coloro che sapete essere soli in casa, scoraggiati o in difficoltà, perché hanno perso il ritmo di prima, anche i giovani ne risentono. Ecco l’opportunità. Pensate a un amico. Pensate ad un vicino. Attivate l’inventiva del quotidiano; e se le strade non sono agibili, escogitate percorsi alternativi nel rispetto del bene comune che è la vita di tutti.

Vi voglio raccontare un’esperienza di tanti, tanti anni fa. Un’esperienza per me così forte che la scrissi nel mio taccuino nel lontano 2000 e poi non dissi a nessuno. Era il primo dicembre, ed ebbi un sogno suscitato da un incontro reale: un sogno che operò in me come un ‘accrescimento di coscienza e di responsabilità’.

Ve lo racconto così come l’ho appuntato.

L’altra notte – scrivevo – ho sognato di essere in un luogo indefinito, un camerone con tanta gente seduta a tavoli piccoli, che non potevi evitare di urtare mentre vi passavi in mezzo, e voltandomi mi accorsi che ad uno di essi era seduto Papa Wojtyła. Con il dito mi fece segno di fermarmi. Quindi mi mostrò un biglietto natalizio con dei lustrini luccicanti, chiedendomi cosa fosse. “Che strana domanda mi fa?”, pensai. “Perché non comprende che è un biglietto natalizio?”. Tenni tuttavia quel pensiero per me e mi fermai per spiegargli cosa fosse. Passò un attimo lunghissimo, e poi sentii come di dovergli chiedere qualcosa: una domanda che porto sempre dentro di me, anche quando dormo o non affiora alla coscienza. Ma diviene martellante, ogni volta che incontro persone imprigionate e scosse dal dolore, dalla malattia, quando ascolto il telegiornale, quando cammino in ospedale o faccio mentalmente l’elenco degli ammalati e delle persone sofferenti della parrocchia. E così chiesi al Papa con un profondo slancio interiore, quasi a voler esigere a tutti i costi una risposta, sicuro che mi sarebbe stata data, come a volermi alleggerire un poco da quella domanda, che a volte è pesante come un macigno, e chiesi – ripetendolo però più volte – “perché tanta sofferenza nel mondo? perché? perché?”. Mi veniva da piangere. Lui però non rispose. Mi alzò in piedi, prese la mia testa tra le mani e l’avvicinò alla sua in modo che le nostre fronti si toccassero. Restammo così un poco, senza guardarci, con gli occhi chini, fronte a fronte. E infine mi svegliai.

Per tutta la giornata pensai al sogno, chiedendomi cosa potesse averlo fatto nascere. Ma niente; non mi veniva una spiegazione. Anche quella sera andando a trovare la nonna di Maria Grazia, lo facevo spesso, che non parlava più a causa di una malattia che l’aveva lentamente paralizzata – tanto che rischiava ogni momento di soffocare, per via della saliva che si fermava nell’esofago oramai immobile e non andava né su né giù – le raccontai il sogno, e dopo avere riferito anche altre cose, ritornai a casa. Il giorno dopo, mentre ero sovrappensiero, ricordai però un gesto a cui non avevo fatto caso la sera prima, né le volte precedenti. E allora compresi. Quando quella signora stava male, fino a soffocare, la figlia o la nuora la sollevavano dalla poltrona mettendola in piedi: poi l’avvicinavano a loro, e fronte a fronte con la mano l’aiutavano a calmarsi e a riprendere il respiro. Ecco da dove veniva il mio sogno. Allora mi sembrò di risentire la domanda: “quanta sofferenza?” e la risposta non c’era, o meglio non era in parole, ma in un gesto piccolo piccolo, che univa due persone nella solidarietà dell’amore: fronte contro fronte, gli occhi chini finché il respiro non ritornava.

Quando morì Giovanni Paolo II, il 2 aprile 2005, mi ritornò vagamente alla memoria del sogno. A farmelo ricordare fu la grande fotografia posta sul sagrato della cattedrale. La foto che lo ritrae con la fronte appoggiata al crocifisso del suo pastorale. Fronte a fronte con il Signore.

Acqua e immagine, argine e luce, pesci e pensieri:
il respiro del mio fiume che resiste alla pandemia

Io abito in un paese piccolo, attraversato da un fiume, nella bassa bresciana martoriata dal virus.  Sono cresciuta vicino al  fiume e di lui so quasi tutto. Ci sono persone che abitano qui che ne sanno anche più di me, alcuni pescatori, gli agricoltori, Marino. Una cosa sorprendente del mio fiume è la sua coerenza. Assomiglia sempre a se stesso. Quando torno da un viaggio, vado sempre a vedere come sta il fiume. Sta sempre lì, più o meno uguale. C’è stato un tempo in cui era cattivo: ogni tanto rompeva gli argini e inondava mezzo paese. Le case, le stalle, le rimesse, i campi. Faceva ribollire i tombini, annegare le lepri, marcire il granoturco. Poi sono stati rifatti gli argini e lui è diventato buono.  Non irrompe più, accompagna.  Accompagna e tace. E’ una presenza fisica e metafisica insieme.

E’ acqua e immagine, fondale e colore, argine e luce, pesci e pensieri, tramonti e passioni. Il fiume accompagna la vita, la guarda mentre cammina, incespica, riprende, finisce. Il fiume è una grande metafora usata da molti scrittori. Uno per tutti: Conrad. E poi Pavese, Soldati, Calvino, Guareschi, Arpino, Levi, Bacchelli.
Il fiume respira. Respira i pensieri della gente che ora sono di speranza. Speranza che questa malattia con tutti i suoi morti finisca, che si interrompa questa peste del 2020 con tutto il suo carico di orrore.
Non credo che la vita sarà più come prima. Non saranno più come prima la finanza, l’economia e il diritto. Non lo sarà la politica con tutto il suo strillare inutile e la ricerca continua della polemica che fa bene ai sondaggi. Non lo sarà la ricerca del divertimento a tutti i costi, delle vacanze di lusso, delle brutte citta outlet.

Invece so che il  fiume resterà tale, camminerà con la sua lunga scia, con le onde increspate dal vento, con il suo gorgogliare e il suo strano arrovellarsi su se stesso. Nel fiume ci sono correnti pericolose che creano vortici violenti. Nel mio paese si racconta di persone morte così.
Tante volte mi sono seduta sulle sponde del fiume, e il mio corpo si è come sollevato,  ho visto il fiume in tutto il suo corso, nella sua completa verità.
Dall’alto del cielo è tutto più chiaro, il sole scotta e gli alberi sono verdi, gialli e rossi.
Ho aperto le ali e sono volata in alto, nel cielo. Sopra il fiume e sopra l’acqua, nel vento e nel tempo. Dall’alto si vede meglio, brilla l’aria. Ho visto le case e le porte chiuse, le finestre e i camini, i tanti cortili. Qui quasi tutti hanno un cortile. Nel cortile si vive e si spera. In tempi di pandemia, si ritrovano ancora delle voci tra le mura di quei recinti.

Nei cortili ci sono le famiglie. Una delle nostre istituzioni fondanti. La famiglia può essere ricettacolo di nefandezze. Ma molto più spesso è fonte di sicurezza, di complicità, di fiducia. E’ la fiducia che gli altri ci saranno sempre per noi che ci permette di partire e tornare. La fiducia nella consolazione e nella complicità. E’ la fiducia che dà senso alla ricerca e alla scoperta, perché, a casa, ci sarà qualcuno che ascolterà e capirà. La famiglia è un nucleo primario che dà forza ai suoi appartenenti. I migliori pensieri vengono da lì. La coralità dei pensieri circoscrive e plasma l’appartenenza che sa poco di biologico e molto di umanità.  La forza  per diventare  mente e corpo che  vede, sente, crea, nasce così. La fiducia è il  motore del mondo. Nella possibile fiducia che una famiglia dona c’è una grande scommessa, una forte aspettativa per il futuro, un po’ del bene che verrà.

Nei cortili ci sono i polli. Io amo i polli. Quando ero piccola giocavo con loro. Adoravo i pulcini. Li adoro tutt’ora. Gli animali da cortile sono uno degli elementi essenziali dell’economia rurale. Sono una parte della famiglia. I polli sono rossi bianchi, corrono veloci, amano i vermi  e il radicchio. I polli mangiano sempre e se vedono un loro simile scavare col becco in un buco, fanno altrettanto. Per invidia, credo. In questo assomigliano alle persone. L’invidia è una delle grandi piaghe dell’umanità. Invidia per chi ha più di noi, per chi è più giovane, più bello, più ricco, “mangia” di più. Un mangiare che acquisisce un senso generico e non si riferisce solo al cibo, ma a una voracità sociale che include tutto l’afferrabile.

