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Le storie di Costanza. Aprile 2062 – La cattiveria dei Robot

A volte questo strano mondo del 2062 mi fa impressione. Tutto cambia molto velocemente, tutto si trasforma e ricicla, tutto comincia e finisce secondo delle modalità e dei tempi che non hanno nulla a che vedere con quelli usuali negli anni 2000, quando io ero giovane. L’inizio del nuovo secolo è ormai lontano e i miei pronipoti Axilla e Gianblu studiano cosa è successo in quel periodo sui libri di storia.

Avendo 90 anni, sono anch’io un archivio storico e ogni tanto i ragazzi mi interrogano: “Zia Costanza sui nostri libri c’è scritto che l’11 settembre del 2001 un gruppo di terroristi islamici affiliati ad al-Qāʿida (Al Qaeda) fece schiantare due aerei civili contro le Torri Gemelle di New York, che crolleranno nell’arco di 102 minuti per i danni causati dagli impatti e dai conseguenti incendi. Tu c’eri? Cosa ricordi?”

Così cerco di trovare nella mia memoria qualcosa di interessante da raccontare loro che non sia direttamente fruibile dai libri. Mi metto a ripetere i commenti dei miei colleghi di fronte alle immagini in tempo reale di quella tragedia, descrivo loro che condizioni metereologiche c’erano, o dov’ero e cosa stavo facendo mentre succedeva che un aereo perforasse una torre come se fosse burro.

Oppure provo a ricordare i commenti dei primi giornalisti che diedero la notizia in TV. Attualmente pochi ricordano che il primo giornalista che diede l’annuncio dell’attacco aereo dell’11 settembre si chiamava Emilio Fede. Il giornalista era nella redazione di una delle TV Mediaset per condurre il TG del pomeriggio e si trovò, praticamente in diretta, a commentare quell’attacco terroristico.

Da quel giorno è passato molto tempo, molti altri attacchi terroristici, guerre, massacri, pandemie si sono succedute davanti ai nostri occhi, così come tanti avvenimenti belli e inaspettati. Ad esempio, nel 2030 si è chiuso il buco dell’ozono, un problema atmosferico che ha preoccupato i meteorologi e gli astrofisici per diversi decenni.

Il tempo attuale è molto diverso e le insidie che nasconde sono in parte le stesse di sempre (si può ancora parlare di attacchi terroristici) e in parte sono nuove. Ci sono alcune azioni foriere di eventi nefasti, che non esistevano nel 2000 e nemmeno nel 2030. Sono veicolate da sentimenti umani che utilizzano come tramite per l’emersione la memoria artificiale.

Il mondo dei mezzani (robot-111 e -121) era nel 2000 agli albori e questo impediva il manifestarsi di alcune insidie contemporanee.  Un dramma molto attuale si concretizza quando i Robot-111 diventano cattivi e bisogna scomporli e riassembrarli. In questo processo di frammentazione e ricomposizione le loro catene neuronali vengono interrotte ed è come se non fossero mai esistite.

Il robot riassemblato prende un nuovo nome e diventa un altro robot. Viene venduto a un nuovo proprietario e ricomincia un processo di imitazione con il nuovo umano di riferimento, che porterà il mezzano a definire il suo modo di fare, le sue cognizioni, le sue lacune e alcune sue strane preferenze.

Se partiamo dal presupposto, coerente con quanto la scienza ci insegna, che i sentimenti mezzani sono etero-riflessi, in quanto sono imitazioni di quelli umani, allora la cattiveria dei robot spaventa in quanto non è altro che l’imitazione di quella umana.

Se invece abbracciamo una teoria eterodossa secondo cui anche nei Robot si verificano processi di autogenesi riflessiva, allora la cattiveria dei Robot terrorizza perché non sono chiari i processi neuronali attraverso i quali si genera e i meccanismi elettromeccanici attraverso i quali si manifesta.
Sta di fatto che la cattiveria dei mezzani fa paura e ogni umano prova un senso di colpa se il suo robot comincia a dare segnali che vanno in tale direzione.

Tra le cose che i mezzani cattivi fanno c’è invertire il giorno con la notte. Quando fa buio, invece di riposare con i feltrini di mollan che riparano le telecamere, iniziano a cantare, roteare la testa, fare strani sibili che svegliano tutti gli abitanti di casa e, soprattutto, si mettono a fare le pulizie. Caricano e accendono la lavatrice e la lavastoviglie, spargono la cera sui pavimenti, aprono le finestre e azionano l’aspirapolvere. Sembrerebbe che abbiano invertito il giorno con la notte in maniera accidentale, ma di fatto non è così.

Oltre all’insonnia notturna, dicono parolacce inaudite e se ti avvicini provano a farti lo sgambetto, oppure a spingerti per farti cadere rovinosamente a terra. Se ci riescono, ridono facendo strani sibili metallici, come se si accartocciasse la latta di cui sono costituiti.  Se in casa c’è un animale domestico provano a buttarlo dalla finestra e se ci sono dei canarini tentano di arrostirli.

