Skip to main content

I soldi di Ferrara vengono prestati altrove: desertificazione bancaria e contrazione del credito, le alternative possibili al declino

 

C’era una volta: chiudeva un esercizio commerciale, in quegli stessi locali apriva una filiale. Sembrano anni lontanissimi. Un’ inchiesta sugli sportelli bancari di Fisac-CGIL, pubblicata qualche giorno fa sui principali quotidiani di cronaca nazionale e locale (se ne può leggere compiutamente qui), ci fornisce lo spunto per affrontare il tema della cosiddetta “desertificazione bancaria”.  L’indagine infatti inquadra a livello nazionale il fenomeno dell’abbandono progressivo dei territori ad opera delle banche, realizzato attraverso la “razionalizzazione”(alias chiusura) delle filiali, cui corrisponde un nuovo modello di business sempre più basato sul digitale. All’interno di un quadro generale preoccupante, spicca per gravità la situazione della provincia di Ferrara. Cito dalla ricerca: “il dato medio dal 2015 al 2023 segna un calo complessivo quasi del 40% nel ferrarese, ben superiore sia alla media regionale (-30,9%), sia a quella nazionale (-30,6%). …Il Comune di Ferrara ha il dato di chiusure maggiore in termini assoluti: -36 sportelli in città e soprattutto nelle frazioni (le frazioni del comune di Ferrara ormai sono sostanzialmente prive di uno sportello bancario). Peraltro questo dato è ancor più preoccupante in quanto è proprio sul capoluogo che si concentra la maggior ricchezza in termini di risparmio e, di converso, la maggiore esigenza di credito su imprese o privati.”  Il dato ferrarese è influenzato con evidenza dalla scomparsa di fatto, dal 2017 ad oggi, delle due principali banche (e aziende) provinciali: Cassa Risparmio di Ferrara e Cassa Risparmio di Cento, incorporate rispettivamente in Bper e Credem. Nel caso di Carife la scomparsa ha provocato un autentico terremoto economico e sociale, per Cento si può parlare di un passaggio più soft ma non esente da traumi. In aderenza alla originaria vocazione glocal di Periscopio, abbiamo voluto approfondire la dimensione locale del fenomeno, facendo alcune domande a Samuel Paganini, segretario provinciale di Fisac CGIL Ferrara.

Periscopio: Samuel, un’ informazione saliente che si trae dalla ricerca è questa: “ad oggi il differenziale fra prestiti e risparmi è di 3,4 miliardi di risparmi di ferraresi che vengono prestati dalle banche fuori provincia”.  Dipende solo dal fatto che a Ferrara storicamente si risparmia più di quanto si investe, oppure la contrazione del credito è proprio uno dei motivi principali della grande fragilità del nostro tessuto economico?
Samuel Paganini: non è sempre stato così. In passato si prestava e si raccoglieva denaro in proporzioni ben migliori a Ferrara. Nel 2011 c’erano 7,3 mld di impieghi (prestiti e fidi dati alla clientela) e 6,8 mld di raccolta (risparmi dei clienti depositati in banca), quindi c’era un differenziale a favore di Ferrara, in termini di credito concesso, di 500 milioni! Poi gradualmente questi dati si sono completamente rovesciati, fino ad arrivare alla fotografia di oggi. Certo, la fragilità economica di Ferrara non è una novità, che però si è fortemente aggravata in questi anni anche a causa della minor presenza bancaria.
P: appare evidente che le banche investono energie e risorse nei territori che ritengono più profittevoli in termini di ricavi, quindi relativamente “ricchi”. Perché mai un banchiere dovrebbe trovare redditizio mantenere un adeguato presidio anche in province “povere”? In fondo l’economista Milton Friedman, che venne anche insignito del Nobel per l’economia, diceva che un amministratore delegato deve rispondere solo ai suoi azionisti… 
SP:  ti rispondo citando un altro premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, professore di economia nell’Università di New York: “le banche sono conservatrici del capitale, ma devono anche essere disposte ad assumersi rischi calcolati”. Peraltro il credito è un valore “costituzionale”(art.47: La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito). Quindi bisognerebbe rammentare alle banche che hanno anche dei doveri “creditizi”. E che a Ferrara le banche non hanno mai perso soldi. Ricordo che Carife andò in risoluzione solo quando prestò ingenti somme, senza adeguato frazionamento del rischio, in territori lontani da Ferrara.
P: il destino finanziario dei territori come il nostro, in particolare per la popolazione più fragile, è ineluttabilmente consegnato alle Poste – nella migliore delle ipotesi – e all’usura – nella peggiore? O esiste la possibilità di sollecitare energie diverse, pure all’interno di un mondo bancario percepito spesso come un monolite?
SP: certo che ci sono soluzioni. Ma vanno ricercate e coltivate con l’aiuto delle istituzioni e delle associazioni imprenditoriali, sindacali e dei consumatori. Energie diverse ci sono: tutta la galassia delle BCC (Banche di Credito Cooperativo) territoriali e delle banche che hanno finalità etiche e sociali esiste già, ed è un riferimento da valorizzare. 
P: cosa diresti ad un cittadino di Ferrara – che magari è rimasto scottato dal crac Carife e ha visto andare assolti, nella sostanza, tutti i dirigenti dell’epoca – per restituirgli un barlume di fiducia nel sistema finanziario?
SP: gli direi che fidarsi è bene, ma è ancora meglio farsi un po’ di cultura di base per sapere bene come investire i propri soldi e capire bene i rischi che si corrono. E fare scelte consapevoli. Non bisogna avere timore di fare domande se non si capisce una cosa. Diffondere e acquisire una cultura finanziaria dovrebbe essere una priorità, sia per le banche e le istituzioni, sia per il singolo risparmiatore.
tag:

Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it