Nei cortili ci sono tante piante. I gerani e i campanelli. C’è il prezzemolo e la salvia nei vasi. Le fragole rampicanti, i pomodori. Il nostro polmone verde viene anche da lì. La vegetazione è fondamentale, le piante danno ossigeno, puliscono l’aria. Il rispetto per le piante è fondante. La potatura, l’attenzione ai parassiti, la fioritura, la raccolta. C’è qualcosa di sacro in tutto ciò. C’è l’esperienza dei nonni e c’è la consapevolezza dei saggi. C’è lo stupore dei bambini e c’è l’attaccamento dei più. Nelle piante c’è la linfa, c’è vita. Noi cerchiamo sempre ciò che è vivo, ciò che dà vita, ciò che rafforza con la sua vita la nostra vita e quella di tutti. (I polmoni che non funzionano più muoiono, la polmonite è virale, servono i respiratori).

Senza cortili, animali e alberi perdiamo consapevolezze importanti, rischiamo di non sapere più che uomini e donne siamo.
Il mio volo ritorna sul fiume. Vedo il suo corso, le sue anse strette, il suo incedere elegante. Vedo me da piccola e come sono ora, in un rimescolio del tempo che sa di magia e sorpresa. Vedo la gente che cammina lungo le sponde. Che il fiume accompagni le loro risate e i loro sospiri, li sostenga sempre col suo riparo e la sua acqua.
Il fiume per me c’è sempre e in questa certezza c’è il mondo e l’universo, il qui e ora, il là e il domani. Ciò che sarà. Vicino al fiume c’è la pace di chi si siede e lo guarda, dimentica i guai suoi e del mondo, dimentica che morirà. Questo è la magia del fiume. Ti fa sentire eterno, ti toglie la morte, se la tiene per sé. Il fiume è silenzio, pensiero, accompagnamento, eternità. Lungo il fiume si respira ciò che sarà.

Il volo finisce, torno a terra. Sulla riva. Mi rimetto le scarpe e sto ancora un po’ là.

 

Bene le Linee guida della Regione, adesso il Comune convochi il Tavolo di coordinamento. Massima tutela per i volontari e per le persone assistite

Da: Partito Democratico di Ferrara.

Il Terzo settore, inserito in un coordinamento efficace, svolge un ruolo fondamentale nella gestione delle emergenze: è stato così nella gestione del sisma del maggio 2012 e lo è da e sempre nei momenti di bisogno e di forte criticità per la popolazione, come quello che stiamo vivendo in queste settimane.

La volontà delle persone di mettersi a disposizione per chi ha più bisogno ha sempre superato la paura, ieri come oggi. La differenza oggi sta nella tutela estrema di chi si mette a disposizione che necessariamente deve avere presidi, assicurazione ed essere coordinato fin nei minimi dettagli su cosa può e deve fare.

E bene ha fatto la nostra Regione, oggi, a uscire con le Linee guida per la sicurezza dei volontari. “Massima tutela per loro e per le persone assistite” ha detto la vicepresidente Elly Schlein, nel presentare questo provvedimento, che fornisce indicazioni chiare sulla possibilità di svolgere attività di volontariato connesse alla gestione dell’emergenza (come la consegna a domicilio di generi alimentari, medicinali e altri beni di prima necessità, o la gestione degli empori e delle mense solidali), riducendo il rischio di contagio e salvaguardando la salute dei volontari e delle persone a cui prestano aiuto.

Fondamentale in questo momento è il tavolo di coordinamento comunale come indicato dalla Regione, che unisca più attori in sinergia, capaci con immediatezza di raccogliere i bisogni, fare scelte strategiche, raccogliere un volontariato formato, anche e non solo a supporto delle associazioni oggi in prima linea, preparato e coordinato per i molteplici bisogni che non sono solo legati al cibo e al sanitario, ma che in una popolazione spesso anziana e sola diventano molto più ampi e specifici.

Non bastano solo i numeri di telefono di contatto, perché le persone, soprattutto le più fragili, hanno la necessità di essere non solo ascoltate ma anche accompagnate, prese per mano, indirizzate al servizio di cui hanno bisogno, e tutto questo non si improvvisa.

Non bastano più iniziative lodevoli ma che rischiano di essere estemporanee oltre che pericolose per il diffondersi dell’epidemia, perché in questa fase ci vuole un maggiore coordinamento e maggiori garanzie per la sicurezza dei volontari e degli assistiti.

Non basteranno più neppure i volontari “storici”, perché giustamente la direttiva regionale vieta in questa fase emergenziale di fare volontariato agli over 65, che sappiamo essere invece una delle colonne portanti di tante realtà del Terzo settore votate alla cura dei più bisognosi, dalle mense ai luoghi di accoglienza: oggi questequite forze vanno integrate con un volontariato più giovane ma necessariamente formato e capace, perché non può esistere il fai-da-te per la tutela di tutti.

Per questo riteniamo urgente l’insediamento del tavolo tecnico operativo governato dall’Amministrazione comunale con la presenza della Protezione Civile, Azienda USL, Centro Servizi per il Volontariato e il Terzo Settore.

È urgente la sua convocazione per non disperdere energie inutilmente, per non mettere a rischio la vita delle persone, per dare risposte efficaci e prepararci ad azioni che andranno oltre questa emergenza.

Ilturco porta Ferrara nella rete nazionale della rigenerazione urbana

Da: IlTurco.

Ilturco porta Ferrara all’interno della prima rete nazionale dedicata alla rigenerazione urbana su base culturale, Lo Stato dei Luoghi. L’associazione – che prende il nome dalla via dove nel 2016 ha inaugurato la propria sede – è l’unica espressione della provincia estense tra i promotori di questo particolare network, nato per aggregare, rafforzare e legittimare l’operato e la sperimentazione avviata dai tanti soggetti impegnati nella rigenerazione urbana.
Lo Stato dei Luoghi avrebbe dovuto nascere a il 29 febbraio a Milano, ma l’appuntamento non si è potuto svolgere a causa delle misure intraprese dal governo per contrastare la diffusione del coronavirus. La rete però ha continuato a strutturarsi a distanza, fino ad arrivare alla costituzione. Insieme a Ilturco, hanno aderito 44 realtà: da Base Milano alla piattaforma cheFare, dalla bolognese Kilowatt alla siciliana Farm Cultural Park, dalla Open Design School di Matera alla CasermArcheologica di San Sepolcro. Obiettivo della rete è stimolare l’avanzamento della discussione pubblica sul tema della rigenerazione urbana a base culturale, aggregare saperi e conoscenze, sollecitare l’apporto di professionisti, ricercatori e consulenti affinché crescano e si consolidano le progettualità capaci di generare impatti sociali positivi per il territorio.
Ilturco porterà all’interno di questo contenitore l’esperienza ferrarese, sicuramente originale e peculiare poiché volta soprattutto alla riattivazione e alla condivisione di spazi privati. Fanno parte di questo percorso il rinnovo – dopo anni di abbandono – del cassero medievale di via del Turco 39, che oltre ad essere sede dell’associazione ospita il primo coworking del centro storico; l’eccezionale apertura al pubblico dei giardini segreti del festival Interno Verde; l’installazione site specific Super Cinema Apollo, volta a recuperare la memoria storica di piazza Gobetti; la mostra organizzata nella casa natale del pittore a conclusione del progetto didattico Boldini Trendsetter, realizzato per la Fondazione Ferrara Arte.
Lo Stato dei Luoghi, nella speranza che l’emergenza del coronavirus finisca il prima possibile, ha voluto iniziare a ragionare sul difficile momento che l’Italia sta attraversando, su come sta cambiando la percezione dello spazio comune. Per questo – per capire come cambiano le parole d’uso comune e come potranno evolversi i loro significati – ha creato online l’Alfabeto Pandemico, raccolta aperta e collettiva a cui tutta la rete può partecipare. Il primo contributo de Ilturco – il cui progetto di maggiore successo è senza dubbio Interno Verde – non poteva che essere dedicato alla parola Giardino. L’alfabeto completo si può consultare al sito www.lostatodeiluoghi.com.

COOP su coronavirus: protratta la chiusura degli oltre 1100 punti vendita Coop per altre due domeniche.

Da: COOP Alleanza.

Coop ha deciso di protrarre la chiusura degli oltre 1100 punti vendita la domenica e quindi, oltre alla prossima domenica 29 marzo, saranno ancora chiusi i punti vendita Coop sia domenica 5 aprile che per Pasqua domenica 12 aprile. La decisione di protrarre la chiusura è stata presa a livello nazionale. Confermati i motivi che ne stanno alla base ovvero rispondere alle esigenze del personale che lavora nei punti vendita e limitare ulteriormente le uscite da casa delle persone in linea con le indicazioni del Governo.

“La misura, se pur riconfermata per 2 ulteriori domeniche, è comunque da considerarsi eccezionale e limitata alla fase che stiamo vivendo. Così facendo permettiamo un momento di pausa ai colleghi che operano nei punti vendita e che tanto stanno facendo per garantire un servizio essenziale alle persone; la giornata di chiusura totale permette inoltre un’ulteriore sanificazione dei punti vendita.
Infine, con la chiusura alla domenica riduciamo la circolazione delle persone nella giornata; gli effetti della concentrazione sulle altre giornate sono molto piccoli, in quanto il numero di persone che effettua la spesa si è significativamente ridotto a favore di carrelli con più prodotti.”

