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Una vecchia strada del Barco, una sera di dicembre. Il buio che cala presto. Il freddo e la nebbia che avvolgono tutto. Dall’altra parte della strada intravedi le forme e le luci della grande fabbrica. Il rumore attutito dei macchinari ed il ronzio dei motori. Il suono lontano di una sirena spezza la monotonia. Qualche orto più in là ed inizia il villaggio dei marchigiani, inizia Ponte. Le pasticcerie e le vetrine del centro sono a pochi chilometri, ma è come se fosse un altro mondo. Chiudi gli occhi un istante e di colpo non sei più a Ferrara. Forse in Alabama, o Louisiana. E quel vecchio in fondo alla strada che si sta trascinando con le borse della spesa potrebbe essere Joe, presto si siederà in veranda a fumare la pipa e sputare, con il cane accucciato a terra ed il fucile a portata di mano. Stasera c’è nebbia ed è meglio essere cauti. Ti aspetti che il suono di un armonica spezzi il silenzio in ogni momento. Il Mississippi scorre calmo più a nord. È difficile capire quello che succede quando scende la nebbia, al Barco.

Dario abita qui. Pochi amici rimasti, chiusi in casa tra mogli, nipoti e acciacchi. Una vecchia passione per la caccia, in gioventù ha anche provato ad impagliare alcuni animali, senza grande talento. Trent’anni al petrolchimico e una pensione che tutto sommato fa tirare avanti. Il dottore che dice che non si può più bere e fumare, ed andare giù al bar. Questo freddo solo a guardarsi attorno fa venire voglia di stare in casa. Rosa, la moglie, da qualche giorno è tornata ad Ascoli. Ci va spesso ultimamente. La sorella, vedova da qualche anno non sta bene. Un’innocua influenza, ma anche questa volta Rosa ne ha approfittato per passare qualche giorno “a casa”, come dice lei. Dario cena da solo, ma non se ne dispiace troppo. Di quando in quando, apprezza un ritaglio di tempo per concentrarsi sui suoi interessi. Un buon film in televisione, caffè e sigaretta. Sa che non dovrebbe, ma non c’è Rosa a ricordarglielo. Una tribuna politica ed ha già fatto venire mezzanotte. Si alza e guarda fuori dalla finestra. La nebbia avvolge tutto, nella palazzina di fronte tutte le persiane sono già chiuse. Tranne una.

Lei c’è. Ne intravede la forma, che si muove velocemente dietro i vetri appannati. La sente canticchiare. Dario spegne la luce e torna alla finestra. Non vuole farsi vedere. Conosce la ragazza bionda. Assiste la vecchia Pina, ormai sorda e quasi cieca. Non che abbia interesse, ma la ragazzina, che avrà poco più di 20 anni, gli riscalda lo spirito. Quegli occhi verdi, quel corpo minuto ma che immagina forte, quel sorriso aperto ogni volta che la incrocia, e tutta una vita davanti. Hanno avuto maniera di parlare diverse volte giù in cortile. Non solo una bella ragazza, ma anche intelligente. Più matura della sua età. Si sono capiti subito. Un sorriso gli attraversa il viso ed il pensiero va indietro di 40 anni. Al primo motorino e alle notti in campagna. A quella volta che per impressionare Rosa attraversò il Po a nuoto e per poco non ci lasciò le penne.
Potrebbe passare ore a guardarla.

Il volto ridiventa serio non appena nota l’uomo appoggiato al muro, in strada. È fermo ed ha anch’esso lo sguardo puntato alla stessa finestra. Non riesce a vederne il viso nascosto nel buio, ma l’aspetto è robusto e muscolare. Ormai è l’una e adesso l’uomo lancia due fischi verso la finestra illuminata. Dario si ritrae più indietro, nel buio della stanza. Vede lo stesso la finestra che si socchiude e la bionda dire qualcosa sottovoce, l’aria intimorita. Forse dice all’uomo che è tardi, di andarsene. L’uomo risponde a monosillabi. La voce è dura, profonda. Non è uno abituato ad attendere. Con passo deciso si avvia verso il portone di ingresso, che nel frattempo é stato aperto. È allora che passa sotto la luce d’ingresso e Dario gli intravede sotto il berretto la carnagione scura, olivastra, e la grossa cicatrice che gli solca parte del viso.
Dario inizia a sentire il cuore battere più velocemente. Forse dovrebbe smettere di guardare, andare a letto. Il dottore gli ha detto quanto sia importante evitare di agitarsi. Evitare sforzi, emozioni forti. Forse dovrebbe chiamare la polizia. Ma perché poi? per dire cosa? e così continua a spiare nel buio, preoccupato. Con cautela socchiude il vetro per sentire meglio le voci. Da dietro le finestre appannate adesso può vedere anche la forma di lui. Sovrasta quella della ragazza e si muove lenta ma sicura nella stanza. Da lontano li sente discutere. Un tintinnio di bicchiere e l’ombra della ragazza che prende una bottiglia dalla credenza. Ora bevono, entrambi seduti. Dario si calma, forse è solo un vecchio amico, un parente. Ma continua a guardare, si accende un altra sigaretta. Ed è allora che vede la figura dell’uomo alzarsi, afferrare per un braccio la ragazza, spingerla nell’altra stanza. Sente un tentativo di protesta da parte della giovane donna, dei singhiozzi. Forse un urlo soffocato. E le luci che si spengono.