Dopo manifestazioni ripetute di questo tipo, la situazione in famiglia diventa incandescente e aumenta il nervosismo e la conseguente propensione al litigio.  I vari componenti della famiglia cominciano ad incolparsi a vicenda e ad attribuire la responsabilità del comportamento del robot al parente meno simpatico, c’è sempre in una famiglia qualcuno che per carattere o per vicende personali è meno amato e considerato, proprio lui diventa la cavia designata.

I bambini se la prendono coi genitori e i genitori si azzuffano tra loro. La responsabilità dell’incattivimento mezzano è grande e nessuno la vuole. Non è nemmeno facile accettare l’idea che il proprio robot sia definitivamente incattivito e così iniziano strane manovre giustificative e tendenze a minimizzare il comportamento deviante, fino a quando l’evidenza supera ogni ragionevole dubbio e bisogna rassegnarsi alla nuova situazione. Quando questo succede, iniziano sospiri contriti e lacrime di umani grandi e piccoli.

È giunto il momento di riportare il mezzano a Trescia-111 per farlo scomporre. Lo si mette in macchina con i feltrini sugli occhi e si parte per quell’ultimo viaggio, tanto triste quanto definitivo, che tutti ricorderanno per sempre. Non ci si comporta così quando si cambia il pc o l’elimobile, in quel caso i nuovi macchinari sono già pronti, colorati, luccicanti e più efficienti dei precedenti. Basta sceglierne uno nuovo e le prestazioni e l’attuale design sono sufficienti per far dimenticare l’imminente rottamazione del precedente.

Con i mezzani è diverso. Le loro catene neuronali sono cresciute grazie alle loro esperienze e alle loro relazioni; quindi, un robot uguale al precedente non ci sarà, non ci sarà mai più. Questo genera sgomento e senso di abbandono. È così per gli adulti, figuriamoci per i bambini, che sono gli umani più empatici che esistano. La loro giovane età li rende più sensibili e più propensi ad affezionarsi senza remore, questo porta ad un dolore sordo per il mezzano cattivo che se ne va.

È compito dei genitori accompagnare i bambini ad accettare il cambiamento, facendo intravvedere loro l’incredibile soddisfazione di portare a casa un nuovo giovane robot, che avrà molto da imparare e che sicuramente diventerà un amico efficiente e simpatico.

Grave errore da parte di un adulto sarebbe comportarsi in maniera contraria, cioè indulgere nella sofferenza dell’abbandono, rimarcando i pregi del mezzano prima dell’incattivimento. Questo stagnare nella sofferenza è un sentimento depressivo, che peggiora il distacco e inchioda il ricordo nel dolore.

Nessun adulto dovrebbe fare questo, men che meno nei confronti di un bambino, ma non sempre gli adulti si rendono conto della responsabilità che hanno nel gestire tale passaggio e non sempre hanno loro stessi le risorse cognitive ed emotive per affrontarlo.

Finora non è mai successo che dei robot incattiviti si siano uniti in un clan, creando un gruppo di mezzani cattivi. Un clan di mezzani cattivi sarebbe una vera preoccupazione e un grande pericolo, non a caso i romanzi distopici non fanno altro che descrivere, con dovizia di particolari e di corollari barocchi, questa nefasta eventualità.

Non credo che ci sia effettivamente la possibilità che un gruppo di robot costituisca un clan. Almeno per ora, nessuno di noi ha visto dei segnali che ne rappresentano la genesi. Ciò non toglie che, nel nostro pensare il futuro, questo scenario sia uno dei più nefasti. Un gruppo di robot cattivi, che unisce le sue capacità cognitive e fisiche per fare danni, può fare molta paura e creare molta apprensione.

Io che sono vecchia, mi sforzo sempre di non pensare a tutto questo, anche se la mia lunga esperienza di vita non riesce ad eludere a priori questo accadimento inquietante. Col tempo ho però imparato che gli eccessi di preoccupazione rovinano la quotidianità, frapponendo fra te e il mondo attuale l’immagine prospettica di una tragedia possibile. E allora mi sforzo di non pensarci. Penso che sia meglio così per la mia serenità e per quella dei miei famigliari.

Marlon, il primo bambino di mio nipote Enrico che ha dieci anni, un giorno mi ha chiesto se è vero che esistono i robot cattivi.
– Si, esistono – gli ho risposto
Ma tu ne hai visti?
Sigli dico
Deve essere molto brutto – ha commentato lui.

– Già, ma non esageriamo. Ci sono robot riassemblati che sono molto in gamba e che non ci sarebbero mai stati se i robot da cui sono state prese le loro parti costituenti non fossero diventati cattivi. Piccolo mio, bisogna sforzarsi di vedere ciò che c’è di positivo in ogni cosa che succede. In questo ci giochiamo la possibilità di essere felici in quanto esseri umani.

Marlon mi ha sorriso, la mia risposta gli ha alleviato tristi pensieri.
Nell’idea che tutto può essere riutilizzato e che non esiste una distruzione definitiva, ma un processo di genesi e ri-genesi, vi è parte delle nostre speranze per il futuro. Speranze molto umane che non hanno bisogno di fare i conti con l’aldilà.

Costanza e il suo mondo sono solo apparentemente diversi e distanti dal mondo che usiamo definire “reale”, e quasi sovrapponibili ad ogni mondo interiore. Chi fosse interessata/o a visitare gli articoli-racconti di Costanza Del Re, può farlo cliccando [Qui]

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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