La Protezione Civile di Comacchio

Da: Comune di Comacchio.

Continua l’opera di volontariato e aiuto della Protezione Civile di Comacchio – Associazione Trepponti, impegnata sul fronte dell’emergenza Covid – 19. In sinergia con il Coordinamento provinciale di Ferrara il nucleo lagunare della Protezione Civile, insieme agli omologhi di Lagosanto e Fiscaglia, provvede alla consegnando farmaci erogati dall’Ospedale del Delta: la consegna è destinata a cittadini residenti nei comuni dell’areale deltizio segnalati dallo stesso ospedale.

Il Comune di Comacchio attraverso una convenzione con la stessa Protezione Civile, assicura la consegna dei farmaci a domicilio a quanti sono in difficoltà e sono in situazione di fragilità. La richiesta di consegna a domicilio di farmaci, per le persone in difficoltà, si può effettuare dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.00 ai seguenti recapiti telefonici: 0533 310292 e 0533 310258. Ora è stato attivato anche il servizio di reperibilità per la giornata di sabato: in questo caso si realizza la prenotazione per la consegna il lunedì successivo. Ricordiamo che a tutela degli utenti è stato predisposto un protocollo di sicurezza che prevede l’utilizzo di un codice/parola chiave che verrà fornito al cittadino nel corso della chiamata.

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Assemblea Legislativa, eletti i Presidenti delle commissioni regionali

Da: Gruppo Partito Democratico Emilia Romagna.

Nel corso della seduta dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna, riunitasi per la prima volta in via telematica in ottemperanza alle misure di contenimento del COVID-19, sono stati eletti i presidenti delle Commissioni assembleari permanenti. Istituita, oltre alle sei già esistenti, anche la Commissione Statuto e regolamento. La maggioranza esprime cinque presidenze, quattro del Partito Democratico e una di Emilia-Romagna Coraggiosa, mentre alla Lega è stata assegnata quella della Commissione Bilancio e al Movimento Cinque Stelle quella della Commissione Statuto.

I Presidenti espressione del Partito Democratico sono: Manuela Rontini, Stefano Caliandro, Ottavia Soncini e Francesca Marchetti.

La faentina Rontini ora guida la II Commissione Politiche Economiche, dopo che nella passata legislatura aveva presieduto la III. Stefano Caliandro, avvocato bolognese e precedentemente Capogruppo dei democratici, è stato eletto alla III Commissione Territorio, Ambiente e Mobilità. La reggiana Ottavia Soncini, dopo essere stata Vicepresidente dell’Assemblea nel quinquennio passato, è Presidente della IV Commissione, Politiche per la Salute e sociali. Francesca Marchetti, originaria dell’Imolese, adesso presiede la V Commissione Cultura, scuola, formazione, lavoro, sport e legalità, dopo esserne stata la capogruppo dem nella passata legislatura.

“Le nomine dei Presidenti di Commissione sono state approvate a larghissima maggioranza dai componenti dell’Assemblea. Penso sia il segno di un forte impegno a collaborare che assume maggiore valore dato il momento storico che per la prima volta viviamo nei 50 anni di storia della nostra Regione. – è il commento della capogruppo Pd Marcella Zappaterra – Oggi più che mai è necessario che gli sforzi della politica siano indirizzati a verso obiettivi condivisi, senza rinunciare alle differenze che distinguono il dibattito e il confronto tra partiti, maggioranza e opposizione. A nome del Gruppo, auguro buon lavoro ai Presidenti scelti tra le fila del Partito Democratico, a Federico Amico, Silvia Piccinini e Massimiliano Pompignoli che chiudono la rosa dei Presidenti. Le consigliere e i consiglieri del Pd sono pronti a iniziare il lavoro nelle Commissioni. A breve definiremo la composizione dei nostri gruppi in ogni commissione e si potrà subito partire”.

La Protezione Civile Emilia-Romagna e la Regione forniscono mascherine alle aziende.

Da: TPER.

Una significativa fornitura di mascherine, approvate e rese disponibili dalla Protezione Civile Emilia-Romagna, è stata consegnata alle quattro aziende che si occupano del Trasporto Pubblico Locale nel territorio regionale dall’Assessorato all’ambiente, protezione civile, difesa del suolo e della costa della Regione.

E’ già stata avviata la distribuzione al personale in servizio, in questa fase ridotto in base alle modalità previste dai provvedimenti regionali e con il coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali.

La disponibilità delle mascherine si aggiunge a quanto le Aziende del Tpl, d’intesa con la Regione Emilia-Romagna, gli enti locali ed i rappresentanti dei lavoratori, hanno messo in campo tempestivamente, adeguando la loro attività alle ordinanze entrate in vigore in queste settimane, in particolare garantendo un adeguato distanziamento del personale di guida dal vano passeggeri, con le modalità già attuate e comunicate da tempo.

Le mascherine filtranti fornite sono dotazioni non obbligatorie ai sensi delle ordinanze emanate in relazione all’emergenza Covid-19, ma sono comunque distribuite a maggior tutela dei lavoratori che operano per garantire la continuità del servizio per la collettività. I dispositivi sono resi disponibili in adeguata quantità per tutto il personale di guida e per il restante personale che opera per assicurare lo svolgimento del servizio nelle sedi operative e sul territorio. Le mascherine sono prodotte da una azienda italiana per conto della Protezione Civile e sono realizzate esclusivamente in Italia con tessuto non tessuto. Grandi il 50% in più rispetto alle comuni mascherine in commercio, coprono sia bocca che naso in un unico gesto: prive di lacci ed elastici, sono facilmente indossabili mediante due aperture laterali poste in concomitanza delle orecchie.

Gli orari e l’attività dei servizi sono stati rimodulati sulla base dell’indicazione del massimo contenimento degli spostamenti individuali, garantendo allo stesso tempo un servizio utile a coloro che hanno stretta necessità di movimento e, in particolare, il collegamento con gli ospedali.

Le Aziende di trasporti Seta, Start Romagna, Tep e Tper ringraziano il personale per il lavoro svolto in questo periodo difficile e invitano la clientela ad un utilizzo responsabile dei mezzi pubblici e all’osservanza rigorosa delle disposizioni in vigore sul distanziamento interpersonale.

OLTRE IL DISASTRO E SOPRA LE STELLE.
Leggere dentro la crisi i segni (contraddittori) del nostro futuro

Tra gli innumerevoli danni che sta causando l’epidemia prodotta dal virus Covid -19 c’è sicuramente quello di aver consegnato le nostre vite ad una sorta di tempo sospeso, di annullamento delle usuali modalità relazionali (private e pubbliche), facendoci precipitare in una specie di vuoto democratico dove, in nome di un bene superiore, diventa anche legittimo congelare il pensiero critico, affidandosi al principio di autorità, piuttosto che a quello di condivisione.
Da un lato questo vuoto, infatti, è stato sempre più occupato a livello sistemico da indicazioni, prescrizioni, suggestioni che, trasmesse dalla governance sul piano linguistico, hanno prodotto province comuni di significato, espressioni riguardanti soprattutto:
a) la profondità della cesura rispetto al recente passato, improvvisamente scomparso ai nostri occhi (niente sarà più come prima);
b) il desiderio ammantato di promessa verso una fuoriuscita comunque positiva (finirà tutto bene);
c) la consegna diretta a cittadini responsabili, da parte di una èlite politico-sanitaria, dell’armamentario necessario finalizzato al ritorno alla cosiddetta ‘normalità’ (state in casa).
D’altro lato si avverte [intervista a Fausto Bertinotti, Huffington Post del 22/3/2020] levarsi, sempre più consistente, la preoccupazione verso quelle dinamiche, il timore riguardo una possibile deriva autoritaria, verso una “desertificazione della democrazia”, per la costruzione di uno Stato di Eccezione non dichiarato.

Ecco allora sorgere la necessità di inscrivere le considerazioni su come possano essere interpretati tali opposte posizioni, all’interno di un quadro esplicativo più vasto, che renda ragione della complessità della realtà che ci troviamo ad affrontare: una realtà che ha, oramai da tempo, il suo centro nel tratto identificativo della Crisi.

