Qualche buon motivo per leggere Foscolo. Il carteggio Venturi-Aspesi sul caso ‘A Zacinto’
Proprio non si può! E passi che con dolcezza e serietà si vogliano far conoscere i grandi scrittori come coloro che ci possono cambiare la vita dando luogo a veri e propri bombardamenti informativi fino a procurare una specie di febbre virale che, in città, può essere chiamata orlandite o bassanite ma che si decida, tra il serio e il faceto, che mostre, conferenze, happening (una volta si chiamavano così), congressi debbano indurre il cittadino a conoscere l’autore, pena la scomunica sul web, e in maggior luogo sul sociale, questo mi sembra un tantino esagerato. Vedremo quanti tra i frequentatori delle mostre ariostesche leggeranno non dico il poema ma alcune parti o almeno l’adattamento radiofonico di Italo Calvino. Comunque grasso che cola sulla nostra disastrata economia.
In questi giorni un’esemplare polemica si è svolta sui maggiori quotidiani: da “La Repubblica” al “Foglio” e riguarda la giornalista e scrittrice Natalia Aspesi che considero la migliore di tutte e al vertice della mia classifica personale. Ingenuamente (??) l’Aspesi dichiara di non aver mai letto A Zacinto di Ugo Foscolo. Da considerarsi nell’immaginario generale un delitto. Foscolo? Il nostro Foscolo? Ecco, con una smorfia di dolore si commenta: “a che punto siamo arrivati. E la scuola??? E i Licei??? E l’Università????”
Altro che non conoscere o leggere Ariosto! Qui siamo all’insulto della cultura non solo nazionale ma gramscianamente nazional-popolare. E sul web si scatena l’inferno. Invano un bravo scrittore e professore di letteratura italiana a Milano, Michele Mari, difende le scelte delle non-letture che ti permettono di leggere altre cose, forse più proficue per la nostra vita culturale; invano si cita un pamphlet intelligentissimo che mette Foscolo alla berlina scritto da uno dei maggiori protagonisti della letteratura del Novecento, Carlo Emilio Gadda, invano si sottintende che nonostante questa defaillance (o forse proprio per quella) la Aspesi rimane tra le più brillanti scrittrici del nostro tempo.
Così armato dal sacro scudo dello ‘sdegno’ suscitato dai banali urli che invadono il web e non solo, scrivo alla signora. A proposito avete mai visto una trasmissione come “Forum” dove due persone spesso sposi o parenti si dicono cose tremende con aria virtuosa? Bene. Lo stesso sacro fuoco è stato adoperato per commentare il terribile peccato della giornalista. Ecco una parte della corrispondenza che ci siamo scambiati e che posso pubblicare con l’assenso della Aspesi:
“Gentile signora Aspesi, sono un suo fedelissimo lettore anche se ciò che apprezzo della sua rubrica non sono certo i consigli (ho un rapporto meraviglioso con mia moglie che dura da 50 e passa anni) ma l’ironia, la saggezza e l’intelligenza. Oltre a questo mi mancano molto i suoi reportage dal Festival di Venezia. Ed ecco la ragione per cui le scrivo. Sono, helas!, un foscolista divenuto tale a ragion veduta non solo perché i miei studi fiorentini si svolgevano proprio nel palazzo accanto a quello di Alfieri dove il nostro andava in conversazione dalla terribile contessa d’Albany amante del ‘Vate’ e che poi divenne l’aula dove ho insegnato per decenni Letteratura italiana. In più ho abitato per quasi trent’anni nel luogo dove Foscolo scrisse le Grazie e proruppe nei meravigliosi versi a Firenze ‘Te beata gridai…’, ma perché ho sviluppato un’insana passione per il suo amico – di Foscolo – più caro, Antonio Canova di cui presiedo le memorie. Ma lei ha ragione. Non è un delitto non conoscere A Zacinto né fare come i miei colleghi accademici che atteggiano la bocca a ‘cul de poule’ per borbottare su dove andremo a finire. Lui era molto peloso, molto assatanato di donne, povero e sempre in cerca di qualche lavoro. Eppure e qui mi discosto dal giudizio di uno dei miei idoli letterari, l’ingegner Gadda, che lo demolì impietosamente nello straordinario pamphlet, Il Guerriero, l’Amazzone, lo Spirito della poesia nel verso immortale del Foscolo – quell’uomo, quel poeta ha scritto una cosa, che sono convinto glielo renderà umanamente simpatico e vicino a quello che lei pensa dei rapporti umani. Sempre in cerca di nuove avventure che lo portarono a ‘ farsi’ (direbbero i miei ex allievi) le donne più reclamizzate del suo tempo, venne scelto dalla più grande di tutte la contessa Isabella Teotochi Albrizzi, che lo svezzò e gli fece conoscere lui diciottenne ‘le delizie dell’amor’ (doverosamente cantate). Nel biografico Sesto tomo dell’Io racconta la sua giovinezza: le poche righe che le mando, possano essere viatico a leggere, se non A Zacinto, questa meravigliosa prosa.
