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C’è quell’età, tra i 10 e i 18 anni, in cui la propria ragione di vita è incontrarsi tra amici, fare vita di cortile, sentirsi crescere insieme e, soprattutto, avere sempre la palla a portata di mano e giocare a basket, calcio e pallavolo. Ci sono luoghi che tutto questo ce l’hanno nel dna e che non passano mai di moda, i campetti.

In centro a Ferrara ce ne sono tre parrocchiali: San Benedetto, Santo Spirito e Santa Maria in Vado. Purtroppo però quest’ultimo non è più agibile dal terremoto del maggio 2012, e i ragazzi che abitano nel quadrante Giovecca – Martiri della Libertà, Baluardi e Alfonso I d’Este ne sentono molto la mancanza. Sappiamo fin troppo bene quali danni il terremoto abbia inferto ai beni monumentali della città, a palazzi, chiese e musei; ma di pari importanza, anche se meno evidenti, sono i danni alla vita delle comunità. Non solo diverse chiese sono a tutt’oggi ancora chiuse (come quella di San Benedetto), ma anche alcuni luoghi di aggregazione per eccellenza come i campetti, appunto, le sale delle contrade e del catechismo, i chiostri rimangono inaccessibili.

Clicca le immagini per ingrandirle.

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Campo da calcio di San Benedetto (dietro palestra e cinema)
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Campo da pallavolo e basket di Sambe (dietro il campanile della chiesa)
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Campo da basket di Santo Spirito (dietro la chiesa)
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Campo da calcio a Santo Spirito (dietro il convento)

Certo, appena fuori dalle Mura ci sono campetti anche molto ben attrezzati, con reti da pallovolo, porte e canestri, come il Parchino Schiaccianoci (in zona Borgo Punta) o quello di Villa Fulvia, dove ci sono addirittura anche le sbarre per il Calistenics. Ci si può andare qualche volta, magari se invitati dai ragazzi della zona, ma non è la stessa cosa, non ci si sente proprio come a casa.

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Campetto di calistenics a Villa Fulvia
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Campetto del Parchino Sciaccianoci a Ferrara

Sarebbe bello se anche il campetto di Santa Maria in Vado fosse rimesso a norma e riaperto. Sappiamo che i tempi dei restauri dell’intero convento saranno molto lunghi, ma l’utilizzo del campetto prescinde da tutto questo: come ci ha spiegato bene l’arch. Andrea Malacarne, basterebbe recintare la parete del convento che affaccia sul campetto e metterla in sicurezza, ma per il resto non ci sarebbero ulteriori ostacoli.

E’ quindi solo una questione di volontà, dei residenti, dei parrocchiani, dei cittadini che sentono questa esigenza e che si fanno carico delle aspettative e dei desideri dei propri ragazzi. Ben più difficile sarà attrezzare come si deve gli spazi che, nell’arco degli anni, hanno subito un certo degrado; ma per questo si potrebbe contare sulle risorse della comunità, della diocesi, di benefattori vari che hanno a cuore il bene della gioventù e magari del Comune che di campetti ne ha sponsorizzati già diversi in città.

Si può fare? Chissà… E’ importante: è questione di vita… è questione di gioco!

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Campetto di Santa Maria in Vado a Ferrara
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Lato del campetto di Santa Maria in Vado (dietro convento e campanile)

Immagini rappresentative di Ferrara in tutti i suoi molteplici aspetti, in tutte le sue varie sfaccettature. Foto o video di vita quotidiana, di ordinaria e straordinaria umanità, che raccontano la città, i suoi abitanti, le sue vicende, il paesaggio, la natura…

Le foto sono di Ferraraitalia, tranne quella di copertina e le due del campetto di Villa Fulvia e dello Schiaccianoci trovate su Internet.

 

 

 

 

 

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Sara Cambioli

È tecnico d’editoria. Laureata in Storia contemporanea all’Università di Bologna, dal 2002 al 2010 ha lavorato presso i Servizi educativi del Comune di Ferrara come documentalista e supporto editoriale, ha ideato e implementato siti di varia natura, redige manuali tecnici.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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