La comprensione della situazione odierna, infatti, richiede la visualizzazione dell’immagine di una società le cui aporie si manifestano oggi sempre più compiutamente in tutti e tre i sotto-sistemi di cui è composta: il sotto-sistema politico, quello economico e quello socio-culturale.
Gli studi sull’integrazione dei contributi migliori della fenomenologia trascendentale ed esistenziale (E. Husserl, A.Schutz …) e quelli delle teorie dei sistemi sociali (J.Habermas, N.Luhmann …) hanno da tempo avvertito che se a crisi economico-finanziarie che investono il sistema produttivo, a quelle di legittimazione che colpiscono il sistema politico di governo, e a quelle motivazionali del socio-culturale (scuola, arte, tempo libero …), si dovesse sovrapporre contemporaneamente una crisi profonda nel mondo delle relazioni interpersonali, allora si interromperebbe la produzione del senso tra gli individui, merce che non si compra e non si vende al mercato, ma che si autoproduce all’interno di relazioni ritenute significative per i soggetti
Tutto questo potrebbe portare il sistema sociale verso quel tramonto irreversibile della società occidentale democratica di cui da tempo sentiamo preconizzare la fine.

Quanto lontani siamo da questo scenario?
A rileggere le ultime interviste a Zygmunt Bauman, o seguendo letture psicologiche decisamente significative come quella di Massimo Recalcati, non molto in verità.
Siamo oggi di fronte ad una mutazione antropologica dell’individuo, soggetto del iperconsumismo dionisiaco che ha eretto ‘il godimento’ a unica legge morale, cullato dall’illusione di un mondo totalmente manipolabile.
A livello sistemico a tale mutazione antropologica, corrisponde la crisi della democrazia e di una idea di libertà che si riduce alla libertà del consumatore, dove si assiste alla scomparsa della politica come mediazione dei conflitti, a cui si sostituisce una organizzazione del potere come tutela solo di certi interessi forti.
Ed ecco che oggi, su questa nostra società condannata a un lento declivio, si abbatte il flagello del Covid-19.
Interessante è capire in che modo la gestione dell’emergenza impatta con il paradigma sopra descritto.

La situazione in Italia è molto grave.
Dati alla mano risulta che l’andamento del coronavirus sta facendo molti più morti in Italia che in Cina arrivando ad un tasso di letalità che sfiora il 9%, contro il loro 2%, mentre i decessi superano già di molto quelli totali della Cina.
Non abbiamo tamponi, non abbiamo laboratori sufficienti, non abbiamo mascherine, non abbiamo… dottori!
“Di fronte alla catastrofe attualmente in corso in Lombardia, è urgente porsi la domanda: Che cos’è successo a Codogno, a Bergamo, a Brescia? Io credo che ci siano dei fattori, che ancora non conosciamo, che possono favorire la diffusione eventualmente legati alle strutture ospedaliere” – ha spiegato Ilaria Capua, illustre virologa, docente all’Università della Florida – a caratteristiche demografiche, qualità dell’aria, resistenza agli antibiotici, abitudini alimentari, comportamenti  [leggi l’intervista]. Ma sempre più chiaramente emergono delle responsabilità politiche, nella misura in cui l’epidemia ha dimostrato tutti gli inganni della dottrina liberista. “Un sistema sanitario fino ad un decennio fa tra i migliori del mondo è stato fatto precipitare a suon di tagli (circa 37 miliardi complessivi) e riduzione del personale di circa 46.500 tra medici e infermieri. Il risultato è stata la perdita di 70.000 posti letto, che per quanto riguarda la terapia intensiva significa essere passati dai 992 posti letto ogni 100.000 abitanti del 1980 ai 275 nel 2015”, come scrive Marco Bersani [qui]. “Fino ad arrivare ad indurre gli operatori sul campo a scelte estreme come quelle di ‘non curare’ certi malati (anziani e/o pluripatologici)”, come racconta Giorgio Ferrari sul Manifesto del 20 marzo [qui].

L’epidemia, insomma, ha funzionato da lente di ingrandimento, ha messo sotto l’occhio di tutti la vacua consistenza di un modello economico-sociale interamente fondato sull‘interesse, sul profitto di impresa e sulla preminenza dell’iniziativa privata.
Se a questo aggiungiamo l’evoluzione delle scelte programmatiche di partiti che privilegiano uno Stato Leggero anche nei servizi, fino a sostenere una autonomia regionale ancora più convinta, sposandone le proposte di autonomia differenziata, si può ben capire la grande difficoltà di riuscire, nella gestione di una emergenza, a garantire una assistenza sanitaria che non riduca operatori e pazienti a carne da macello.
Ma tutto ciò può essere tematizzato, quando per coronavirus direttamente o indirettamente stanno morendo nelle nostre strutture sanitarie circa 400 persone al giorno?
Assistiamo quindi ad un processo distrattivo e ad un grosso investimento mediatico su altre modalità.

La prima si riferisce al monito: “State in casa!”
Nella situazione che si è venuta a creare deve ritenersi doverosa per tutti la reclusione forzata, quale ricerca di una soluzione efficace a garantire una interruzione della trasmissione del virus.
Stare in casa è fondamentale per evitare la moltiplicazione del contagio. Quello che però si deve allo stesso modo tener ben presente è che il vero punto dirimente di tutta la questione, per dirla con le parole del virologo Carlo Signorelli su liberoquotidiano.it del 21.03, non è “non uscire ,ma non venire in contatto con gli altri” [qui]. Quindi si può uscire solo se si garantisce il distanziamento sociale: sarebbe allora del tutto assurdo proibirlo in un posto dove non passa nessuno, o consentirlo dove la concentrazione delle persone determinerebbe la possibilità del contagio.
Il problema è che, avendo reputato impossibile attuare tutto questo, è stata decretata una negazione indiscriminata, rafforzata da sanzioni, e soprattutto seguita dalla colpevolizzazione dei cittadini.
Ancora Marco Bersani su attac-italia della settimana scorsa. “Non è il sistema sanitario, de-finanziato e privatizzato, a non funzionare; non sono i decreti che, da una parte, tengono aperte le fabbriche (e addirittura incentivano con un bonus la presenza sul lavoro), e dall’altra riducono i trasporti, facendo diventare le une e gli altri luoghi di propagazione del virus; sono i cittadini irresponsabili che si comportano male, uscendo a passeggiare a inficiare la tenuta di un sistema di per sé efficiente. Questa moderna, ma antichissima, caccia all’untore è particolarmente potente, perché si intreccia con il bisogno individuale di dare nome e cognome all’angoscia di dover combattere con un nemico invisibile: ecco perché indicare un colpevole (‘gli irresponsabili’), costruendogli intorno una campagna mediatica che non risponde ad alcuna realtà evidente, permette di dirottare una rabbia destinata a crescere con il prolungamento delle misure di restrizione, evitando che si trasformi in rivolta politica contro un modello che ci ha costretto a competere fino allo sfinimento senza garantire protezione ad alcuno di noi.”.

Ed ecco che i provvedimenti dei presidenti delle Regioni in tema di libertà di movimento diventano ancora più restrittivi di quelli del Governo.
Ed ecco le esternazione cariche di risentimento e di rabbia di cittadini contro il passaggio di ciclisti professionisti mentre si allenano da soli (attività permessa dai decreti governativi) sulle stradine secondarie della penisola.
Ed ecco la foto postata dal Policlinico San Martino di Genova sul proprio profilo Facebook , la foto di una paziente appena estubata, su cui recita questa scritta: “Volete ridurvi così? No? Allora state a casa, poiché diversamente l’unica corsa che farete sarà verso il reparto di rianimazione” [Foto e notizia in Huffpost del 20/3/2020].

La seconda modalità viene sintetizzata in quel “niente sarà più come prima”.
Aver attraversato un‘esperienza di tale portata potrebbe spingere i cittadini a richiedere la modifica dei modelli di vita, di consumo, di organizzazione dell’economia; ma il sistema da solo può solo autocorreggersi, non può ‘convertirsi’.
Ed ecco che quel ‘niente sarà più come prima’, detto e ridetto da esperti, politici, opinionisti nel momento in cui si chiede loro di tratteggiare il dopo virus, viene utilizzato per paventare scenari economici post apocalittici, problemi di tenuta finanziaria del Paese, rapporti sempre più conflittuali con l’Unione europea… e così via. Il pagamento dei costi dell’epidemia, sia in termini economici che politici, porteranno a trovare sempre meno conveniente il mantenimento delle forme di mediazione e di condivisione democratiche fin qui conosciute.
Adriano Sofri , in un bell’articolo comparso sul Foglio del 18 marzo [qui] legge nella necessità di una conversione, la sola possibilità di salvezza democratica del sistema e delle persone.

Convertirsi presuppone non un bisogno di credere (come è naturale durante una emergenza), ma un desiderio di credere, di andare cioè (come ci dice l’etimo) oltre il disastro, sopra le stelle, verso l’uomo vero, per farlo uscire dalla dimensione delle dipendenze, per entrare in quella della piena realizzazione della sua umanità.
Ma questo può farlo solo l’Uomo, non un virus.