La notte è fredda ma la fronte di Dario è coperta di sudore. Pensieri che si accavallano. Pochi secondi per prendere una decisione. Si butta un cappotto addosso e corre giù per le scale. Un altro minuto per recuperare dalla cantina la vecchia doppietta Falco. Non si sa mai. La nasconde sotto il soprabito lungo. Ha poco tempo. Con respiro affannato esce e attraversa la strada in direzione della casa della Pina. Si ferma un attimo e si guarda intorno. La nebbia è fitta e adesso tutte le persiane sono chiuse. Le luci spente. Bene. Il portone è ancora aperto e si lancia su per le scale. Sta attento a non fare troppi rumori. È preoccupato ma non vuole svegliare i vicini. Si ferma davanti all’appartamento, un dubbio lo assale. E se avesse frainteso tutto? Ha comunque una scusa pronta… la richiesta di un medicinale che si è scordato di comperare…sì sì… Pina ne assume così tanti…
Sente il cuore scoppiare mentre bussa alla porta….

La bionda gli apre con il solito sorriso e si punta un dito sul naso. Adesso bisogna fare silenzio. Lo invita ad entrare. Tutto è andato come previsto. Dario sente la tensione sparire, rimpiazzata dalla solita felicità ogni volta che vede la bionda, ogni volta che se la trova vicino e sente il profumo dei suoi capelli. Si muovono lentamente per casa. Sarebbe un peccato se Pina dovesse svegliarsi proprio adesso e rantolare per un bicchiere d’acqua. L’uomo è in camera, steso sul letto. Un sacchetto avvolto attorno al viso. Dorme ed annaspa a fatica. Forse sta già morendo. Dario si occuperà più tardi di questo dettaglio. I potenti sonniferi mischiati alla dose di vodka gli hanno fatto perdere i sensi in pochi minuti. Non è stato difficile adescarlo. Quando il lupo pochi giorni prima in stazione ha visto la bionda, ha perso ogni cautela, passando da cacciatore a preda. Probabilmente nemmeno lui ha condiviso la conoscenza della bionda con il resto del suo gruppo, così geloso che a qualcun altro questa faccenda potesse far venire l’acquolina alla bocca. Nessuno lo verrà a cercare al Barco, così come per tutti gli altri prima di lui. Troveranno la maniera di trasportarlo nel solito posto, o Dario inizierà la lavorazione a casa di Pina come già fatto in passato.
Adesso i due si guardano con affetto reciproco, quasi amore. Rosa ne sarebbe gelosa, ma senza motivo. Per Dario la Bionda è anche un po’ come la figlia che non ha mai avuto. Lo anima un orgoglio quasi paterno. Dividono molti interessi e quando hanno parlato si sono capiti subito. Al Barco non ci sono i lupi da cacciare, e alla Bionda mancavano i pomeriggi con suo padre, che da bambina la portava dietro con sé ed i fratelli sui monti: l’emozione della fiera che fuggiva, l’eccitazione della scarica, quel colpo preciso che atterrava l’animale più feroce. Bisognava trovare un’alternativa accettabile. Si sa, i giovani sono schiavi delle loro passioni. Dario poi ha sempre desiderato trovare il tempo per migliorare le sue conoscenze di tassidermista. In cuor suo spera che la Bionda possa interessarsene un giorno, anche se non glielo ha ancora confessato.
Ma c’è tempo, e molte altre serate di nebbia, al Barco.

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Vittorio Sandri

Vittorio Sandri, nato e cresciuto a Ferrara, si e’ diplomato al Liceo Ariosto della città estense, al quale ha fatto seguito un percorso di studi in scienze politiche iniziato presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e proseguito a Parigi presso l’Institut d’Etudes Politiques (Sciences Po) con l’ottenimento del Diplôme du programme international e terminato con il successivo conseguimento della Maîtrise en science politique all’ Université Paris Nanterre. L’autore ha trascorso lunghi perriodi in Europa tra Spagna, Francia e Inghilterra. Tutt’ora vive e lavora all’estero anche se considera la citta della metafisica, immutabile nella sua bellezza, un porto senza mare nel quale e’ sempre possibile fare ritorno.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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