Lei ‘stava ignuda sopra il suo letto’ (Pensi alla Paolina canoviana: uguale!). Lui l’accarezza anche nei posti più reconditi e il desiderio si rinnova. Allora Temira, così Foscolo chiama la signora, così gli parla: “Piccolo biricchino”, disse Temira baciandomi e sorridendo della mia ingenuità. “M’ami tu dunque?”. “S’io t’amo!, s’io t’amo!…” esclamai”.
Ed ecco lo stupendo insegnamento della donna che altro non riflette se non le convinzioni dello stesso Nicolò – Ugo. Temira lo esorta: sii fedele, ama, la tua sposa e la tua donna ma attento perché “La tristezza , il sospetto e il tradimento passeggiano sempre d’intorno al letto di due sposi gelosi. Non vi rapite la sacra amicizia , unico balsamo all’amarezze della vita. L’amore perfetto è una chimera: il desiderio fa beati alcuni momenti: e l’amicizia conforta tutti i tempi, ed unisce tutte l’età. [ mio corsivo] Va’ mio ragazzo; te’ un bacio, non mi giurare fedeltà ch’io né la credo né la voglio”.
Grazie per quello che scrive e per come lo scrive”.
A questa lettera, così risponde la scrittrice: “Gentile signor Venturi, ecco le parole che mi fanno correre a leggere il Foscolo e a cercare quel Tomo (in che libro, scusi l’oscura insipienza) che mi ha subito commosso. Solo la passione vera comunica passione, e può essere che anch’io, dopo la sua bella colta e affettuosa lettera, diventi una foscoliana accanita. Canoviana lo sono già, ogni volta che vado a Venezia, corro a riflettere sulle tre grazie (o sto confondendo tutto? La testa canuta è quello che è). Natalia Aspesi”.
Riflettere, pensare, proporre sembrano ormai residui del passato. Chi usa il web, come oggi sottolinea Francesco Merlo nel commentare le parole pesanti come pietre che sono state gettate contro un idolo dell’Italia contemporanea, il cantante Gianni Morandi che ha osato andare a far la spesa ad un supermercato di domenica, sa che può avere in mano l’arma del populismo più bieco che ti fa diventare immediatamente un giudice che emana sentenze incontrovertibili. Nel web, sottolinea Merlo “ecco i social: un capro espiatorio e tante pietre per lapidare”.
Essere riuscito a convincere con la gentilezza e la voce abbassata che anche Foscolo merita di essere letto può essere una chance. Ha ragione dunque un grande critico come Alfonso Berardinelli sul ‘Foglio’ che commenta: “Si capirà che ho anche una convinzione: si sono veramente letti solo i libri che si sono riletti. La poesia, poi, sarebbe bene saperne a memoria una certa quantità. Ho notato che fra i più giovani critici letterari, anche fra quelli, pochi, che si occupano di poesia, quasi nessuno sa a memoria un po’ di versi. Se la poesia italiana tecnicamente oggi è ridotta così male, è anche perché i nuovi poeti non sanno a memoria nessuna poesia né classica né moderna e quindi non hanno mai acquisito un sufficiente senso della forma, della misura, né della trasgressione consapevole”.
Aspettiamo ora quale sarà il risultato della grande mostra ariostesca ferrarese: ci metteremo a leggere Ariosto? O basta solo ‘pensare’ di averlo letto?