Invece si moltiplicano letture ed interpretazioni del Coronavirus come angelo sterminatore da cui noi possiamo imparare a comportarci bene. O di chi ravvisa nei canti sui balconi, nelle bandiere mostrate, segni già da ora di un riscatto, insomma del ‘finirà tutto bene!’, la nostra terza modalità distrattiva, la meno evidente in verità.
Come mai questa può essere considerata una modalità distrattiva?
Gli esempi citati sono certamente elementi positivi, ma in realtà sono segnali, segnali di speranza, piazzole di sosta per rifiatare, disseminati lungo un percorso di crisi. Ma non sono di per sé segni forieri di futuro.
Il male è male. Porta dolore, morte e sofferenza, la cui realtà e origine rimane oscura e ci lascia attoniti, senza parole. Non penso che conduca con sé anche la possibilità germinatrice, una sorta di pars costruens.

L’uomo invece ha sì la possibiltà di intraprendere un percorso differente, ma faticoso, frutto di un cammino che sarà lungo, lento, fatto di ‘passo dopo passo’, di scelte precise e non di nostalgia per quello che nell’emergenza ricordiamo essere stato, e nemmeno dell’entusiamo dettato dalla fretta di uscirne.

Abbiamo iniziato questa riflessione su un crinale di una mutazione antropologica sulla quale si è abbattuta come una furia la tempesta dell’epidemia.
Certo, intanto possiamo coprirci, soprattutto i bambini (sono bellissimi i loro disegni appiccicati alle porte delle case con quel Finirà tutto bene tutto colorato ), metterci un maglione più pesante, per sentire un po’ di caldo. Ma quando passerà ci ritroveremo sullo stesso crinale, a dover scegliere se vogliamo davvero passare dall’altra parte.
E allora, se la società dell’ipertutto ha dato questi risultati, dobbiamo affrontare senza veli questa domanda, e dare ognuno di noi la propria personale risposta. Non abbiamo avuto troppa fretta nel metter via ascolto, gentilezza, gratuità, lettura/scrittura, accoglienza… solo perché non si vedono e non si toccano ma si sentono, eccome, quando mancano?

Bondeno: sanificazione strade con prodotti atossici ed a cura di un’azienda

Da: Comune di Bondeno.

Il Comune di Bondeno procederà ad una sanificazione straordinaria delle strade delle vie a maggiore frequentazione e ad occuparsene sarà l’azienda Biodepura Sas, utilizzando particolari enzimi non impattanti per l’ambiente. Lo ha annunciato il sindaco facente funzioni Simone Saletti, che riferisce di avere letto le opinioni espresse nel merito dall’Istituto Superiore di Sanità. «L’amministrazione comunale ha ritenuto, in linea con le indicazioni dell’Istituto Superiore della Sanità, di effettuare una sanificazione straordinaria delle strade con l’utilizzo di detergenti a base enzimatica, naturali e biodegradabili che non impattano negativamente su persone e ambiente – spiega Saletti – e questo perché lo stesso Iss ha espresso il proprio parere in merito agli interventi di disinfezione di strade e aree pubbliche, indicando che non vi sono ad oggi evidenze scientifiche in merito all’efficacia dei prodotti disinfettanti a base di ipoclorito di sodio sull’abbattimento dei virus su superfici asfaltate». Per contro, risulta assolutamente certo l’effetto tossico nocivo che tali prodotti hanno, sia sulla popolazione eventualmente esposta, sia sull’ambiente acquatico, inevitabile recettore di tali prodotti. Le sostanze utilizzate per la sanificazione delle strade di Bondeno agiscono, invece, attivando il processo di idrolisi enzimatica dei substrati organici e dei composti maleodoranti, riducendo il substrato di crescita ottimale per la proliferazione microbica e limitando così le fonti di insalubrità per l’ambiente.

Si comincerà con la sanificazione di Piazza Garibaldi, Viale Repubblica, Borgo Paioli, la zona del ponte di Borgo San Giovanni, Piazza Costa, del piazzale delle Bonifiche, di Piazza Gramsci, Piazza A. Moro, Piazzale Donatori di sangue, Via Ariosto, Via C. Battisti, Via Bonati, Via Cavallotti, Via De Amicis, Via dei Mille Via Mazzini, Via Piave, Via Pironi, Via N. Sauro, Via Turati, Via Veneto, Viale Matteotti (fino alla zona dove sorge l’ex consorzio agrario), Viale XX Settembre (fino all’incrocio con Via Granatieri di Sardegna) e Vicolo Posta. Nelle frazioni, le operazioni si svolgeranno in Piazza Curiel e Piazza Pepoli (a Stellata), Via Comunale (a Gavello), Via Farini (a Pilastri), Viale Passardi (a Scortichino), Via per Vigarano (tra la rotatoria dell’abitato e la zona del Palacinghiale).

«I composti enzimatici che saranno usati a Bondeno – conclude il sindaco Saletti – vengono ampiamente utilizzati per la pulizia e deodorazione di cassonetti e di superfici lavabili, in quanto le componenti attive del prodotto agiscono per via biologica, degradando le molecole dello sporco e facilitandone l’eliminazione». Quindi, nei prossimi giorni verrà effettuato un intervento straordinario di lavaggio di strade, marciapiedi e piste ciclabili maggiormente percorse dai cittadini per motivi di urgenza e necessità, quali il dover raggiungere le attività commerciali/alimentari, le farmacie o gli ambulatori medici. Nelle prossime settimane si procederà anche in altre zone per ora non comprese nel primo ciclo di trattamenti, durante il quale verranno sottoposti a sanificazione complessivi 10 Km di strade e piazze, per una superficie complessivamente stimata di circa 62.000 mq di strade e 28.000 mq di marciapiedi e piste ciclabili

Hera: i progetti didattici per le scuole rivisti in modalità digitale e aule virtuali

Da: Gruppo Hera.

La Grande Macchina del Mondo e un pozzo di scienza non si fermano. I progetti gratuiti di educazione ambientale e divulgazione scientifica della multiutility, pensati per le scuole di ogni ordine e grado, sono stati rivisti nell’ottica della didattica a distanza. Diverse le modalità e i materiali a disposizione, per andare incontro alle esigenze degli istituti scolastici e stare accanto a docenti e studenti

Le attività gratuite di educazione ambientale e divulgazione scientifica del Gruppo Hera, per le scuole di ogni ordine e grado, sono state ripensate e trasformate per essere fruite in modalità digitale.

Alla luce del momento complesso per gli istituti scolastici, dovuto all’emergenza sanitaria che sta vivendo il Paese, la multiutility sceglie di restare al fianco degli insegnanti delle circa 4.600 classi del territorio che hanno aderito ai suoi progetti didattici, per portare avanti, anche a distanza e in linea con le indicazioni del MIUR, le attività di educazione ambientale già pianificate quest’anno per le classi.

Un’offerta di “aule virtuali” ricca e flessibile, sia in termini di contenuti sia in termini di strumenti, che prevede modalità di fruizione e piattaforme diverse utilizzate dalle scuole con l’ausilio di esperti educatori e divulgatori scientifici: un’ulteriore conferma della volontà del Gruppo Hera di offrire sostegno concreto agli istituti scolastici dei territori serviti e rispondere alle loro esigenze.

Grande Macchina del Mondo: 12 i percorsi ripensati in modalità digitale
Per il progetto dedicato alle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado sono già disponibili complessivamente 12 percorsi, appositamente ripensati per il digitale, che mantengono le caratteristiche principali: interattività, differenziazione in base all’età degli studenti e naturalmente il focus sui temi cardine del progetto: ambiente, acqua ed energia.
I percorsi sono strutturati per essere fruiti in diversi modi e in linea con le indicazioni del MIUR per la didattica a distanza. I docenti possono scegliere tra videolezioni in diretta, con la creazione di vere e proprie aule virtuali, disponibili su diverse piattaforme, o videolezioni fruibili in modalità differita.
Tra le attività proposte: video di approfondimento, video tutorial per il riciclo creativo, magie in diretta con effetti speciali, laboratori e schede che i ragazzi possono utilizzare in collegamento con il docente oppure in autonomia a casa per realizzare esperimenti, quiz sul ciclo integrato dell’acqua, ma è previsto anche l’utilizzo di App per sfide interattive sul tema della raccolta differenziata, dell’energia e dell’acqua fino a racconti animati per i più piccoli.
Ma non è finita qui: la Grande Macchina del Mondo, infatti, è disponibile in formato digitale anche per tutti coloro che non possono collegarsi online. In questo caso i docenti possono richiedere un kit di materiali didattici digitali sul tema scelto da utilizzare per sviluppare il modulo in autonomia, nei tempi e con le dotazioni informatiche a loro più comode. In ogni caso, gli educatori delle cooperative che affiancano Hera nel progetto garantiscono il supporto tecnico, se necessario, per l’utilizzo dei nuovi materiali.

