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C’era un uomo che abitava a Ficarolo, in provincia di Ferrara, era un falegname. Una sera tornando a casa in bicicletta, in una stradina che immette sulla piazza del paese, veniva investito da una macchina di forestieri perché pedalava troppo lentamente. Siccome nella macchina c’erano altri due
passeggeri, e nessun testimone aveva assistito all’incidente, è stato facile per il guidatore sostenere che il ciclista gli aveva tagliato la strada.
Dopo alcune settimane d’ospedale il falegname si rivolge a un avvocato per essere assistito nel processo. Questo avvocato propone un accordo con la parte avversa, mostrando di dubitare che la sola testimonianza del falegname sia sufficiente a vincere la causa. Quanto al falegname, poiché da una parte non capisce neanche la metà delle obiezioni dell’avvocato, e dall’altra insiste sul suo buon diritto ad essere risarcito, alla vigilia dell’udienza licenzia il legale e decide di affrontare il processo da solo.
Si presenta dunque da solo in tribunale, sostenendo che di avvocati non ce n’è bisogno in quanto lui ha ragione e deve essere risarcito. Dopo varie obiezioni a procedere e la convocazione d’un difensore d’ufficio, finalmente viene il momento in cui i passeggeri della macchina sono chiamati a deporre. E qui il falegname, accorgendosi che ogni parola dei testimoni è falsa, rimane così stupefatto che non vuol neanche più parlare col suo difensore d’ufficio; e, quando infine è sollecitato dal giudice ad esporre la sua versione dei fatti, dichiara di non aver niente da dire e che tutto va bene così. È dunque condannato a pagare i danni dell’incidente, oltre alle spese del processo. Pochi giorni dopo vende tutta l’attrezzatura della falegnameria al suo aiutante, che da tempo desiderava mettersi in proprio, cedendogli anche la bottega e la licenza d’esercizio. Torna a casa e
resta seduto su una sedia in cucina per una settimana, rispondendo sempre nello stesso modo alla moglie che gli fa domanda: che ha caldo alla testa e non può parlare con lei.
Per un’altra settimana resta seduto in un bar a guardare la gente che passa sulla piazza, e una sera invece di tornare a casa si avvia fuori dal paese. Si avvia a piedi verso l’argine del Po; e dopo molto camminare, nell’alba arriva ad una capanna dove abita un pescatore eremita.
Questo eremita è un ex campione di automobilismo che, dopo essersi ritirato dalle corse, aveva aperto un’officina meccanica dove venivano “truccati”, ossia potenziati, i motori di vetture sportive. Stancatosi però di quel lavoro e dopo aver letto molti libri di psicologia, s’era deciso a diventare eremita pescatore e s’era ritirato a vivere in una capanna sulle rive del Po.
La capanna dell’eremita era fatta di vecchie lamiere e altri materiali di recupero; sopra la porta un pannello diceva GOMME MICHELIN.
Il falegname sa che l’eremita s’è ritirato a vivere in quella capanna perché non vuole più parlare con nessuno. Dunque appena arrivato non gli rivolge la parola, si siede e si mette a guardare il fiume. È d’estate, e per circa un mese i due vanno a pescare assieme e dormono nella stessa capanna sempre in silenzio. Una mattina il falegname si sveglia e l’eremita non c’è più, perché è andato ad annegarsi nel fiume, sotto il vecchio ponte di Stellata.
Quel giorno il falegname ha modo di assistere da lontano al salvataggio dell’eremita, che peraltro nuota benissimo e avvolto in una coperta viene portato via dalla moglie, a bordo d’una grossa macchina sportiva, concludendo la sua carriera di eremita.
Il falegname è tornato in paese e ha chiesto al suo aiutante di assumerlo come aiutante, nella sua vecchia bottega. Così è stato. Il falegname vive ancora e solo da poco è andato in pensione.

Gianni Celati, Narratori delle pianure, Milano, Feltrinelli, 1985

Per leggere tutti i testi di Gianni Celati su questo quotidiano, clicca [Qui]
Puoi visitare l’esposizione NEL MIO DESTINO DI DISAVVENTURE PERPETUE: OMAGGIO A GIANNI CELATI presso la Biblioteca Bertoldi di Argenta fino al 31 gennaio 2022.

Cover: foto Proloco Ficarolo

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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