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Celati forever (3):
Pochi giorni dopo il funerale di Italo

 

Pochi giorni dopo il funerale di Italo Calvino ho buttato giù gli appunti che seguono, soltanto per ricordarmi la situazione e i sentimenti del momento. Ero appena tornato dalla Francia, e la sera stessa la moglie di Calvino (Chichita) mi ha telefonato per dirmi che Italo stava morendo. Sono partito in macchina nella notte verso Siena assieme alla moglie di Carlo Ginzburg (Luisa), mentre Carlo stava arrivando col treno da Roma. […]

Quando siamo tornati all’ospedale, tutta l’atmosfera luttuosa mi piaceva ancora. Era venuta una delegazione del Partito Comunista, c’erano molte corone, molta gente popolare. Mi piaceva che venissero in tanti, tutti confusi, i preti, i comunisti, le suore, i pallidi intellettuali di provincia che spiavano il morto timidamente. Mi piaceva che ci fosse un andamento non prestabilito, ma funebre, e che tutti uscissero di tanto in tanto a chiacchierare mestamente davanti al duomo. Poi mi è piaciuto quando è arrivato il Presidente della Repubblica, e tutti i malati l’hanno applaudito. Io ero sui gradini del duomo con Carlo; è arrivato un altro personaggio del Partito Comunista con l’aria simpatica; scendeva un po’ di pioggia ma il cielo era tutto sereno.  […]

La mattina dopo, ore otto, tutto era cambiato in peggio. A ogni minuto che passava la situazione diventava più insopportabile. Tutti i giornali riportavano la notizia della morte di Italo in prima pagina, ma non c’era un solo articolo che valesse la pena di esser letto. Calvino diventava il simbolo d’un privilegio, il simbolo della letteratura come privilegio mondano, un miraggio che veniva rimesso in circolazione per la prima volta dai tempi di D’Annunzio. Lui che per tanti anni aveva deriso la mania di «farsi scrittori», che s’era torturato per non cedere alla facilità del «nome di richiamo», adesso era diventato uno specchio per le allodole. C’è un ritorno alle mitologie dannunziane in forma industriale, la letteratura entra ufficialmente tra i prodotti pubblicitari di consumo […]

Tutta la cosiddetta alta cultura aveva finalmente trovato un morto che la sollevasse dalla sua bassezza, e io personalmente sentivo la mia miseria non diversa da quella di Italo. Di Italo però mi vengono in mente le smorfie da ragazzino con cui spesso mostrava di non essere per niente a suo agio nella vita, e anche di poter fare lo sciocco quando ne aveva voglia. Cose queste che sui giornali non si scrivono, né interessano ai professori universitari.

Tratto da; Gianni Celati, “Morte di Italo”, Doppiozero, 9 settembre 2015. [Qui il testo integrale]

Per leggere tutti i testi di Gianni Celati su questo quotidiano, clicca [Qui]

Puoi visitare l’esposizione NEL MIO DESTINO DI DISAVVENTURE PERPETUE: OMAGGIO A GIANNI CELATI presso la Biblioteca Bertoldi di Argenta fino al 31 gennaio 2022.

Cover: Italo Calvino (su licenza Creative Commons)

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Redazione di Periscopio



PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)