Un pozzo di scienza: Ri-Adattiamoci con incontri scientifici e laboratori online
Anche il progetto di divulgazione scientifica ed educazione ambientale dedicato agli istituti superiori diventa resiliente, proprio come il tema filo conduttore scelto per questa edizione 2020. Docenti e ragazzi sono affiancati con un percorso appositamente ripensato per un utilizzo semplice e comodo in modalità digitale e a distanza.
Nella sezione del sito www.gruppohera.it/scuole/area_insegnanti/aule_virtuali/ dedicata alle aule virtuali di un pozzo di scienza, gli insegnanti possono trovare contenuti di approfondimento e materiali di supporto e dare così continuità al progetto. Studenti e docenti possono accedere liberamente e senza registrazioni a una selezione di laboratori pratici e di incontri scientifici (science stories) su molti dei temi e titoli in programma. Una ricca offerta che comprende conferenze interattive con i relatori ed esperti, guidate dai divulgatori scientifici, video introduttivi, laboratori con esperimenti, presentazioni e schede di approfondimento da consultare e scaricare, utili per trattare in modo coinvolgente tematiche quanto mai importanti per la formazione degli studenti, anche a distanza.

Prandini: appello a Gdo, mercati e punti vendita per sostegno a Made in Italy

Da: Coldiretti di Ferrara.

“Abbiamo ottenuto finalmente il chiarimento dal Governo sul via libera alla vendita di piante e fiori in supermercati, mercati, punti vendita e vivai”. Lo rende noto il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che ha scritto una lettera al premier Giuseppe Conte nel sottolineare che sul sito del Governo è stata pubblicata la Faq nella quale si precisa che “la vendita di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti, ammendanti e di altri prodotti simili è consentita”.

Nella nota – sottolinea la Coldiretti – si precisa che “l’art. 1, comma 1, lettera f), del Dpcm del 22 marzo 2020 ammette espressamente l’attività di produzione, trasporto e commercializzazione di “prodotti agricoli”, consentendo quindi la vendita anche al dettaglio di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti etc. Peraltro – continua il testo – tale attività rientra fra quelle produttive e commerciali specificamente comprese nell’allegato 1 dello stesso Dpcm “coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali”, con codice ATECO “0.1.”, per le quali è ammessa sia la produzione sia la commercializzazione. Deve conseguentemente considerarsi ammessa – si conclude – l’apertura dei punti di vendita di tali prodotti, ma in ogni caso essa dovrà essere organizzata in modo da assicurare il puntuale rispetto delle norme sanitarie in vigore”.

“Lanciamo ora un appello alla grande distribuzione, ai mercati e a tutti i punti vendita aperti affinchè promuovano la vendita di fiori e piante Made in Italy” afferma il presidente della Coldiretti nell’invitare tutti gli italiani a mettere fiori e piante nei propri giardini, orti e balconi come segno benaugurante della primavera che segna il momento del risveglio con la mobilitazione #balconifioriti.

Si tratta di un risultato importante poiché – continua Coldiretti – senza fiori e piante sono a rischio 27mila imprese con 2,5 miliardi di fatturato che ora si trovano in gravissime difficoltà con il divieto di cerimonie come battesimi, matrimoni, lauree e funerali e le difficoltà alle esportazioni dove l’Italia ha svolto fino ad ora un ruolo di leader nel mondo con il record per le spedizioni florovivaistiche che nel 2019 hanno raggiunto ben 904 milioni di euro di piante, fiori e fronde, dirette soprattutto in Francia (188 milioni di euro), Germania (159 milioni di euro) e l’Olanda (153 milioni di euro).

Il risultato dell’emergenza con il blocco delle vendite è stato quasi un miliardo di fiori e piante appassiti e distrutti nei vivai in Italia dove – riferisce la Coldiretti – sono crollati gli acquisti di fiori recisi, di fronde e fiori in vaso, le produzioni tipiche della primavera e si sono fermate anche le vendite e l’export di alberature e cespugli, in un periodo in cui per molte aziende si realizza oltre il 75% del fatturato annuale, grazie ai tanti appassionati dal pollice verde che con l’aprirsi della stagione riempiono di piante e fiori case, balconi e giardini.

Nel pieno rispetto di tutte le disposizioni sulle restrizioni per contenere il contagio i vivai ma continuano a lavorare per garantire la massima qualità di piante e fiori italiani e – conclude la Coldiretti – si stanno organizzando per fare consegne a domicilio, con contatti per telefono o mail, per consentire agli italiani di restare a casa senza rinunciare all’emozione di stare a contatto con la natura.

ACCATTATEVILLO! L’arte di sorridere rimanendo seri
(La nuova Certificazione da scaricare e stampare)

L’Italia, si sa, è (anche) il Paese delle barzellette, delle storielle, dei lazzi, delle battute salaci verso i potenti. Da sempre il popolo italiano si esercita nel tiro al bersaglio. E il bersaglio è sempre lassù in alto: Il Re, il Duca, il Conte, Il Marchese (dalle braghe pese). Il Governo, insomma. Quale sia il colore dello stesso: l’altro ieri il Biancofiore democristiano, ieri l’esperimento giallo-verde, oggi (dentro la bufera) il governo giallo-rosso guidato dall’avvocato Giuseppe Conte.
Vuol dire che noi italiani siamo ingovernabili? Incivili, indisciplinati, irresponsabili? Non direi. Gli italiani, semplicemente, si difendono. E sorridere è un modo splendido di difendere la propria vita. Di continuare a vivere. Anche se, appena fuori casa, “il morbo infuria, il pan ci manca”, e il governo (di turno) va avanti a tentativi, aggiustamenti, postille, allegati bis.
Dunque non stupiscono le ironie fiorite sul Nuovo Modulo di Autocertificazione per gli Spostamenti. La quarta edizione in pochi giorni. Ho visto che a Napoli – una città talmente meravigliosa che, se non ci fosse, non riusciremmo a inventarla – la pandemia si gioca al lotto, consultando la smorfia, LA CORONA e IL VIRUS sono un fantastico ambo secco.
Dentro la tragedia, gli italiani stanno dimostrandosi seri, responsabili, solidali. Perché si può essere seri sorridendo. Sorridere è il nostro modo di resistere, di più, è una grande prova di  “resistenza umana”. Vorrei dirlo ai tedeschi, agli olandesi, agli austriaci (non tutti ovviamente, parlo dei loro governi) che non l’hanno proprio capito. Che – senza l’ausilio del sorriso e dell’ironia, immemori del valore della solidarietà, assaliti dall’egoismo della paura – vorrebbero mollare l’Italia e la Spagna al loro destino e uccidere definitivamente il sogno europeo.
Ecco quindi il Nuovo Modulo. Il quarto. Prendiamolo come una preziosa, una rara occasione per regalarci un sorriso “ai tempi del colera”. Ma, sorridendo, non dimentichiamo le nostre responsabiità. Quindi? Quindi: ACCATTATEVILLO!. Stampatelo, compilatelo e usatelo alla bisogna.

 

IL MODULO COMPILABILE DA SCARICARE E STAMPARE 

La firma va però apposta, solo in caso di controllo, davanti al pubblico ufficiale.

nuovo modello autodichiarazione 26.03.2020 editabile

 

Intervista a un pilota “diverso”. Almeno un po’:
Carlos Calamante e il suo volo “salvataggio”

Il virus covid-19 sta cambiando la nostra realtà e sta facendo emergere vari lati del carattere umano. Tra questi, ce ne sono sicuramente di negativi, ma non mancano le storie positive, che ben fanno sperare sul fatto che, una volta finita questa emergenza, si possa magari pensare di ricostruire un realtà migliore di quella che abbiamo fino ad ora avuto. Tra queste testimonianze ce n’è una particolare. La storia di Carlos Calamante, italo argentino, comandante in forza alla compagnia aerea di bandiera argentina, è una di queste: pilota di lunga esperienza, non si è tirato indietro e si è offerto volontario per aderire al programma di recupero dei suoi connazionali in questo momento all’estero, ed ha già compiuto il primo volo, in Spagna. Dalla quarantena alla quale ora è sottoposto come precauzione, ci ha rilasciato questa intervista.

Dove nasce la passione per il volo?
È nato tutto in famiglia. A partire da mia madre, la quale negli anni ’50 era una pilota di alianti in una città, a quel tempo molto piccola, chiamata Tandil, a sud-ovest di Buenos Aires . Ho avuto anche zii piloti di aliante, altri che hanno una compagnia di applicazioni aeree, un altro che è un ingegnere aeronautico. In pratica dalla parte della famiglia di mia madre abbiamo respirato tutti in qualche modo l’aviazione.

Perché hai deciso di affrontare questo viaggio per recuperare gli argentini in paesi in piena emergenza sanitaria?
Perché penso che al momento dobbiamo essere solidali e aiutarci a vicenda, ognuno in ciò che può. Il medico e l’infermiere nell’ospedale; nel mio caso, invece, volando in aereo e portando compatrioti a casa. Questi, poi, sono i momenti in cui dobbiamo dimostrare perché dovrebbe esistere e perché dobbiamo difendere una linea di bandiera, come la ‘Aerolineas Argentinas’, dove lavoro.

