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Operai che prendono in mano un’industria e la fanno rinascere, lavoratrici che rimettono in piedi una lavanderia che sta spostando la sede altrove, dipendenti che si mettono insieme per acquistare la fabbrica dal titolare che si ritira. I casi ci sono anche a Ferrara e dintorni: cooperative create da lavoratori, che da dipendenti sono diventati soci. Così le stesse persone che lavorano hanno fatto ripartire un’azienda. Il salto è grosso e comporta un impegno grande, investimenti e responsabilità. In questo modo, però, si evita la perdita del posto di lavoro e si mantengono competenze maturate in anni di servizio, capacità personali e una rete consolidata di clienti. A Ferrara è successo e lo strumento che è stato usato è quello del “Workers Buyout”, un termine tecnico inglese che indica il “recupero di un’impresa da parte dei lavoratori” in forma di cooperativa. Per questo il presidente di Legacoop Estense Andrea Benini ha pensato che fosse importante valorizzare il sistema del Workers Buyout. Per spiegare cos’è e come funziona è stato organizzato un incontro in forma di seminario aperto a tutti mercoledì 20 settembre 2017 alla Camera di commercio di Ferrara. “L’idea – ha spiegato Benini – è quella di riuscire a calare di più il sistema nella realtà ferrarese e vedere se sia possibile aumentare il numero di casi sul territorio”.

Seminario su WBO a Ferrara, Andrea Benini e Alessandro Viola, 20 settembre 2017

Ecco le considerazioni da cui parte il presidente di Legacoop Estense: “Dal 2008, considerato l’anno di inizio ufficiale della crisi, sono fallite tra le 2.200 e le 2.700 imprese all’anno. Questo ha fatto sì che a Ferrara la disoccupazione sia salita sopra la doppia cifra e il territorio resta in forti difficoltà. Non a caso ogni giorno, qui, oltre 25mila persone prendono la macchina o il treno e vanno a lavorare fuori dal territorio ferrarese”. Andrea Benini spiega: “Abbiano calcolato che ci potrebbero essere una cinquantina di casi a cui applicare il modello del Workers Buyout, recupero d’impresa come cooperativa. E come Legacoop abbiamo deciso di investire su questo. Per prima cosa bisogna capire se la crisi di un’azienda è dovuta al mercato strutturale o se ci sono margini di recupero. In certi casi, poi, ci sono aziende che funzionano, ma c’è l’imprenditore che si ritira senza nessuno che rilevi l’attività mantenendola sul posto. Non tutte le situazioni hanno queste caratteristiche. Nei casi in cui questa possibilità c’è ed è applicabile, è importante che ci sia una condivisione della situazione da parte del territorio (istituzioni, associazioni di categoria, sindacati, mezzi d’informazione). Ed è importante che chi lavora sappia che c’è questa opportunità”.

Per capire cosa significa, in pratica, recuperare un’impresa in forma di cooperativa come Workers Buyout, nel corso dell’incontro sono presentati quattro casi e testimonianze di aziende rinate con successo proprio in questo modo.

Matteo Tomasi, presidente Lavanderia Girasole Comacchio (FE)

Caso 1/Lavanderia industriale Girasole, Comacchio (FE)
Matteo Tomasi, presidente della cooperativa Lavanderia Girasole a Porto Garibaldi di Comacchio (Ferrara), ha raccontato: “Da lavoratori dipendenti ci siamo trovati davanti alla prospettiva di dovere fare ogni giorno sessanta chilometri per andare al lavoro da Comacchio a Ferrara dove veniva trasferito lo stabilimento Servizi ospedalieri di Manutencoop. Questo voleva dire allungare ogni giorno di parecchio l’orario di lavoro con disagi per chi lavora, che sono in gran parte donne. Così abbiamo deciso di metterci insieme per continuare a fare lì quell’attività di lavaggio di biancheria industriale, non più come dipendenti ma come soci della cooperativa che abbiamo costituito”. Nel 2015, è nata la Lavanderia Girasole. “Eravamo in 14 persone – racconta Tomasi – quasi tutte lavoratici con esperienza ventennale nel settore. Abbiamo creato la cooperativa e adesso, dopo due anni siamo in 25 lavoratori con un fatturato in espansione tra gli 800mila e un milione di euro all’anno. La stessa Servizi ospedalieri per cui lavoravamo è diventata nostro cliente”. Un’esperienza di successo, ma faticosa. Tomasi scherza: “Io continuo a non dormirci la notte! Non è facile passare da lavoratore a imprenditore, ma per fortuna Legacoop ci ha supportati e continua ad essere per me un punto di riferimento quotidiano di ascolto e sostegno”.

Per approfondire il caso, si può leggere articolo di Ferraraitalia sulla Lavanderia Girasole.

Vincenzo Cangiano, cooperativa Arbizzi di Reggio Emilia

Caso 2/Cooperativa Arbizzi, Reggio Emilia

Vincenzo Cangiano, responsabile della logistica dell’azienda di commercio di imballaggi, ha spiegato: “Nel nostro caso, si trattava di un’azienda giovane, fondata nel 1999, e in pieno sviluppo, ma con il titolare che aveva deciso di lasciare questa attività per dedicarsi completamente a un’altra azienda che aveva creato nel frattempo con altrettanto successo. Il titolare ha deciso di non vendere per cedere a noi lavoratori un’azienda che avevamo contribuito a far nascere e crescere con passione”. Nel 2014 nasce così la cooperativa Arbizzi. “Il lavoro è lo stesso di prima – dice Cangiano – ma con maggiori responsabilità! La situazione è stata studiata molto bene con noi da Legacoop, Fondo di cassa con Cfi e Confidi. La formazione è fondamentale, in questi casi, e abbiamo fatto corsi per essere preparati”.

