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Viale Italo Balbo: volo cancellato

Secondo l’opinione di Wu Ming 2, espressa in un articolo apparso su Internazionale del 15 febbraio 2021 (Una mappa per ricordare i crimini del colonialismo italiano), diversi segnali sembrano suggerire che i tempi sono maturi per sincronizzare gesti e pensieri su una rilettura radicale del colonialismo e del razzismo italiano.

Influenzato dalle proteste del movimento Black Lives Matter negli Stati Uniti, una innovativa forma di denuncia e di protesta potrebbe segnare un cambio di passo e condurre la tematica direttamente in strada, nelle piazze e nei parchi, intervenendo in quella che potrebbe definirsi ‘topografia coloniale’, laddove cioè la storia si fa materia e le contraddizioni sono visibili sulla pelle dei territori urbani.

Nell’estate del 2020, non appena le restrizioni dovute alla pandemia Covid 19 hanno concesso una prima tregua, Wu Ming 2 ha elencato un proliferare di iniziative, su e giù per l’Italia, inerenti lo spinoso argomento del colonialismo italiano e le nuove strategie di approccio alla tematica del razzismo in quanto tale.

In giugno, a Roma, è nata la proposta di intitolare la futura stazione Amba Aradam/Ipponio, sulla linea C della metropolitana, al partigiano italo-somalo Giorgio Marincola, e la Rete Restiamo Umani è intervenuta modificando i cartelli stradali con i nomi di via dell’Amba Aradam e largo dell’Amba Aradam, intitolandoli a George Floyd e Bilal Ben Messaud e affiggendo lungo le barriere che delimitano il cantiere della nuova fermata grandi manifesti con scritto: “Nessuna stazione abbia il nome dell’oppressione”.

Pochi giorni dopo, a Padova, un gruppo di associazioni ha guidato una camminata per le vie del quartiere Palestro, svelando l’origine dei nomi coloniali e mettendoli in discussione con letture e cartelli molto simili a quelli dei trekking urbani che il collettivo Resistenze in Cirenaica organizza a Bologna dal 2015, o al Grande rituale ambulante Viva Menilicchi! celebrato a Palermo nell’ottobre 2018, o alla visita guidata nella Firenze imperiale che ha inaugurato, in quello stesso anno, il progetto Postcolonial Italy.

Sempre nell’estate 2020, a Milano, il centro sociale Cantiere ha lanciato una chiamata alle arti, con il motto Decolonize the city!: un progetto durante il quale, tra lezioni all’aperto e street art, è stata inaugurata una statua di Thomas Sankara all’interno dei giardini Indro Montanelli, quelli che ospitano il monumento al celebre giornalista, imbrattato l’anno prima con una cascata di vernice rosa per aver sempre giustificato con affettata nonchalance il suo matrimonio combinato con una ragazzina dodicenne, durante la guerra d’Etiopia.

A Bergamo, nel settembre 2020, alcuni cartelli sono stati appesi a diverse targhe stradali, per ricordare che il fascismo e il colonialismo furono anche violenza di genere, proponendo dediche alternative a donne che contribuirono, in diversi campi, al progresso dell’umanità. Alla riapertura delle scuole, gli Arbegnuoc Urbani di Reggio Emilia hanno contestato insieme agli studenti il nome del polo scolastico Makallé, che si trova nella strada omonima, per l’occasione ribattezzata via Sylvester Agyemang, alunno di quell’istituto travolto lì vicino da un autobus. Infine, a metà ottobre, si sono svolti a Torino i Romane Worq Days, in onore della principessa etiope, figlia dell’imperatore Hailé Selassié, deportata in Italia nel 1937, detenuta all’Asinara e morta tre anni dopo nel capoluogo piemontese a soli 27 anni di età.

Queste azioni di ‘guerriglia odonomastica’ molto vicine alle tecniche comunicative proprie della street art e dell’Hip Hop, hanno innescato un processo spontaneo di riqualificazione urbana e di riappropriazione storica, civica e sociale che nel 2024 sta istituendo, di fatto e dal basso, quella “Giornata in memoria delle vittime del colonialismo italiano” che la maggioranza del parlamento non ha ancora voluto approvare.

Azioni di guerriglia odonomastica, di contestualizzazione, di ri-significazione, aggiunta di didascalie, trekking urbani, performance, reading, installazioni e incontri si stanno succedendo a Bologna, Firenze, Milano, Modena, Napoli, Padova, Reggio Emilia, Ravenna, Siena, Bari, nell’ambito di un programma nazionale in continuo aumento di adesioni, proposto dalla Rete Yekatit 12-19  in collaborazione con la Federazione delle Resistenze e associazioni locali.

Molti dei nomi propri assegnati a una via, a una piazza, a un parco, o intitolati a un asilo, a una scuola, a un monumento, sono riferiti a persone o episodi storici criminali. Questa operazione di messa in luce  potrebbe convincere anche noi ferraresi che, se una questione morale ci sta a cuore e la riteniamo di fondamentale importanza per la crescita e l’affermazione della cultura della pace nella nostra società, non ci sia bisogno né di leggi, né di censure, per ricordare correttamente la storia.

Note:

https://www.internazionale.it/opinione/wu-ming-2/2021/02/15/mappa-colonialismo-italiano

https://www.radiondadurto.org/2020/06/19/roma-nessuna-stazione-abbia-il-nome-delloppressione-sanzionamenti-anti-coloniali-nella-capitale/

https://www.anpi.it/biografia/giorgio-marincola

https://resistenzeincirenaica.com/

Nuove incursioni a Reggio Emilia del collettivo Arbegnuoc

https://www.youtube.com/watch?v=GHENwqMaOn8&ab_channel=LaCivettadiTorino

https://www.civico20news.it/mobile/articolo.php?id=39244

er leggere tutti gli articoli e gli interventi di Franco Ferioli su Periscopio cliccare sul nome dell’autore o sulla rubrica Controcorrente.

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Franco Ferioli

Ai lettori di Ferraraitalia va subito detto che mi chiamo, mi chiamano e rispondo in vari modi selezionabili o interscambiabili a piacimento o per necessità: Franco Ferioli Mirandola. In virtù ad una vecchia pratica anagrafica in uso negli anni Sessanta, ho altri due nomi in più e in forza ad una usanza della mia terra ho in più anche un nomignolo e un soprannome. Ma tranquilli: anche in questi casi sono sempre io con qualche io in più: Enk Frenki Franco Paolo Duilio Ferioli Mirandola. Ecco fatto, mi sono presentato. Ciao a tutti, questo sono io, quindi quanti io ci sono in me? tanti quanti i mondi dell’autore che trova spazio in questo spazio? Se nelle ultime tre righe dovessi descrivere come mi sento a essere quello che sono quando vivo, viaggio, scrivo o leggo…direi così, sempre senza smettere di esagerare: “Io sono questo eterno assente da sé stesso che procede sempre accanto al suo proprio cammino…e che reclama il diritto all’orgogliosa esaltazione di sé stesso”.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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