Hai considerato i rischi a cui ti esponevi?
Sì, ovviamente. Seguiamo un protocollo che la società ha progettato per ridurre al minimo il contatto con possibili persone infette, usando, ad esempio, una toilette solo per l’equipaggio. Avevamo anche un protocollo nel caso in cui qualcuno avesse avuto sintomi da coronavirus.

Com’è andata l’operazione? Puoi descriverla?
Il volo è stato molto tranquillo, siamo partiti con un equipaggio verso Madrid. Quando siamo arrivati, abbiamo lasciato l’aereo ad un altro equipaggio che alloggiava nell’hotel dove siamo soliti riposarci, che in quel momento era chiuso. L’operazione d’ora in poi, però, sarà eseguita con un equipaggio rinforzato: 6 piloti e anche più assistenti di volo. Così da fare in modo che si vada e torni con lo stesso equipaggio, facendo turni di riposo.

Ti è mai venuto qualche dubbio?
Niente affatto. Sono assolutamente convinto che dobbiamo essere solidali.

Cosa risponderesti alle persone che hanno avuto un atteggiamento critico nei confronti dell’operazione di “salvataggio” a cui hai partecipato?
La verità è che mi ha dato molta rabbia e dolore. Quando sono sceso dall’aereo all’Ezeiza, l’aeroporto di Buenos Aires, un passeggero ha iniziato a lamentarsi, dicendo che eravamo degli irresponsabili, perché invece di riempire ogni posto nell’aereo, avremmo dovuto lasciare una fila vuota tra i posti, in questo modo avremmo ridotta la possibilità di contagio. Purtroppo il passeggero non aveva capito bene che era un volo di emergenza e tutti i passeggeri avrebbero dovuto, una volta scesi, seguire un protocollo di quarantena. Dopo più di 30 ore di volo e aver lasciato la mia casa come volontario, la pazienza non era tanta, ma nonostante ciò, ho provato a gestire la situazione al meglio. Gli ho detto: “Mi scusi, sono venuto qui, nei miei giorni liberi, e mi sono offerto volontario per cercarti. Penso di non meritare questo comportamento da parte tua”, a cui lui mi ha risposto: “È il tuo obbligo! Se non hai voglia di lavorare, rinuncia!” Sono rimasto senza parole. In ogni caso, sono molte di più le persone grate di quelle che si lamentano.

C’è stata un’altra occasione anni fa, durante l’uragano Maria a Miami, dove hai partecipato al salvataggio di argentini presenti lì. Com’è andata in quell’occasione?
Stava arrivando un uragano di grandi dimensioni che avrebbe colpito la Florida piuttosto duramente. Il governatore dello Stato aveva detto in TV che avrebbero evacuato Miami perché “erano in serio rischio di vita”. La gente fu presa dal panico. Iniziarono a chiudere tutte le attività commerciali, gli hotel, ecc. Le persone che stavano rimanendo lì non avevano nessun posto dove andare. È così che molti argentini disperati si sono recati all’aeroporto, volendo andarsene subito. La mia azienda ha inviato un volo speciale, e la mia partenza (mi trovavo già lì) fu anticipata e l’equipaggio che arrivò mi ha dato il comando dell’aereo ed è tornato indietro con me, perché non c’era alloggio. Le persone in preda al panico all’aeroporto volevano salire sul mio aereo, arrivando persino ad insultarmi per farlo. Quel giorno ho fatto di tutto, diciamo che ho superato molte linee legali in modo da poter evacuare il maggior numero di persone. Quando siamo arrivati a Buenos Aires, molti passeggeri che mi avevano insultato, si scusarono e andarono a prendermi persino dei regali. Non ho mai lasciato un aeroporto con così tante bottiglie di whisky, vini e cioccolatini!

Quale delle due operazioni, sebbene diverse, ti ha fatto più paura ? Come si supera la paura in questi casi?
Nessuna paura, i due voli erano diversi. L’uragano è stato molto complesso perché siamo stati ritardati di 2 ore, abbiamo dovuto spegnere i motori nel rodaggio perché c’erano circa 50 aerei che decollavano da Miami. Il personale d’operazione ha fatto l’errore di sottovalutare questi ritardi e non avevamo abbastanza carburante per raggiungere Bueanos Aires. Poi, aggiungiamo anche che lo spazio aereo di Kingston, in Jamaica, era stato chiuso, quindi abbiamo dovuto fare una grande deviazione attraverso lo spazio aereo messicano.
Il volo per il coronavirus, invece, è stato preoccupante perché arrivi in un aereo pieno di persone che fuggono dall’Europa, affrontando un nemico silenzioso che entra nel tuo corpo e non sai chi potrebbe infettarti. La situazione ti rende un po’ paranoico ma bisogna mantenere la calma.

Lo rifaresti, nonostante il pericolo?
Ora sono isolato in casa mia, non avendo alcun contatto con la mia famiglia, per proteggerli, ma nonostante questo lo rifarei. Ovviamente. Fin quando ci saranno persone da rimpatriare, io sarò a disposizione per farlo.

Bernini-Fornasini: “Propagare scadenza versamenti prima azione per aiutare imprenditori”

Da: Forza Italia.

“Il Comune di Ferrara si dimostra sensibile alle esigenze di albergatori, operatori del settore del turismo e operatori commerciali in generale, venendo incontro alle loro richieste in un momento di grandissima difficoltà del settore a causa dell’emergenza sanitaria. Tra le prime e necessarie azioni, tra l’altro, vi è quella di prorogare al 15 luglio le scadenze dei versamenti di competenza comunale, come l’imposta di soggiorno, la Cosap e l’imposta sulla pubblicità”, commenta Anna Maria Bernini, presidente dei Senatori di Forza Italia. “Misure che hanno fatto da apripista – prosegue – e che sono state varate con grande tempestività e senza attendere disposizioni ‘dall’alto’. Sarebbe auspicabile che tutti i Comuni adottassero misure simili per dare un segnale tangibile e concreto della presenza delle Istituzioni in questa fase drammatica per la nostra economia. Per esempio, il Comune di Bologna ha già rinviato alcune scadenze ma ci risulta che all’appello manchi ancora il rinvio del versamento dell’imposta di soggiorno. In questo momento, più scadenze si rinviano e più si lascia respirare chi è già colpito profondamente nella tenuta stessa dei propri bilanci”.
“La situazione legata all’emergenza sanitaria – sottolinea l’assessore al Turismo del Comune di Ferrara Matteo Fornasini – sta creando impatti fortemente negativi, in particolare per il settore turistico, con disdette che ormai vanno avanti dal mese di gennaio. Tutte le attività commerciali stanno registrano importanti riduzioni degli introiti e come amministrazione abbiamo il dovere di fare quanto è nelle nostre competenze per aiutare gli imprenditori già strozzati da drastiche misure emergenziali”

Coldiretti: la Regione accoglie le nostre istanze per deroghe e semplificazione per danni da maltempo.

Da: Coldiretti di Ferrara.

La Regione, accogliendo le nostre istanze, chiederà al Governo la deroga alla legge 102/2004 sulle calamità e la semplificazione della segnalazione on line dei danni subiti”. Lo ha detto il Presidente di Coldiretti Emilia Romagna Nicola Bertinelli commentando la comunicazione da parte della Regione che ha affermato di aver già fatto partire la raccolta delle segnalazioni (da parte di imprenditori agricoli e in via semplificata anche tramite le associazioni) dell’effettiva entità delle perdite registrate in campagna.

“All’indomani della prima gelata Coldiretti Emilia Romagna” – continua Bertinelli – “aveva richiesto l’applicazione in deroga del Decreto Legislativo n. 102/2004 in riferimento alle gelate perché l’assicurabilità risultava in parte vanificata dalle limitazioni progressive e sempre più restrittive agli spostamenti da parte degli agricoltori a seguito dell’epidemia di covid-19 che hanno impedito agli stessi di recarsi negli uffici, anch’essi con forti limitazioni all’accoglimento delle persone, per stipulare le polizze agevolate per l’annata agraria 2020”.

La scure del gelo e della neve si è abbattuta a partire da martedì scorso su piante di pesche, albicocche, susine, pere, mele e kiwi in piena fioritura o con già le gemme o i frutticini pronti a crescere. Un evento che compromette irrimediabilmente le coltivazioni nei campi della regione con costi elevatissimi per la perdite delle produzioni. Il tutto mentre gli agricoltori sono impegnati in prima linea a garantire le forniture alle dispense delle famiglie italiane costrette a casa dall’emergenza coronavirus.

“Appare chiaro” ha proseguito Bertinelli “che anche le verifiche da parte dei tecnici procederanno a rilento sempre a causa dell’epidemia di covid-19. Ci troviamo di fronte a una situazione mai affrontata prima dove anche le normali e usuali pratiche burocratiche hanno incontrato molto ostacoli a causa del coronavirus”.