Cataldo Ruppi di Alfa Engineering, Modena

Caso 3/Alfa Engineering, Modena

Cataldo Ruppi, manager di produzione, ha raccontato la storia di questa impresa: “La cooperativa è nata il 13 febbraio 2012 con 17 addetti. Si occupa di fabbricazione di giunti isolanti per gasdotti e acquedotti destinati al mercato del petrolchimico. Siamo nati dopo che il nostro datore di lavoro, vedendo profilarsi l’ombra del fallimento, ha pensato a uno stratagemma per ripartire fondando lui stesso una cooperativa. Dopo qualche mese è andato via e abbiamo iniziato il nostro vero percorso con l’appoggio di un temporary manager di Legacoop. Come dipendenti eravamo in 22, ma quando si è trattato di decidere di prendere in mano noi la situazione siamo rimasti in 9. Una volta che l’azienda si è consolidata sono venuti in molti a bussare alla porta, ma a quel punto abbiamo detto no e abbiamo scelto invece di assumere persone nuove. Per la formazione abbiamo fatto ricorso ai bandi regionali. È importante che ci sia una maggiore informazione e comunicazione per fare sapere che questa possibilità esiste, farlo sapere a operai e lavoratori che si possono trovare in situazioni del genere!”.

Luigi Patanè di Soles Tech, Forli

Caso 4/Soles Tech, Forlì

Luigi Patanè, direttore commerciale e socio fondatore della cooperativa specializzata in tecniche e brevetti per l’adeguamento antisismico degli edifici, ha spiegato come è stata costituita la cooperativa nel 2015. “Quell’anno – dice – è stato il più martoriato nel settore delle costruzioni e la Soles Tech srl è andata in vendita. La prospettiva era di perdere un lavoro in cui ognuno si identificava. In diversi dipendenti abbiamo pensato all’acquisto, perché sentivamo l’azienda come nostra. Eravamo una trentina di persone a pensarla così, cioè praticamente tutti, ma non avevamo pensato subito alla cooperativa. Fondamentale è stato l’aiuto della nostra associazione, di Confcooperative di Cesena e di Cfi-Cooperazione finanza e impresa. Nel giro di qualche mese abbiamo capitalizzato tanto e nel 2016 siamo partiti già con degli utili. Mettendosi insieme si riescono a fare cose incredibili. La cooperativa è uno strumento prezioso, non diventi padroncino, ma imprenditore protagonista e utile. Con i nostri brevetti siamo intervenuti a L’Aquila e ora, a Mirandola, andremo a sollevare un condominio con una base ammortizzante che serve ad assorbire l’energia dei terremoti. Ci piacerebbe che si facesse anche più prevenzione, non intervenire solo dopo che si sono state le catastrofi”

Nicola Folletti, Alberto Lazzarini, Andrea Benini, Alessandro Viola, Seminario su WBO, Ferrara, 20 settembre 2017

Il presidente della Camera di Commercio di Ferrara, Paolo Govoni ha annunciato che «nelle prossime giunte verranno discussi bandi di finanziamento per questi tipi di attività. Queste situazioni si possono affrontare solo insieme, istituzioni e imprese, perché serve una forte coesione di sistema».

Per il portavoce dell’Alleanza delle Cooperative di Ferrara, Nicola Folletti, si tratta di «una proposta concreta, che mette al centro i lavoratori e consente di superare il puro assistenzialismo per puntare, invece, a una rinascita imprenditoriale».

Molto dettagliato l’intervento di Alessandro Viola, che si occupa di Istruttoria e sviluppo per CFI-Cooperazione Finanza e Impresa, l’apposito fondo partecipato dal Ministero dello Sviluppo economico per la promozione delle imprese cooperative. Viola ha sottolineato: «Serve un presidio di responsabilità, perché l’azienda non solo parta, ma resti in vita. Tra il 2011 e il 2017 abbiamo messo insieme 54 cooperative nate con il Workers Buyout, di cui solo otto sono finite in default, ed erano anche tra le più piccole». Le fasi per rilevare un’azienda privata in forma di cooperativa sono diverse: la start up (“un inizio dove si deve essere molto cauti e verificare che ci siano le condizioni per ripartire”), il refill (“fase di aggiustamento di problemi economici”), quindi il buy (“acquisto del ramo d’azienda”). I lavoratori stessi contribuiscono alla capitalizzazione (utilizzando Tfr e mobilità anticipata). Il problema oggi – secondo Viola – è che occorre promuovere questo strumento e andare a cercare quelle imprese che vanno avanti ma sono deboli con fideiussioni che cominciano a traballare”. A condurre l’incontro è stato il giornalista Alberto Lazzarini.

Arbizzi – gruppo dei soci lavoratori, Reggio Emilia
Pubblico e relatori del seminario sui WBO-Workers Buyout
Presentazione della Lavanderia Girasole, Comacchio (Ferrara)

Per info: scrivere a info@legacoopestense.coop, all’attenzione di Chiara Bertelli.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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