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29 Marzo 2021

Ciao Gigo

Tempo di lettura: 2 minuti


La notizia della recente scomparsa di Alberto Gigante – a Ferrara e altrove, per più o meno tutti Gigo – mi ha lasciato (come tanti altri) spiazzato e con le gomme abbastanza a terra.
Ci tengo a precisare che scrivo queste righe da semplice fan degli Impact, gruppo di cui Gigo fu fondatore, batterista e per un breve periodo anche cantante.
Purtroppo, per motivi anagrafici, non ho avuto modo di far parte di quella grande esperienza a cui gli Impact – uno dei gruppi hardcore punk italiani più amati e rispettati in patria e all’estero – hanno dato un contributo così grande e peculiare.
Non posso quindi dire di essere un “insider” di quella stagione unica e irripetibile che fu l’hardcore a Ferrara (e in Italia) ma questo non mi ha impedito di entusiasmarmi anni dopo ascoltando gli Impact, vedendoli dal vivo quando si sono riuniti e imparando tanto dalle loro preziose testimonianze messe nero su bianco nel loro libro “Realtà mutabili” (LineaBN Edizioni, 2011) lettura che a mio avviso (anche solo se si è di Ferrara e si ha a cuore la musica) rimane imprescindibile pur non essendo così fissati col punk e l’hardcore dei primi anni ’80 come magari posso essere io.
Mentre cercavo di ragionare per scrivere mi sono per forza di cose ritrovato a sfogliare nuovamente “Realtà mutabili” e mi sono dovuto fermare più volte perché altrimenti avrei finito per non scrivere più niente.
La loro è una storia che mi appassiona sempre e quel libro l’avrò letto almeno 3 volte.
Ovviamente rileggerlo in questi giorni mi fa un effetto straniante.
I contributi di Gigo al libro sono forse i più “disincantati” – a volte quasi “spietati” – ovviamente secondo me in senso buono.
Rileggendoli mi è partita in testa la sua voce e mi sono ritrovato a ricordare le volte in cui ho avuto il piacere di fare delle chiacchiere con lui, a volte incrociandolo anche solo per caso per strada finendo poi in delle gran pezze che capitava di attaccarsi a vicenda.
A questo punto direi che quindi – come pezzo della settimana – mi sembra il minimo far partire la sua batteria.

Ps: Se a qualcuno interessa “Realtà mutabili” è scaricabile gratuitamente al link che si trova all’interno di questo esaustivo articolo della rivista specializzata Rumore: https://rumoremag.com/2021/03/22/impact-alberto-gigo-gigante-morto-rip/

Ribellione (Impact, 1995)

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Radio Strike


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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