Skip to main content

E’ sempre complicato intravedere il momento esatto – perché c’è quel momento, esiste, ma di solito ce ne accorgiamo sempre in ritardo – quando un astro ascendente inverte la rotta. Quando un cavallo vincente si trasforma in un probabile perdente.
Notte di San Lorenzo o meno, non è facile beccare in flagrante la caduta di una stella. Eppure…
A me sembra – e mi prendo tutta la responsabilità di azzardare questo pronostico – che la storia di Matteo Salvini, l’uomo nuovo e grande regista della nuova Lega, sia oggi arrivata a un punto di svolta. Drammatico e inaspettato. Dopo aver raggiunto lo zenit dei consensi, il leader maximo sta forse per imboccare la parabola discendente. Non è ancora il viale del tramonto – il suo partito incasserà dalle urne un cospicuo dividendo elettorale – ma in questi ultimi giorni qualcosa si è spezzato. Il suo bel giocattolo si è rotto. Basta guardare la sua faccia, sempre meno tranquilla, i suoi occhi inquieti, le sue parole sempre più secche, per capire come la sua capacità animale di parlare e interpretare il ventre molle del popolo italiano sia venuta meno. Le contestazioni di piazza, gli striscioni pieni di ironia, l’onda negativa che monta sui suoi amati social sono una plastica conferma di un incipiente declino.

Che è successo? Per non perdermi in ragionamenti tra il politico e il sociologico, ho girato la domanda a un vecchio amico, contadino di professione da più di cinquant’anni, ricevendone una risposta disarmante, tanto semplice quanto saggia: “Prima io lo ascoltavo, ma adesso ha proprio esagerato”.
Matteo Salvini, prima di andare al governo, e anche dopo, ha scelto di puntare tutto su un ambo secco, su due soli numeri della roulette mediatica. Sull’Europa ladrona e sulla sicurezza. L’Europa, la sua moneta e i suoi burocrati, affamavano l’Italia. I profughi, gli immigrati, gli zingari, rubavano il pane agli italiani. “Prima gli italiani” è stato uno slogan che ha fatto breccia in un Paese impoverito dalla crisi e dove l’opposizione politica e sindacale si era liquefatta. Gli italiani avevano mal di pancia, e quella pancia vuota, quel diffuso disagio sociale ed economico vedeva nella ricetta Salvini una sorta di riscatto.
La battaglia contro i ‘poteri forti’ sembrava funzionare: anche quando la Lega, andando al governo, era diventata essa stessa un potere forte. E funzionava anche ‘la linea del Piave’, l’esibizione della fermezza e dei suoi simboli: i porti chiusi e la ruspa sui campi nomadi. Si moltiplicavano i capri espiatori e i traditori della patria: le ong diventavano, prima complici degli scafisti, poi scafisti esse stesse. Così il sindaco Lucano andava perseguito. Così anche la magistratura diventava complice del complotto contro Matteo Salvini: lui, unico paladino della autarchica sicurezza.

Da qui l’escalation. Quando anche anche l’Onu si è permessa di criticare il suo Decreto in-Sicurezza, Matteo Salvini ha sbeffeggiato l’Onu. E quando Papa Francesco ha ripetuto i suoi appelli all’accoglienza, anche per lui ha usato parole sprezzanti.
Ma Salvini vuole, deve alzare il tiro. Quando qualche giorno fa, nel grande comizio-flop di Milano cui aveva invitato i leader populisti e xenofobi di tutta Europa, ha baciato la statuetta della Madonna in una sorta di casareccio Gott mit uns, la stella di Salvini ha fatto un vero e proprio capitombolo. Tutto il mondo cattolico, nelle sue mille voci, lo ha attaccato duramente per aver usato per bassi scopi elettoralistici un simbolo sacro. E sono piovute le critiche: dal Segretario di Stato del Vaticano Parolin, a ‘Famiglia Cristiana’, a ‘Civiltà Cattolica’. E naturalmente il quotidiano ‘Avvenire’, insieme a tutti gli altri organi di stampa.

Ha proprio ragione il mio amico contadino: Salvini ha esagerato.
Non so se l’abbia fatto senza accorgersene, preso dalla foga del suo credo propagandistico. O, al contrario, perché si sia accorto lui stesso che il vento stava cambiando – che le pance incominciavano a collegarsi ai cervelli – e abbia deciso quello che fanno tutti i giocatori incalliti che, dopo una lunga striscia vincente, incominciano inesorabilmente a perdere, puntata su puntata: e allora non riescono a far altro che alzare la posta, all’infinito. O la va o la spacca.
Il 26 maggio Matteo Salvini uscirà probabilmente vittorioso. Ma non abbastanza. Non come pensava e sperava. Perché per lui l’ombra del declino sarà già arrivata. Non per questo sarà meno pericoloso. Chi ha paura di perdere tutto, di solito non si ritira. Anzi, può scegliere di battere una via diversa, una strada che non ha più nulla a che fare con la democrazia.

In copertina: illustrazione di Carlo Tassi

tag:

Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it