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Demoni

Ho trovato queste parole di un narratore “nostro”, terracqueo, che tracciano un parallelismo eccentrico tra lo stato di malattia e lo stato di creatività. Non ci avevo mai pensato, ma il daimon della creatività spesso rende incompreso e solo il creatore, proprio come la malattia rende incompreso e solo il malato.

La malattia fa spesso venire una gran voglia di essere capiti. I malati all’ospedale non fanno che chiedere ai dottori di capirli. Vogliono essere capiti dalla scienza e rimessi a posto come macchine. Tutti noi malati coltiviamo questo ideale meccanico di comprensione, che ci dà qualche speranza. E gli altri naturalmente mostrano di capire la “cosa” che ci rende malati. C’è sempre un gran traffico di dicerie tra parenti e dottori, per capire la “cosa” che rende malato un malato. E i dottori la spiegano con le loro parole meccaniche, ma nessun parente e nessun malato sa di preciso di cosa parlino i dottori. Tuttavia ci scambiamo tutti occhiate e discorsi per dirci: “Hanno capito”.
La stessa situazione si trova in quelle attività che sono chiamate creative. Anche queste sono una malattia che fa venire una gran voglia di essere capiti. Si vorrebbe che gli altri capiscano la “cosa” della nostra creazione. Si vorrebbe che dicessero: “Sì, è questo, significa questo, è bello per questo”. Che soddisfazione, che stordimento e che follia, sentire di essere capiti! Come negli ospedali ci sono i dottori che spiegano la “cosa” della malattia, così in questo settore ci sono i critici che spiegano la “cosa” della creazione. E anche qui c’è un gran traffico di dicerie, per capire quale sia la “cosa” che rende una creazione interessante. E anche qui nessuno sa precisamente di cosa parlino i critici, sebbene tutti ci scambiamo occhiate e discorsi per dire: “Hanno capito”.”

Gianni Celati

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)