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Corina Kolbe, fotoTedesca residente a Berlino, Corina Kolbe, giornalista, ama la musica classica e ne scrive su prestigiose riviste e quotidiani in Germania, Svizzera e Italia, “dove – dice – mi sento a casa”. A Claudio Abbado, con cui di intervista in intervista divenne amica occupandosi di alcuni suoi progetti musicali – oltre che di altri, meno conosciuti, la tutela del verde e dell’ambiente – , Corina riconosce l’intuizione di un concetto di arte come “espressione di profonda umanità e parte integrante della vita”. E ad Abbado e al fil rouge che ha legato il Maestro a Berlino e a Ferrara – che dopo la sua scomparsa, a gennaio 2014, gli ha intitolato il Teatro Comunale – ha dedicato un servizio, di prossima uscita sulla rivista Il Nuovo Berlinese, che nei giorni scorsi l’ha condotta di nuovo qui, nella città estense, a raccogliere testimonianze.

Qual rapporto lega Abbado a Berlino e Ferrara?
Nel 1989 Abbado succedette a Herbert von Karajan sul podio dei Berliner Philharmoniker. Poco dopo, il 31 marzo 1990, venne con l’orchestra a suonare nel vostro Teatro Comunale. Nel corso degli anni tornò più volte, anche con la Chamber Orchestra of Europe e la Mahler Chamber Orchestra. Molti musicisti dei Berliner ricordano ancora con piacere i concerti a Ferrara e il pubblico caloroso. Nel 1996, in occasione della mostra in corso a Palazzo dei Diamanti su Max Klinger, Abbado si esibì con i Berliner al Comunale, nell’ambito di una serie di concerti dedicati al rapporto tra l’artista e la musica. Con tali manifestazioni cercò di associare la sua esperienza berlinese dei cicli a tema, che univano la musica e altre arti, alle iniziative culturali di Ferrara. Il fatto che il Comune abbia di recente approvato il progetto Un bosco per la città, tra via Padova e Barco, ideato dal paesaggista Manfredi Patitucci in omaggio ad Abbado, significa che gli è stato riconosciuto anche l’impegno personale oltre il podio.

Che sensazione ha ricavato, durante le ricerche, sulla percezione che la città ha di Abbado?
Anche se non tutti lo hanno conosciuto, o hanno avuto l’opportunità di assistere ai suoi concerti, ho percepito una sensazione di vicinanza e profondo rispetto. Di gratitudine anche. Non dimentichiamo che all’indomani del terremoto del 2012, si impegnò a cercare fondi per la ristrutturazione del teatro.

E Abbado a Berlino?
Attualmente mi sto impegnando per fare conoscere alcuni film su di lui, per molto tempo dimenticati, come Abbado in Berlin. The First Year , un documentario sul suo primo anno con i Berliner, che il prossimo 4 giugno sarà presentato all’Istituto Italiano di Cultura di Berlino. Il 26 giugno, giorno del suo compleanno, sarà proiettato invece La casa dei suoni, tratto dall’omonimo libro, in cui Abbado racconta la sua infanzia, in una scuola elementare italo-tedesca a Berlino.

Corina Kolbe al Tiffany
Corina Kolbe al Tiffany

E lei, Corina, che idea si è fatta della nostra città?
L’ho visitata la prima volta più di vent’anni fa. Prima di venire, l’ho conosciuta leggendo i libri di Bassani e studiando la pittura metafisica, in particolare Giorgio De Chirico. Ci torno sempre volentieri. Ferrara ha un ricchissimo patrimonio storico-artistico che non si conosce mai abbastanza.

 

La foto di copertina che ritrae Claudio Abbado è di Marco Caselli Nirmal

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Camilla Ghedini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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