“Per questo” ha concluso il Presidente di Coldiretti Emilia Romagna “apprendiamo con favore dell’accogliento delle nostre istanze da parte della Regione e dell’imminente comunicazione delle stesse al Ministero competente”.

CITTA’ VUOTA:
E il mio esame di maturità? E il test all’università? Eppure sono convinta…

Non avevamo tempo e adesso ne abbiamo troppo.
Quando penso a Ferrara, alla mia città, non riesco a fare a meno di immaginarmi le vie del centro brulicanti di persone in bicicletta, di fretta. Piazza Ariostea superata quest’anno da piazza Verdi, rumorosa e piena di giovani universitari che non si fanno fermare neanche dalle rigide temperature invernali.
Eppure adesso è tutto fermo, grigio, surreale.
La mia città sì è trasformata in una nuova Pripyat, dove il suono più assordante è il silenzio.
Eppure, basterebbe entrare in una qualunque casa italiana dal primo giorno di quarantena a questa parte, per rendersi conto di quanto rumore ci sia invece tra quattro mura. Quando mai ci è capitato di essere costretti a stare in casa fermi con la nostra famiglia? Da quanto era che non passavo del vero tempo con mia madre?

La vita va avanti ma si è fermata.
Nel mio caso avrei dovuto avere il test d’ingresso per l’università il 24 marzo, ma come potete immaginare è stato annullato con largo anticipo e posticipato a data da destinarsi. È strano pensare come un evento così estraneo a tutti noi, proveniente dall’altro capo del mondo sia riuscito a giungere fino a qui e a monopolizzare le nostre vite. Vivo in un costante stato di incertezza, cosa ne sarà del mio futuro? E del mio esame di maturità? E dell’Università? Sono consapevole della collettività di questo momento: siamo tutti sulla stessa barca, immobili e attoniti. La gente muore e noi possiamo solo aspettare in casa per non essere i prossimi.
Eppure io sono convinta che in fondo, anche questo virus ci lascerà qualcosa.
Se non la consapevolezza che non tutto dipende da noi, la capacità di fermarci e preoccuparci per il prossimo. È un periodo paradossale dove la nostra consapevolezza è altruismo, la nostra inattività aiuta i medici, il nostro rimanere a casa ci aiuterà ad uscire il prima possibile.
Dopo ogni disastro, guerra o pestilenza che sia, c’è sempre stata una rinascita ed io mi auguro che il mondo post-covid19 possa essere un punto di partenza per molti di noi. E quando finalmente potremo riprendere a camminare per i nostri vicoli, fermiamoci un attimo a respirare e a vedere quanta bellezza abbiamo intorno a noi.
È questa la nostra vera casa.

Le proposte della Lega Giovani

Da: Lega Giovani Ferrara.

L’emergenza causata dal Coronavirus sta creando disagi in tutte le fasce della popolazione e anche tra i più giovani. Per questo motivo la Lega Giovani, movimento giovanile del partito di Salvini, ha stilato alcune proposte per dare una risposta ai problemi sollevati da tanti ragazzi.

“In un momento come questo sono necessarie misure straordinarie per affrontare alcuni problemi che si sono verificati a causa dell’emergenza che stiamo vivendo” – dichiara Luca Cardi, coordinatore provinciale della Lega Giovani Ferrara, che continua – “Nello specifico proponiamo un taglio delle tasse universitarie per l’anno accademico 2019/2020, una revisione al ribasso dei CFU necessari per ottenere una borsa di studio, contributi per i canoni di affitto agli studenti fuori sede, maggiore chiarezza sull’esame di stato che dovranno affrontare i maturandi, l’esenzione dal pagamento delle rette scolastiche per le famiglie, maggiore chiarezza sullo svolgimento dell’esame di stato e dei tirocini per i praticanti avvocati, una dote didattica digitale per le famiglie in difficoltà, l’estensione del bonus cultura per tablet e pc e l’aumento delle borse di specializzazione in area medica.”

“Siamo sicuri” – conclude Cardi – “che l’adozione di queste misure potrà essere di aiuto per molti giovani e per le loro famiglie.”

Il SULPL di Ferrara chiede al Presidente Zaia una fornitura delle mascherine prodotte in veneto

Da: SULPL di Ferrara.

Il SULPL (Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Locale), Sindacato più rappresentativo per la Polizia Locale Italiana, ha inoltrato diverse richieste alla Regione Emilia Romagna e alla Prefettura di Ferrara segnalando come in tutti i Comandi della Polizia Locale della nostra provincia vi sia un effettivo problema riguardante le mascherine per gli Agenti.
Ad oggi sono state fornite dalla Protezione Civile solo delle maschere di tela che non sarebbero idonee a garantire la protezione di chi effettua i controlli in strada per il rispetto delle norme legislative sul COVID 19.
Nonostante le diverse istanze inoltrate dalla segreteria Regionale, nessuna risposta è giunta dalla Regione Emilia Romagna e dal Presidente Bonaccini.
Preso atto di ciò, la Segreteria Provinciale del SULPL di Ferrara ha deciso di inoltrare una richiesta scritta al Governatore ZAIA, per inviare ai nostri operatori che effettuano i controlli in tutta la provincia, che confindando con il Veneto, vede molte persone controllate arrivare a Ferrara oltre confine Regionale, per dotare gli Agenti delle mascherine prodotte dalla stessa Regione del Veneto.
“Duole dirlo, dichiara il Segretario Provinciale del SULPL Luca Falcitano, nonostante i nostri appelli sia da Bonaccini, sia dal Prefetto di Ferrara non abbiamo avuto alcuna risposta circa la problematica dei DPI degli Agenti.
Abbiamo quindi lanciato un appello al Presidente Zaia per l’invio di una fornitura di mascherine Prodotte dal Regione Veneto”.
In situazioni di emergenza come questa ci si aspetta che le istituzioni siano vicine al lavoro degli Agenti, ma come sempre silenzio totale da parte di chi dovrebbe essere a fianco di chi opera in prima linea per il contrasto del COVID-19.

L’assessore Mammi: “Siamo a fianco degli agricoltori colpiti, chiederemo al Governo la deroga per l’applicazione della legge sulle calamità!”

Da: Regione Emilia Romagna.

Colpita a macchia di leopardo tutta l’area di pianura e la prima fascia collinare da Piacenza alla Romagna. I danni maggiori alle colture frutticole, a partire da albicocche, kiwi e ciliegi

La Regione non perde tempo per i danni all’agricoltura causati dall’improvvisa ondata di gelo invernale fuori stagione. È infatti già partita la raccolta delle segnalazioni da parte dei singoli imprenditori agricoli e dei Caa (Centri di assistenza agricola) dell’effettiva entità delle perdite registrate in campagna, che giorno dopo giorno si stanno rilevando in tutta la loro gravità.

Oltre alla procedura semplificata e completamente on line, la Regione sta attivando anche una raccolta massiva dei danni per il tramite dei Caa o delle organizzazioni professionali, per una mappatura completa delle gelate a sostegno della richiesta al ministero delle Politiche agricole del riconoscimento dell’eccezionalità dell’evento calamitoso. Richiesta propedeutica all’attivazione degli aiuti e degli interventi di sostegno previsti dalla normativa nazionale in caso di avversità atmosferiche.

“Sulla base di una prima, sommaria, valutazione- sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi- i danni appaiono davvero consistenti, soprattutto per quanto riguarda le colture frutticole. Siamo e saremo al fianco degli agricoltori colpiti e non appena avremo completato la ricognizione puntale delle perdite subite, la trasmetteremo immediatamente a Roma. A nostro avviso, infatti, ci sono tutte le condizioni per chiedere al Governo una deroga alla legge 102 sulle calamità, in considerazione del fatto che molte aziende non hanno potuto assicurarsi in tempo contro il rischio gelate per le difficoltà burocratiche insorte a causa dell’emergenza Coronavirus. Oggi stesso invierò al Ministro una lettera, affinché il Governo lo valuti, e per segnalare la difficile situazione nella quale ci troviamo. Una calamità che si aggiunge ai danni già prodotti dalla cimice e dal Covid-19”.

L’area del territorio regionale interessata dall’ondata di gelo polare, che sta proseguendo, abbraccia quasi tutta la pianura e la prima fascia collinare, da Piacenza alla Romagna. Le colture più danneggiate sono quelle frutticole, a partire da kiwi, ciliegie, albicocche. Segnalati problemi anche per le barbabietole di recente semina.

Per segnalare i danni subiti gli agricoltori possono andare sul sito della Regione e collegarsi alle paginehttp://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/aiuti-imprese e http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/aiuti-imprese/avvisi/2019/segnalazione-danni-avversita e compilare l’apposito modulo, indicando la superfice e il tipo di coltivazioni danneggiate. Saranno poi i servizi territoriali della Regione, compatibilmente con le restrizioni agli spostamenti dettate appunto dell’emergenza Coronavirus, a procedere con le verifiche necessarie per stabilire l’entità dei danni. /G.Ma.